Foto Pierangelo Di Memmo (particolare) |
La storia millenaria, i miti e le leggende di questi luoghi: le capanne dell'età del bronzo, la città di Buca, i resti del teatro due templi, le incursioni dei goti e degli altri barbari, il castello di Erce, Colle Martino, la natura incontaminata della zona.
di GIUSEPPE CATANIA
Spesso si parla di Punta d'Erce di Vasto come di una località ricca di inestimabili tesori legati alla
storia, alla leggenda, alle rarità geomorfologiche, presenti nella caratteristica zona dunale costiera, e di pregiate forme di vita marina, favorite dall'ambiente stabile e costante, che consente evoluzioni di fenomeni entropici.
Il tratto costiero, infatti, è interessato, in buona parte, dalla serie "psammofila", cioè popolamenti pionieri che investono la fascia più vicina alla battigia. L'aspetto più interessante della vegetazione della spiaggia
è costituito da raggruppamenti di retroduna sviluppatisi nelle depressioni alle spalle dei dossi dunali. Notevole è anche la vegetazione delle rupi, sulle quali sono presenti specie molto rare in Abruzzo, come Chritmum maritimum e quelle appartenenti al genere Limonium. Sostiene, peraltro, il WWF che il tratto di costa in oggetto rappresenta un biotopo di grande interesse naturalistico, sia per la eccezionalità delle molteplici presenze vegetazionali, che per i fenomeni geomorfologici ancora poco condizionati dall 'antropizzazione.
Recentemente sono stati rinvenuti, nel corso di una campagna di scavi condotti dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici, fondi di capanne incavati risalenti al 1000 a.C., e cioè alla età finale del bronzo, con reperti ceramici, vasellami di importazione, provenienti dalla Puglia.
Punta d'Erce sorge a nord della Punta della Penna dove, in tempi remotissimi, era localizzala la mitica città di Buca divenuta tanto importante da emulare, in splendore, in civiltà ed in traffici commerciali, la romana Histonium.
Era Buca ricca di maestosi monumenti, da cui Giacomo Caldora trasse materiale per ricostruire il Palazzo D'Avalos, dimora principesca.
Dai manoscritti di Lucio Canacci (De Sit. Buc. et Ist, apud Polidori ms; in Romanelli T.I., p.318), vissuto nella seconda metà del secolo XVI, e che seguì, nel sito della Penna, dei sopralluoghi, apprendiamo della esistenza dei ruderi di un teatro, di due templi, di resti di mura, colonne, mattonacci, tegoloni, marmi segati e tracce di acquedotti, sepolcri sparsi nella zona.
La strada consolare Traiano-Frentana, che da Lanciano (Anxanum) collegava Vasto (Histonium), piegava verso il mare per toccare la Buca che era dotata di un fiorente porto per i commerci.
Notizie di Buca, devastata dalle incursioni dei Goti, dei Saraceni, dei Longobardi, dei Franchi di Pipino, degli Ungari e dei Turchi, si hanno sino al secolo XII e non si sa bene se a determinare la definitiva scomparsa furono i Germani nel 1189 o i Crociati nel 1194.
Solo due castelli resistettero alle conseguenti distruzioni che interessarono le zone circostanti: Erce, o Ilice, e Colle Martino, di cui si ha notìzia nella bolla datata 1° luglio 1176 di Papa Alessandro IIIche ne confermava, il possesso ai Benedettini del Monastero di San Giovanni in Venere (cfr: Ferdinando Hughello: "Italia Sacra, sive de Episcopis Italiae et Insularum adjacentium" -Venerìis 1720 Torà. Sez tuz -Provincia XVI, sive Aprutium Teatini Episcopi: ALESS.III KAL JULII 1176 -IN COMITATIS TEATINO CELLAM S.PETRI DE LINARl CELLAM S.MARIAE IN VALLE, CASTRUM AYMONIS, TURRICELLAM, MONTE COLLIS MARTINI, ILICEM... )
Tali beni vennero successivamente anche confermati nel 1204, con la Bolla di Papa INNOCENZO III (Hughello: INNOC. III AN. 1204 IN COMIT. TEAT....SENELLUM, CASTELLIONEM GUASTUM AYMONIS, TURRICELLAM, MEDIETATEM COLLIS MARTINI, 1LICEM...).
Del castello di Colle Martino restano ancora tracce ben visibili di ruderi a forma quadrata, dentro cui vennero sepolti, oltre un centinaio di abitanti di Vasto, morti per la febbre petecchiale del 1817.
La punta di Colle Martino, è da tempo rovinata a valle verso il mare e solo un'argine degli avanzi della fortificazione oppone qualche resistenza al furore delle mareggiale.
