Centodieci anni fa, l'8 marzo del 1909, moriva a Roma il pittore vastese Valerico Laccetti, autore del celebre Christus Imperat.
Dieci
anni fa, il centenario della morte era passato nell'indifferenza più totale,
ricordato soltanto da Nicola D'Adamo attraverso il blog NoiVastesi, con un articolo e un invito rivolto al Sindaco e
l'assessore alla cultura dell'epoca ad organizzare una mostra per l'estate. Non
se ne fece nulla.
È
davvero un peccato che dopo centodieci anni Vasto, la città che gli ha dato i
natali, non riesce ancora a rendergli il giusto tributo attraverso una degna mostra
retrospettiva.
Lo
storico Vincenzo Bindi nella sua monumentale opera sugli artisti abruzzesi,
così parlava del Laccetti: "Verista
in quanto si riferisce alla plastica, ed alla rappresentazione del rilievo,
della forma e del colore degli oggetti, il Laccetti, è nello stesso tempo
profondo conoscitore, come del vario carattere degli animali che a meraviglia
ritrae, così della storia che felicemente e con molto acume interpreta".
Valerico
Laccetti nacque a Vasto il 18 giugno 1836, da Antonio, capo plotone della
Guardia d'Onore del Re, e Glafira Mayo. Nella sua città natale compì gli studi
letterari con ottimi maestri umanistici. Sin da giovane mostrò una certa
predisposizione per la pittura e,
nonostante non avesse un maestro che lo seguisse, si fece apprezzare per la realizzazione di quadri di piccoli dimensioni, che ne rilevarono un buon talento.
nonostante non avesse un maestro che lo seguisse, si fece apprezzare per la realizzazione di quadri di piccoli dimensioni, che ne rilevarono un buon talento.
A
17 anni si trasferì a Napoli per continuare gli studi e vinse un concorso con
l'opera "Aiace Oileo si salva dalla
tempesta". Nel 1855 conseguì un premio per la prospettiva
all'Esposizione Napoletana e due anni più tardi entrò all’Accademia di Belle
Arti. Nel periodo giovanile dipinse i ritratti del Vescovo di Chieti, Mons.
Michele Manzo, e del Vescovo di Larino, Mons. Bottazzi, che nel 1856 venne a
prendere possesso canonico della nuova Diocesi di Vasto, a nome
dell'Arcivescovo di Chieti. Entrambi i quadri sono conservati nella sacrestia
della Cattedrale di S. Giuseppe di Vasto.
Nel
1862 partecipò alla Promotrice di Belle Arti di Napoli con l'opera "Il tarlo", mentre l'anno successivo
espose un quadretto con figure di bestiame, che fu acquistato da Re Vittorio
Emanuele e destinato alla reggia di Capodimonte.
Incoraggiato
da questi primi successi Valerico Laccetti si dedicò esclusivamente allo studio
degli animali sotto la preziosa guida di Filippo Palizzi, ottenendo sempre
maggiori consensi per la sua naturalezza nel disegnare soprattutto caprette ed
asini.
I
bassi compensi che ottenne a Napoli, lo costrinsero a trasferirsi a Roma, dove
aprì uno studio in via del Grottino al Corso. Particolarmente apprezzati dalla
piazza romana furono i due quadri "Catechismo in campagna" e "Soldati vecchi e
soldati nuovi".
Il
24 maggio del 1871 sposò Amalia Ponchain, conosciuta a Napoli. Nel 1872 si
trasferì a Parigi, dove soggiornò per sette mesi presso l'atelier del
concittadino vastese Giuseppe Palizzi in rue d'Amsterdam. Influenzato dalla
scuola di Barbizon, i quadri realizzati in questo rispecchiano i temi del
naturalismo francese, come il noto "Souvenir
de Fontainebleau", dipinto nella foresta francese. Tornato in Italia
conseguì altri riconoscimenti all’Esposizione di Vienna con i due quadri "Il
ritorno dal lavoro" e "Un
parasole in pericolo",
mentre nel 1875 partecipò al "Salon" di Parigi con "Pendant
l’orage", "Après
l’orage", e l'anno
successivo con "La campagna romana nel mese di giugno" e "Un moderno Orfeo".
