Il 6 gennaio la chiesa cattolica festeggia l'Epifania,
ovvero la manifestazione della divinità di Gesù Cristo. Si tratta di una delle
principali feste cattoliche e, pertanto, è stata istituita come festa di
precetto. In tutte le chiese, al termine della S. Messa, si svolge il rito del
bacio del Bambinello (Lu huàsce de luGgiusì).
Il giorno dell'epifania si ricorda anche l'arrivo dei Re
Magi alla grotta di Betlemme:
Quivi giunti i santi
re
Genuflessi tutti e tre
Ed a Gesù vago tesoro
Diedero incenso, mirra
ed oro
Nel giorno della vigilia dell’Epifania, almeno fino agli
anni '50, nelle case dei vastesi, si svolgeva il rito della foglia. In pratica,
venivano staccate da un ramo d’ulivo alcune foglie e gettate nel fuoco,
ripetendo
ripetendo
Pasch’e ‘Bbufanìje e
Bbufanelle
che vvétrévvoddal’anne
me vo’ bbéne (qui si
faceva il nome della persona) chest’anne?
Se le foglie bruciando scoppiettavano era di buon auspicio, al
contrario, di cattivo presagio.
In quest’ultimo caso si cercava di ripetere il rito fino a quando le
foglie scoppiettavano.
Nella tradizione popolare il termine Epifania è stato
storpiato in Befana (in vastese Bbufanìje)
assumendo un significato ben diverso. La Befana viene identificata con una
donna molto anziana che vola su una vecchia scopa, per fare visita ai bambini
nella notte tra il 5 ed il 6 gennaio, e riempire le calze lasciate appese sul
camino o vicino ad una finestra. I bambini buoni solitamente ricevono
caramelle, dolci, frutta secca o giocattoli, mentre i bambini che si sono
comportati male trovano il carbone.
La festa della Befana, soprattutto in passato, era
improntato sullo spirito di solidarietà umana verso le persone più bisognose.
Agli inizi del secolo scorso, il Circolo Culturale S.
Filippo Neri organizzava una serata di festa tra recite, musiche e
distribuzione di doni. La tradizione proseguì anche durante il fascismo
(tradizione iniziata nel 1928), con la distribuzione di pacchi di vestiario, di
libretti di risparmio agli orfani di guerra ed ai bambini poveri, e pacchi dono
offerti dai cittadini vastesi per i più bisognosi.
In molti ancora oggi ricordano la Befana del Vigile. Nata
nel 1953,a cura dell'Azienda di Soggiorno e Turismo, l'iniziativa voleva essere
un piccolo gesto di gentilezza e riconoscimento verso i tutori dell'ordine e
del traffico.A piazza Rossetti, intorno alla pedana appositamente realizzata, era
un via vai di automobili, biciclette e pedoni che si avvicinavano per porgere i
propri auguri e lasciare un piccolo dono.
L'iniziativa venne ripetuta anche negli anni successivi, in
concomitanza con gli altri principali centri della provincia, organizzatadal
presidente dell'ACI (Automobil Club Italiano) di Chieti, Avv. Giuseppe
Castiglione con la collaborazione della delegazione vastese guidata da Carlo
Galante.
Oltre alla Befana del Vigile, sempre negli anni '50, veniva
festeggiato la Befana nell'OMNI (opera Nazionale Maternità e Infanzia), presso
la Casa della Madre e del Bambino con sede nel rione S. Michele, organizzata
dal commissario dr. Gaetano Vallone. Oltre duecento i pacchi che annualmente
venivano distribuiti alle famiglie più bisognose, mentre il lettino cromato,
donato dall'Opera Provinciale, veniva vinto per sorteggio.
Nel 1959 venne festeggiata per la prima volta la Befana
ferroviaria, organizzata dal Dopolavoro compartimentale di Pescara, per le
famiglie dei ferrovieri.
Altre feste vennero organizzate dall'Eca(Ente Comunale di
Assistenza), per i dipendenti dell'UNES (società elettrica prima della nascita
dell'ENEL)dall'Opera Nazionale Combattenti, per iniziativa del Presidente
Corradino Panerai e dalla sezione vastese della Democrazia Cristiana.
Chiudiamo
con "L'augurio dei Magi", scritta dal letterato vastese Romualdo
Pantini, pubblicata nel giugno del 1920 su "Ardita", rivista mensile
del giornale "Il Popolo d'Italia".