Di ERCE (o ILICE) si sa solo che, nel castello vi era una chiesa intitolata a S.Martino nel 1345, di cui era preposto Diodato De Gambono (Notar Giovanno Luce di Adria 29.VIII. 1345, in archivio del Comune di Atri, in copia negli atti dell'esame compilato per la causa di regio patronato tra il capitolo di S. Pietro e quello di S. Maria in Vasto nel 1794, innanzi al regio Governatore, Vol.unico manoscritto in FL. di carte 165).
Dalle suddette notizie storiche emerge che Punta D'Erce era anche denominata Irice.
Certamente la zona doveva essere ricca di “lecci”, che in abbondanza, vegetavano nella contrada. Il leccio, albero sempre verde, simile alla quercia, è del genere di piante "aquifolìacee" che crescono nelle zone temperate calde volgarmente dette "agrifoglio" (in latino: llex Aquifolium).
La denominazione ERCE potrebbe avere diverse derivazioni; dal greco HERCOS che vuol significare recinto o luogo fortificato, per richiamare appunto la presenza del Castello; oppure ERCE derivato dal latino ARX (ARCIS) per indicare la sommità di un colle, un acropoli, una roccaforte, sempre con riferimento all'edificio fortificato per indicarne la località; al termine greco ARKHAIOS, cioè antico, per giustificare un luogo di remota origine considerando che una colonia greca era stanziata lungo il litorale vastese per la lavorazione della lana e per il commercio con il medio oriente.
Storia e leggenda di una località, di un toponimo, che richiama alla memoria avvenimenti di cui furono protagonisti le genti primigenie artefici di antichissime fiorenti civiltà, di cui si hanno ancora tracce, ma di cui si dovrebbe andare alla riscoperta per approfondire le notizie di un popolo scomparso ma che ha lasciato orme indelebili nella vicenda storica dell'umanità.
GIUSEPPE CATANIA
PUNTA D'ERCE IN UNA TESI DI LAUREA
La dott. Isabella Mugoni nel 2007 si è laureata in Giurisprudenza con una tesi di laurea in diritto dell'ambiente dal titolo "Protezione habitat- la riserva di Punta Aderci a Vasto" (Relat. prof. Andrea Rallo -Correl. Prof. Italo Spagnuolo Vigorita), presso l'Università degli Studi del Molise Campobasso.
La dott. Isabella Mugoni precisava che "lo scopo"del suo lavoro era quello di mettere a fuoco gli aspetti rilevanti della Riserva Naturale di Punta Aderci a Vasto (CH) nei suoi risvolti ambientali e tecnico -giuridici, con particolare riguardo alle problematiche inerenti al suo "Piano d'Assetto Naturalistico" (PAN).
Peraltro la dott. Mugoni rilevava che "La Riserva Naturale Regionale Guidata di "Punta Aderci"
nella carta IGM (ndr -Istituto Geografico Militare) è detta "Punta d’Erce". Come da noi ampiamente dimostrato.
storia, alla leggenda, alle rarità geomorfologiche, presenti nella caratteristica zona dunale costiera, e di pregiate forme di vita marina, favorite dall'ambiente stabile e costante, che consente evoluzioni di fenomeni entropici.
Il tratto costiero, infatti, è interessato, in buona parte, dalla serie "psammofila", cioè popolamenti pionieri che investono la fascia più vicina alla battigia. L'aspetto più interessante della vegetazione della spiaggia
è costituito da raggruppamenti di retroduna sviluppatisi nelle depressioni alle spalle dei dossi dunali. Notevole è anche la vegetazione delle rupi, sulle quali sono presenti specie molto rare in Abruzzo, come Chritmum maritimum e quelle appartenenti al genere Limonium. Sostiene, peraltro, il WWF che il tratto di costa in oggetto rappresenta un biotopo di grande interesse naturalistico, sia per la eccezionalità delle molteplici presenze vegetazionali, che per i fenomeni geomorfologici ancora poco condizionati dall 'antropizzazione.
Recentemente sono stati rinvenuti, nel corso di una campagna di scavi condotti dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici, fondi di capanne incavati risalenti al 1000 a.C., e cioè alla età finale del bronzo, con reperti ceramici, vasellami di importazione, provenienti dalla Puglia.
Punta d'Erce sorge a nord della Punta della Penna dove, in tempi remotissimi, era localizzala la mitica città di Buca divenuta tanto importante da emulare, in splendore, in civiltà ed in traffici commerciali, la romana Histonium.
Era Buca ricca di maestosi monumenti, da cui Giacomo Caldora trasse materiale per ricostruire il Palazzo D'Avalos, dimora principesca.