Altri
quadri realizzati in questo periodo furono "Ricreazioni", "Una
famigliola", "Il racconto
della nonna", "La tradita",
"Soldati vecchi e nuovi",
"Solo!", "La civiltà che fuga l'ignoranza",
"Una madre che scherza col suo
bambino", quest'ultimo premiato a Roma nel 1878 con medaglia
d'argento.
Per
un dipinto "esprimente un'Amante,
che guardando dalla finestra vuol essere da tutti riguardata", il
canonico vastese Francesco Vassetta scrisse questi versi estemporanei, dedicati
Al valente artista Valerico Laccetti
La finestra e 'l tuo sembiante
Ti rivelan dolce Amante;
E guardandoti più fiso
Me lo dice il tuo sorriso.
Ma a che val delle tue gote
La beltade senza dote?
Chè non doni il tuo bel core
Ad un fido Compratore?
Questi, questi, o bella Nice,
Sol può renderti felice:
Sarai Sposa più gradita
A Chi dietti forme e vita.
Laccetti
realizzò molte opere apprezzate e anche premiate, ma che in realtà non lo soddisfacevano a pieno. Egli voleva lasciare
un’impronta più grande nella pittura italiana. Con queste intenzioni, cominciò
a concepire un’opera pittorica di grandi dimensioni incentrato su un tema
storico: la civiltà cristiana che pianta il suo vessillo sulle rovine del mondo
pagano.
Il pittore vastese impiegò quattro
anni di lavoro per portare a termine il suo capolavoro, il "Christus
imperat", che gli
valse unanimi consensi da parte di tutti i critici d’arte contemporanea. Il
Gozzoli così si espresse: "Col
Christus Imperat l'animalista è salito a quel magistero che non è solo disegno
o colore, ma è storia e pensiero". Gabriele D'annunzio, in un articolo
pubblicato nel 1883 dal titolo "Arte e artisti - Christus Imperat!",
scrisse: "Il titolo sembra il principio di un inno, lo scoppio di un grande
impeto lirico; ha una specie di terribilità grandiosa che scuote: Christus
imperat! Prima di vedere il quadro, si trema per l'artista: il soggetto è così
alto che a dominarlo ci vogliono ali d'aquila; è un arco che a tenderlo ci
vogliono braccia di Ulisse. Codesta irruzione di una fede nuova, di una civiltà
nuova a traverso le ruine immani di un'altra fede e di un'altra civiltà; codesto
trionfo irresistibile della croce su le ceneri di altri simulacri atterrisce ed
empie di stupore".
La
scena è davvero imponente con una sua forza espressiva. Alcuni soldati in primo
piano avanzano con le fiaccole e le scuri, spezzando idoli e calpestandone le
rovine. Sullo sfondo, a sinistra, emergono grandi macerie crollate, che
riconducono agli enormi massi precipitati dalla basilica di Massenzio. Al
gruppo di barbari si contrappone la calma dei sacerdoti e della folla. Sulla
sinistra procedono donne velate. Dietro i soldati, al centro, si erge la croce astata,
seguita da un giovanetto col turibolo e un vescovo in preghiera. Ancora più
dietro si nota un quadro bizantineggiante con dipinto il Redentore, seguito da
una folla di fedeli. Tra i personaggi presenti è riconoscibile la moglie del
pittore, Amelia Ponchain.
L’opera
doveva essere acquistata dalla Galleria Nazionale di Roma, ma la commissione,
avversa al Laccetti, si oppose. Ne approfittò il Comune di Chieti, il quale nel
1885, grazie all'interessamento dell'On. Maranca, riuscì ad acquistare l'opera,
che ancora oggi si può ammirare in tutta la sua bellezza nel salone di
rappresentanza del Prefetto. Nella stessa occasione gli venne conferita la
cittadinanza onoraria dalla città teatina, oltre alla coniazione di una
medaglia d'oro. Inoltre, il ministro della Pubblica Istruzione, Guido Baccelli,
gli assegnò la commenda dell'ordine della Corona d'Italia, e venne nominato
socio onorario dell'Accademia Ludovico Carracci di Bologna. Filippo Palizzi gli inviò questo messaggio di
congratulazioni: "Vorrei esserti
vicino per vederti festeggiato, perché nella tua persona da codesti cittadini
si festeggia l'Arte: questo è buono indizio di grandezza d'animo e di civiltà
avanzata. E gli Abruzzi sono civili e saranno grandi".