L'augurio
dei Magi
Flebile
e caldo il suon d'una zampogna
sale
dal vico verso la marina
e
riempie la corte. A poco a poco
pare
che l'aria gelida si stempri
e
gli angoli più umidi e remoti
si
avvivino d'un velo di tepore.
Gonfia,
Maestro Pietro, le tue gote
e
gonfia il cuor tu che dal padre Eligio
ricevesti
il bel dono e lo conservi
d'intonare
la piva. (A chi s'aduggia
tappi
gli orecchi il tanfo di taverna).
Io
più non sento il rombo ampio salire
dal
mare corrucciato. La tua pace
io
sento solo che da te si effonde,
petto
scoperto di seminatore,
trasfuso
nella gonfia otre canora
per
l'ultima vigilia dei Re Magi.
Il
suono prima egual s'innalza e vibra,
quando
il figlio minore, alta la testa,
gli
occhi rapiti verso il cielo ardente
di
stelle a ricercare la sua stella,
toglie
a cantare con baldanza ingenua:
La Pasquetta che vuo' di':
tu Signore che appari…
Una
finestra s'apre all'improvviso
e
un pianto sonnacchioso di bambino
interpunge
la cara cantilena.
Piange
il bambino, che non vuol dormire,
che
vuol vedere giungere i Re Magi
co'
doni attesi, e vuol vederli quando
li
rimettono in mano alla Befana,
e
questa trasvolando sopra i tetti
pel
camino s'infila. Paziente
la
mamma con lo scialle avvolge il capo
che
il bambino già piega, Mastro Pietro
raddoppia
nel soffiar: sembra vederlo
dondolarsi
pomposo, fra gli astanti.
La
lenta nenia volge alla sua fine.
E così li santi
re
S'avviarono tutti e tre.
E pe' n'altra strada fu.
Buona notte e niente più.
Nel
silenzio rifatto ora di gelo,
con
mano trepidante vien richiusa
la
finestra. Il bambino non udì
l'accorato
saluto e la rinunzia.
Sul
muro del cortile si è levata
la
luna a proiettar le consuete
ombre
dei curvi tegoli. Il ricamo
fosco
riprende il monito severo
del
consueto volgere del tempo.
Ma
giù nella cucina arde la vampa
dai
due ceppi d'ulivo messi a fronte.
Di
qua, di là, sotto la cappa i vecchi:
più
da parte la giovane famiglia.
Ad
ogni nuovo scoppiettio di frasche
e
di vitigni levasi la fiamma
e
lingueggiando anima d'una danza
d'ombre
lievi le file dei lucenti
dami
disposti in giro. E le corone
delle
salsicce pendule un aroma
di
grazia opima godono esalare.
Il
vecchio della casa, che da molto
tace,
s'appresta al rito. Gravemente
i
tizzi son rimossi. L'aria è netta.
Il
nipote gli porge il più bel ramo
di
verde ulivo svelto da un pollone.
Egli
ne spicca un ciuffo sol di foglie,
che
su l'incandescente ara depone.
Friggon
le foglie, torconsi, saltellano
e
non si brucian, no… Viva il Signore,
alla
famiglia intenta il vecchio esclama,
l'annata
sarà buona finalmente!
Per
altra strada: accenna la canzone.
Io
mi stropiccio gli occhi: dove sono?
Per
altra strada anch'io ritroverò
la
fraschetta augurale? Giù da un colle
dell'Urbe
sacra scende la fiumana
delle
genti. M'arresto: la sorpresa
tutto
mi sveglia. Una ben nota lampada
più
non vacilla, e spande dal suo globo
viva
luce perlata!
Per quant'anni
la
lampada su l'angolo ben noto
oscillò
pertinace e giorno e notte.
Era
muta di luce, ed oscillava
col
vento e senza vento. Or con la luce
ha
ripreso la sua forma sicura.
"Uno
lume… una stella": la canzone
della
Befana mi sussurra. Il cuore
ritrovò
la sua luce e la sua via.
Troppo
fu chiuso nel dolore, troppo
non
seppe né pur piangere. La pace
ch'apre
le porte, che feconda i campi,
soffoca
l'ombra d'ogni male, e sfiora
le
fronti che si levano raggianti!
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