GIUSEPPE MARCONE
L’uomo e lo scrittore
articolo di Nicola D’Aloisio
Tratto da “Histonium” dicembre 1951, per i 25 anni dalla
scomparsa di Giuseppe Marcone
In un pomeriggio di novembre di
25 anni orsono cadeva fulminato per apoplessia, Giuseppe Marcone, avvocato e scrittore,
che visse in perpetuo amore con le Muse. Da quell’epoca ad oggi, nessuno mai
ravvivò il ricordo di quest’uomo. Eppure tanta bontà e tanta soavità
s’annidavano nei suo scritti, tutt’ora palpitanti di fede, di giovanile
energia. Ricordo, oggi, l’uomo e lo scrittore, spinto dal desiderio di
sottrarre dall’oblio il nome di un illustre concittadino che doveva essere
fatto segno di simpatia e ammirazione. Questa lucida tempra di scrittore che la
vita mai ebbe amica, soprattutto
fu uomo, come pochi sono, fra i meritevoli della nostra epoca. Egli avrebbe avuto bisogno di vivere ancora per raggiungere, dopo la faticosa e lenta ascesa, la meta ch’era ormai prossima; ma il destino beffardo non volle. Gli anni vissuti fra travagli e delusioni non gli avevano dato il crisma della gloria, sebbene gli avessero prolungato quello della notorietà.
fu uomo, come pochi sono, fra i meritevoli della nostra epoca. Egli avrebbe avuto bisogno di vivere ancora per raggiungere, dopo la faticosa e lenta ascesa, la meta ch’era ormai prossima; ma il destino beffardo non volle. Gli anni vissuti fra travagli e delusioni non gli avevano dato il crisma della gloria, sebbene gli avessero prolungato quello della notorietà.
La sua scapigliatura ebbe barlumi
di genio; il fascino dei suoi scritti denotava più di un segno di grandezza.
Ebbe il gesto quasi ribelle, la figura simpaticissima. Esordì, Giuseppe
Marcone, con un volumetto di versi – Echi
– pubblicato nel 1896 e giudicato favorevolmente dalla critica, nel quale
raccolse tutte le sue poesie. A frammenti di vita vissuta e memorie care e
dolorose si alternano canti amorosi e anche vive descrizioni di paesaggi. Sia
che in un meriggio contempli, a Roma, San Pietro a Montorio: “Sgorga fresca e
spumante/ l’acqua Paola, e la vasca ampia rigonfia/Non per l’aria tranquilla
aura s’intende. / L’inconturbata chioma/ de la quercia sul suoll’ombra distende./
Un incendio di sole arde su Roma”. Oppure in Nuvole egli ritrovi come specchio volubile dell’anima, la trama
sottile della vita: “Ma non assurgere/al sol può la nube, non può la fiorita/
nostra speme. Levissima un’aura/ sperde la nuvola / e la trama sottil de la
vita”.
Scrisse commemorazioni (XXIX luglio MDCCC per l’assassinio di re
Umberto I a Monza, Cesare Battisti ),
tenne conferenze d’indole varia ( su Gabriele
Rossetti, Filippo Palizzi e altri,
n.d.r.) e pubblicò sulla Tribuna
alcuni “medaglioni di personalità e figure importanti d’Abruzzo.
Quello però
a cui Giuseppe Marcone maggiormente
tenne fu il Teatro e come autore drammatico debuttò con due monologhi e altri
testi( tra cui Parescumparibus, Gli
Infermi, Il marito, Le tasche dell’uomo, Vocazionen.d.r.),che lo hanno
rivelato sagace autore, pieno di talento, capace di elevarsi in una sfera
superiore, ma ridotto a una modesta risonanza, dovuta, più che altro,
all’ambiente angusto in cui visse. Le commedie elencate rimangono nella
memoria. In esse l’animo dello scrittore, pur mutando piano d’espressione, non
ha subito alterazioni. Mi debbo soffermare a rilevare qualche forzatura?
Sarebbe pedanteria. In Marcone è sempre l’uomo sotto l’artista; e l’artista
trae dall’uomo i palpiti spesso del dolore, qualche volta della gioia, sempre
della mestizia. Non che il Nostro il battesimo dell’arte non l’abbia avuto; ma
inteso in quel modo universale che avrebbe dovuto legare il suo nome insieme
con gli altri noti del Teatro italiano.
La commedia La logica di Mimma rappresentata al Teatro Nazionale di Roma (che
ora non esiste più) …piacque. Vi furono applausi con chiamate all’autore
presente, ma non mancò la critica partigiana, come spesso succedeva e ancora oggi
succede, e l’acre invidia di alcuni autori. Questa commedia improntata a grande
modernità, nell’ambiente mondano di Roma di una volta, è una terribile ma vera
commedia della vita, in cui dilaga la invadente corruzione del secolo,
incarnata in personaggi che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi, e che
nell’opera di Giuseppe Marcone sono molto ben ritratti, con una perfezione di linee
e una sicurezza di tratti. Tutto il complesso dell’opera è così armonicamente
disposto che, a rileggerla oggi questa commedia, ancora essa ci appare degna
dell’epoca che viviamo e destinata a più larga ammirazione.
Pur nella sua
timidezza, colpevole dirò quasi, il Marcone lodevolmente studio e lavorò. Se
non produsse molto come certi giovani avidi di fama, i quali poi fanno cadute
irreparabili, scrisse meglio, poco e bene, tanto da meritare la stima di noti
scrittori del suo tempo. Quando le vacanze mi radducevano a quella che è la mia
città … mi soffermavo spesso con lui, che amava conversare d’arte e di teatro.
A Roma, nel ritorno dalla sua abituale cura di Fiuggi, c’incontravamo spesso e
Giuseppe Marcone voleva allora sapere da me della vita di Roma, di questo o
quell’attore.. E ne godeva, col suo mezzo sigaro toscano fra le labbra, povero
Marcone. Ora quel tempo per lui non esiste più e per me è lontano assai. E’ passato! Soltanto,
passando, mi ha trascinato con sé. Ci porta via il tempo, lontano da tutte le
cose vissute, così che non sappiamo più a chi esse
appartengano, se a noi o ad altri, mentre la nostra stessa storia diventa una
fantastica rappresentazione e la vita di ieri una parte che recitiamo a memoria
NICOLA D’ALOISIO
Nota biografica:Giuseppe Marcone
(Vasto 1862 – 1926) nacque da Licinio e
Teresa Del Greco. Fu avvocato. Dal 1917 al 1924
in Vasto ebbe l’incarico di Conciliatore e di Presidente della
Commissione Mandamentale delle Imposte Dirette. Dal 1900 in poi fu Presidente
della Biblioteca Popolare Circolante. Nel 1920 venne nominato Cavaliere della
Corona d’Italia ( a proporlo fu il Ministro delle Finanze). Mentre su proposta
del Ministro degli Interni nel 1924 fu nominato Ufficiale della Corona
d’Italia. Ebbe incarichi di Assessore alla Pubblica Istruzione, di Consigliere
e Sindaco della Banca Popolare Cooperativa. Fu Ispettore per il Circondario di
Vasto dei Monumenti e Scavi. La sua attività culturale lo portò a corrispondere
e collaborare con la “Tribuna”. Di lui sono sempre stati apprezzati il tratto
signorile, l’umorismo, l’integrità, l’equilibrio, la probità.
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