Laccetti
approfittò dell'occasione per tornare nella sua amata Vasto, che non rivedeva
da quando era partito per Napoli, e dove ritornerà ancora nel 1906.
Nel
1891 il Laccetti realizzò l’ideale prosecuzione del suo capolavoro, il "Christus
vincit", tela di
modeste proporzioni, sicuramente inferiore al precedente, ma che dimostra un
tentativo di fondere la pittura attraverso la poesia, ricreando un quadro
psicologico e allo stesso tempo poetico. Esposto alla Permanente di Roma nel
1891, il quadro venne venduto ad un collezionista americano.
Gli
ultimi anni di vita, Valerico Laccetti li spese per il teatro. Il suo esordio,
con la commedia "Fede coniugale", portato in scena per la prima volta al Teatro Nazionale
di Roma l’11 novembre 1897, non fu dei più felici: stroncato dalle severe
critiche l’opera venne immediatamente ritirata. Questo insuccesso non lo scoraggiò
e, alcuni anni più tardi, diede alle stampe due drammi storici: "Arrigo
VIII Re e Papa" (Carabba,
Lanciano, 1902) e "Francesco d’Assisi" (Roux e Viarengo, Roma,1906).
Nell'estate
del 1906 venne colpito da un male terribile. Morì l’8 marzo 1909. "La sera dell'8 corr.", si leggeva
sul settimanale vastese Istonio,
"cessava di vivere in Roma Valerico
Laccetti. Ma la morte non trovò impreparati quegli occhi, che con tanto fervor
di lavoro avevano indugiato sulla tavolozza nelle ricerche febbrili dell'Arte,
poiché Valerico Laccetti era scomparso a poco a poco, tra il lontanar degli
osanna e dei clamori, dalle lotte del suo ingegno fecondo e proteiforme. Egli
era dunque un sopravvissuto alla sua arte; e, come tale, un sopravvissuto alla
sua fama".
Appresa
la notizia, il sindaco di Vasto, cav. Luigi Nasci, pubblicò il seguente
manifesto:
CITTADINI!
Un'altra gloria vastese si è spenta.
Valerico Laccetti, l'ultimo di una
famiglia fulgida schiera di artisti, che illustrarono per un secolo questa
terra natia, chiudeva ieri in Roma la nobile vita, dedicata alle più schiette
manifestazioni dell'arte ispirata allo studio della natura e alle geniali
comprensioni della storia.
Con la sua morte scompare il più genuino
rappresentante di quella scuola, che ebbe a maestro e duce il grande
concittadino Filippo Palizzi, dalla cui espressioni pittorica egli volle anche
trarre gli elementi per una più larga visione dell'ideale.
Concittadini!
Voi ben ricordate con quanta tenerezza
Egli tornava a risalutare la sua patria diletta, e godeva ritemprarsi
nell'affetto e nell'ammirazione di noi tutti, dopo le lotte non sempre generose
nell'arduo campo dell'arte.
CITTADINI, un inclito figlio di questa
terra è morto.
Piangiamo!
