mercoledì 19 agosto 2020

GIUSEPPE MARCONE (1862-1926), avvocato e scrittore, una figura da ricordare

Dalla prof. Gabriella Izzi Benedetti riceviamo un ricordo di Giuseppe Marcone,  a firma di Nicola D'Aloisio a 25 anni dalla morte.
GIUSEPPE MARCONE 
L’uomo e lo scrittore 
articolo di Nicola D’Aloisio
Tratto da “Histonium” dicembre 1951, per i 25 anni dalla scomparsa di Giuseppe Marcone

In un pomeriggio di novembre di 25 anni orsono cadeva fulminato per apoplessia, Giuseppe Marcone, avvocato e scrittore, che visse in perpetuo amore con le Muse. Da quell’epoca ad oggi, nessuno mai ravvivò il ricordo di quest’uomo. Eppure tanta bontà e tanta soavità s’annidavano nei suo scritti, tutt’ora palpitanti di fede, di giovanile energia. Ricordo, oggi, l’uomo e lo scrittore, spinto dal desiderio di sottrarre dall’oblio il nome di un illustre concittadino che doveva essere fatto segno di simpatia e ammirazione. Questa lucida tempra di scrittore che la vita mai ebbe amica, soprattutto
fu uomo, come pochi sono, fra i meritevoli della nostra epoca. Egli avrebbe avuto bisogno di vivere ancora per raggiungere, dopo la faticosa e lenta ascesa, la meta ch’era ormai prossima; ma il destino beffardo non volle. Gli anni vissuti fra travagli e delusioni non gli avevano dato il crisma della gloria, sebbene gli avessero prolungato quello della notorietà.

La sua scapigliatura ebbe barlumi di genio; il fascino dei suoi scritti denotava più di un segno di grandezza. Ebbe il gesto quasi ribelle, la figura simpaticissima. Esordì, Giuseppe Marcone, con un volumetto di versi – Echi – pubblicato nel 1896 e giudicato favorevolmente dalla critica, nel quale raccolse tutte le sue poesie. A frammenti di vita vissuta e memorie care e dolorose si alternano canti amorosi e anche vive descrizioni di paesaggi. Sia che in un meriggio contempli, a Roma, San Pietro a Montorio: “Sgorga fresca e spumante/ l’acqua Paola, e la vasca ampia rigonfia/Non per l’aria tranquilla aura s’intende. / L’inconturbata chioma/ de la quercia sul suoll’ombra distende./ Un incendio di sole arde su Roma”. Oppure in Nuvole egli ritrovi come specchio volubile dell’anima, la trama sottile della vita: “Ma non assurgere/al sol può la nube, non può la fiorita/ nostra speme. Levissima un’aura/ sperde la nuvola / e la trama sottil de la vita”.

Scrisse commemorazioni (XXIX luglio MDCCC per l’assassinio di re Umberto I a Monza, Cesare Battisti ), tenne conferenze d’indole varia ( su Gabriele Rossetti, Filippo Palizzi e altri, n.d.r.) e pubblicò sulla Tribuna alcuni “medaglioni di personalità e figure importanti d’Abruzzo.

Quello però a  cui Giuseppe Marcone maggiormente tenne fu il Teatro e come autore drammatico debuttò con due monologhi e altri testi( tra cui Parescumparibus, Gli Infermi, Il marito, Le tasche dell’uomo, Vocazionen.d.r.),che lo hanno rivelato sagace autore, pieno di talento, capace di elevarsi in una sfera superiore, ma ridotto a una modesta risonanza, dovuta, più che altro, all’ambiente angusto in cui visse. Le commedie elencate rimangono nella memoria. In esse l’animo dello scrittore, pur mutando piano d’espressione, non ha subito alterazioni. Mi debbo soffermare a rilevare qualche forzatura? Sarebbe pedanteria. In Marcone è sempre l’uomo sotto l’artista; e l’artista trae dall’uomo i palpiti spesso del dolore, qualche volta della gioia, sempre della mestizia. Non che il Nostro il battesimo dell’arte non l’abbia avuto; ma inteso in quel modo universale che avrebbe dovuto legare il suo nome insieme con gli altri noti del Teatro italiano. 

La commedia La logica di Mimma rappresentata al Teatro Nazionale di Roma (che ora non esiste più) …piacque. Vi furono applausi con chiamate all’autore presente, ma non mancò la critica partigiana, come spesso succedeva e ancora oggi succede, e l’acre invidia di alcuni autori. Questa commedia improntata a grande modernità, nell’ambiente mondano di Roma di una volta, è una terribile ma vera commedia della vita, in cui dilaga la invadente corruzione del secolo, incarnata in personaggi che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi, e che nell’opera di Giuseppe Marcone sono molto ben ritratti, con una perfezione di linee e una sicurezza di tratti. Tutto il complesso dell’opera è così armonicamente disposto che, a rileggerla oggi questa commedia, ancora essa ci appare degna dell’epoca che viviamo e destinata a più larga ammirazione. 

Pur nella sua timidezza, colpevole dirò quasi, il Marcone lodevolmente studio e lavorò. Se non produsse molto come certi giovani avidi di fama, i quali poi fanno cadute irreparabili, scrisse meglio, poco e bene, tanto da meritare la stima di noti scrittori del suo tempo. Quando le vacanze mi radducevano a quella che è la mia città … mi soffermavo spesso con lui, che amava conversare d’arte e di teatro. 

A Roma, nel ritorno dalla sua abituale cura di Fiuggi, c’incontravamo spesso e Giuseppe Marcone voleva allora sapere da me della vita di Roma, di questo o quell’attore.. E ne godeva, col suo mezzo sigaro toscano fra le labbra, povero Marcone. Ora quel tempo per lui non esiste più e per me  è lontano assai. E’ passato! Soltanto, passando, mi ha trascinato con sé. Ci porta via il tempo, lontano da tutte le cose vissute, così che non sappiamo più a chi esse appartengano, se a noi o ad altri, mentre la nostra stessa storia diventa una fantastica rappresentazione e la vita di ieri una parte che recitiamo a memoria
NICOLA D’ALOISIO

Nota biografica:Giuseppe Marcone (Vasto 1862 –  1926) nacque da Licinio e Teresa Del Greco. Fu avvocato. Dal 1917 al 1924  in Vasto ebbe l’incarico di Conciliatore e di Presidente della Commissione Mandamentale delle Imposte Dirette. Dal 1900 in poi fu Presidente della Biblioteca Popolare Circolante. Nel 1920 venne nominato Cavaliere della Corona d’Italia ( a proporlo fu il Ministro delle Finanze). Mentre su proposta del Ministro degli Interni nel 1924 fu nominato Ufficiale della Corona d’Italia. Ebbe incarichi di Assessore alla Pubblica Istruzione, di Consigliere e Sindaco della Banca Popolare Cooperativa. Fu Ispettore per il Circondario di Vasto dei Monumenti e Scavi. La sua attività culturale lo portò a corrispondere e collaborare con la “Tribuna”. Di lui sono sempre stati apprezzati il tratto signorile, l’umorismo, l’integrità, l’equilibrio, la probità.


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