Inizio '900, festa della Madonna di Pennaluce |
Nel 1417 la regina Giovanna II cedette a Vasto per 600 ducati Punta Penna, sottraendola alla contea di Monteodorisio, rispetto alla quale in passato aveva in qualche modo svolto il ruolo di "terminale marittimo"
PENNALUCE. Soprattutto in età sveva Pennaluce - Penne de Luco, come veniva chiamata (ma si usavano anche altre locuzioni) - doveva essere un centro costiero abbastanza florido, forse anche più di Vasto Aimone.
Nel 1240 l'imperatore Federico II lo scelse, insieme a Pescara (Piscaria) e Termoli, come uno dei tre porti in cui, considerando l'insieme del litorale abruzzese-molisano, si potevano compiere operazioni di sbarco e imbarco delle merci.
Dell'appartenenza di Pennaluce al demanio imperiale, in questo periodo, si ha un'indiretta conferma da un altro provvedimento di Federico II col quale si autorizzava la costruzione di un mulino nei fiumi Lebba (Lelle, corretto in nota Lebe) e Sinello (Senelle), «que vicina sunt Penne de Voce». Ed ancora alcuni anni dopo, per la precisione nel 1255, papa Innocenzo IV ne rivendicava la «permanenza» (quod permaneat) «in demanio nostro et Romane ecclesie».
E’ molto probabile che allora sulla punta del promontorio, sporgente sul mare, si ergesse una specie di fortezza, destinata per la sua favorevole posizione a svolgere un'importante funzione di avvistamento e di difesa. Un insieme di sfavorevoli circostanze nei secoli successivi portò allo strangolamento dell'economia mercantile di Pennaluce.
In un esposto del 1339 a Roberto d'Angiò l'università, nel far presente lo «stato di spopolamento e di estrema miseria» in cui versava, chiedeva come possibile sollievo uno sgravio delle tasse. Dal re vennero però soltanto promesse.
Negli anni seguenti le migrazioni dei suoi abitanti verso altri lidi continuarono ininterrotte, finché questo centro costiero dagli antichi splendori, seguendo un percorso comune a molti altri, finì col disintegrarsi del tutto.
Nel 1417 la regina Giovanna II - nell'ambito della sanguinosa lotta che allora si combatteva tra Ortona e Lanciano per il porto di S. Vito - prima vietò che dalle sue sponde, come da ogni altro "caricatolo" tra Ortona e Vasto, si esercitasse qualunque forma di commercio, sia di frumento che di altri generi, e poi, quando esso era ormai ridotto a semplice "castello" (Castellaniam seu officium castellanie), lo cedette per 600 ducati a Vasto, sottraendolo alla contea di Monteodorisio, rispetto alla quale in passato aveva in qualche modo svolto il ruolo di terminale marittimo.
Costantino Felice
(da "Vasto, un profilo storico", La Ginestra Editrice , 2001, pag.43)
3 commenti:
È bello sempre rileggere la storia della nostra città. Grazie infinite.
Non ci sono resti della fortezza sul promontorio dove si erge la torre di avvistamento? Neppure i resti?
Non ci sono resti della fortezza sul promontorio dove si erge la torre di avvistamento? Neppure i resti?
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