Vasto, 10 marzo 1909
Cinque
anni più tardi, il 26 aprile 1914, in una memorabile giornata intesa a
celebrare il genio dei fratelli Palizzi, di Francesco Laccetti e di Valerico
Laccetti, sulla facciata della casa natale del pittore venne murata una lapide
con la seguente iscrizione dettata da Domenico Ciampoli:
VALERICO LACCETTI
CHE VIVE NEL CHRISTUS IMPERAT
EBBE VISIONI DI STORIA E DI ARTE
LUMINOSE
MEMORE DEI SUOI FIGLI MIGLIORI
RICORDA
CHE EGLI NACQUE IN QUESTA CASA
E MORI’ IN ROMA
LAUDATO E PIANTO
------------------------
MCMXIV
Mentre nello studio romano,
sul lungotevere dei Mellini, 24, venne murato un bassorilievo in terracotta,
realizzato nel 1913 dallo scultore Lorenzo Cozza, con la seguente epigrafe:
VALERICO LACCETTI DA VASTO
POSATO IL PENNELLO DEL CHRISTUS IMPERAT
NELLA QUIETE DI QUESTO SUO STUDIO
DALLA STORIA E DALLA FEDE
ALTRI QUADRI RIEVOCO' CON LA PENNA
Così lo ricordava Francesco
Pisarri in un lungo articolo pubblicato su Il
Giornale d'Abruzzo e Molise del 9 marzo 1930: "Lo rivedete ancora nella sua placida e signorile figura di artista
gentiluomo, dai dolci occhi chiari, la carnagione bianchissima, la folta barba
candida bipartita? Egli non fu un bohèmien, né conobbe le stravaganze di cui
molti fanno ormai requisito essenziale di vita e di opere. Fu un pacato e
intellettuale adoratore della natura, e mise in ogni suo quadro un religioso
rispetto alla verità e spesso un raggio di pensiero trascendentale, che gli
derivava e dal temperamento e dai suoni studi classici. Giacché egli fu anche
un artista coltissimo e multingegno; qualcosa come i nostri grandi del
Rinascimento, nello stesso tempo scultori e letterati, pittori e filosofi, ma
affinati e ingentilito da una signorilità veramente eccezionale".
Il
26 febbraio 1932 il consiglio comunale, presieduto dal Podestà Pietro Suriani,
"per onorare la memoria di Valerico
Laccetti", intitolava alla sua memoria la strada dove nacque
l'illustre pittore. In segno di ringraziamento, le figlie Maria e Lidia,
inviarono al Podestà questo messaggio:
Dal Vastese d'Oltre Oceano rileviamo che
in data 26 febbraio la S. V. Ill.ma ha disposto che la strada dove nacque
Valerico Laccetti sia intitolata al suo nome. Noi, sue figlie, ne ringraziamo
sentitamente la S. V. Ill.ma poiché in tal modo quando la Sua memoria si
spegnerà con noi nel nostro cuore, rimarrà sempre viva in quello della Patria
che Egli illustrò ed ebbe tanto cara.
Nel destinare poi al Museo di Vasto il
ritratto di nostro nonno Antonio, eseguito da nostro padre, crediamo di onorare
la memoria di Loro ed il paese dove nacquero, Cittadino integro l'uno, chiaro
spirito di luce e di arte l'altro, ebbero sempre ad orgoglio di proclamarsi,
oltre che Italiani, Vastesi.
Non ci costa perciò il separarci da un
così caro ricordo nella certezza che sarà affettuosamente custodito nel Museo di cui l'esimio professore Anelli è
così benemerito Direttore.
Consegneremo tale dipinto già pronto e
condizionato non appena si presenti l'occasione di una persona di fiducia a cui
affidarlo. Con devota osservanza.
Mantenuta
la promessa, prima dell'estate il ritratto ad olio raffigurante Antonio
Laccetti, venne consegnato nelle mani di Luigi Anelli e andò ad aggiungersi
agli altri cinque quadri ad olio già presenti nel museo vastese.
In
occasione del centenario della nascita, presso il Dopolavoro di Chieti venne
organizzata una grande mostra, presentata da una dotta orazione del poeta e
drammaturgo Ettore Moschino, con l'esposizione dei migliori quadri dell'artista
vastese, provenienti dall'archivio di famiglia, da musei e da collezioni
private.
Lino
Spadaccini
1 commento:
BUONGIORNO, SONO UNA COLLEGA GIORNALISTA DEL QUOTIDIANO METRO ITALIA
STO FACENDO UNA RICERCA SU LACCETTI E VORREI SAPERE, SE POSSIBILE, LA DATA DEL RITAGLIO DI GIORNALE CHE RACCONTA L'ESCLUSIONE DEL PITTORE DALL'ESPOSIZIONE “AMATORI E CULTORI DI ROMA”.
GRAZIE
I MIEI RECAPITI
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