Dai manoscritti di Lucio Canacci (De Sit. Buc. et Ist, apud Polidori ms; in Romanelli T.I., p.318), vissuto nella seconda metà del secolo XVI, e che seguì, nel sito della Penna, dei sopralluoghi, apprendiamo della esistenza dei ruderi di un teatro, di due templi, di resti di mura, colonne, mattonacci, tegoloni, marmi segati e tracce di acquedotti, sepolcri sparsi nella zona.
La strada consolare Traiano-Frentana, che da Lanciano (Anxanum) collegava Vasto (Histonium), piegava verso il mare per toccare la Buca che era dotata di un fiorente porto per i commerci.
Notizie di Buca, devastata dalle incursioni dei Goti, dei Saraceni, dei Longobardi, dei Franchi di Pipino, degli Ungari e dei Turchi, si hanno sino al secolo XII e non si sa bene se a determinare la definitiva scomparsa furono i Germani nel 1189 o i Crociati nel 1194.
Solo due castelli resistettero alle conseguenti distruzioni che interessarono le zone circostanti: Erce, o Ilice, e Colle Martino, di cui si ha notìzia nella bolla datata 1° luglio 1176 di Papa Alessandro IIIche ne confermava, il possesso ai Benedettini del Monastero di San Giovanni in Venere (cfr: Ferdinando Hughello: "Italia Sacra, sive de Episcopis Italiae et Insularum adjacentium" -Venerìis 1720 Torà. Sez tuz -Provincia XVI, sive Aprutium Teatini Episcopi: ALESS.III KAL JULII 1176 -IN COMITATIS TEATINO CELLAM S.PETRI DE LINARl CELLAM S.MARIAE IN VALLE, CASTRUM AYMONIS, TURRICELLAM, MONTE COLLIS MARTINI, ILICEM... )
Tali beni vennero successivamente anche confermati nel 1204, con la Bolla di Papa INNOCENZO III (Hughello: INNOC. III AN. 1204 IN COMIT. TEAT....SENELLUM, CASTELLIONEM GUASTUM AYMONIS, TURRICELLAM, MEDIETATEM COLLIS MARTINI, 1LICEM...).
Del castello di Colle Martino restano ancora tracce ben visibili di ruderi a forma quadrata, dentro cui vennero sepolti, oltre un centinaio di abitanti di Vasto, morti per la febbre petecchiale del 1817.
La punta di Colle Martino, è da tempo rovinata a valle verso il mare e solo un'argine degli avanzi della fortificazione oppone qualche resistenza al furore delle mareggiale.
Di ERCE (o ILICE) si sa solo che, nel castello vi era una chiesa intitolata a S.Martino nel 1345, di cui era preposto Diodato De Gambono (Notar Giovanno Luce di Adria 29.VIII. 1345, in archivio del Comune di Atri, in copia negli atti dell'esame compilato per la causa di regio patronato tra il capitolo di S. Pietro e quello di S. Maria in Vasto nel 1794, innanzi al regio Governatore, Vol.unico manoscritto in FL. di carte 165).
Dalle suddette notizie storiche emerge che Punta D'Erce era anche denominata Irice.
Certamente la zona doveva essere ricca di “lecci”, che in abbondanza, vegetavano nella contrada. Il leccio, albero sempre verde, simile alla quercia, è del genere di piante "aquifolìacee" che crescono nelle zone temperate calde volgarmente dette "agrifoglio" (in latino: llex Aquifolium).
La denominazione ERCE potrebbe avere diverse derivazioni; dal greco HERCOS che vuol significare recinto o luogo fortificato, per richiamare appunto la presenza del Castello; oppure ERCE derivato dal latino ARX (ARCIS) per indicare la sommità di un colle, un acropoli, una roccaforte, sempre con riferimento all'edificio fortificato per indicarne la località; al termine greco ARKHAIOS, cioè antico, per giustificare un luogo di remota origine considerando che una colonia greca era stanziata lungo il litorale vastese per la lavorazione della lana e per il commercio con il medio oriente.
Storia e leggenda di una località, di un toponimo, che richiama alla memoria avvenimenti di cui furono protagonisti le genti primigenie artefici di antichissime fiorenti civiltà, di cui si hanno ancora tracce, ma di cui si dovrebbe andare alla riscoperta per approfondire le notizie di un popolo scomparso ma che ha lasciato orme indelebili nella vicenda storica dell'umanità.
GIUSEPPE CATANIA
PUNTA D'ERCE IN UNA TESI DI LAUREA
La dott. Isabella Mugoni nel 2007 si è laureata in Giurisprudenza con una tesi di laurea in diritto dell'ambiente dal titolo "Protezione habitat- la riserva di Punta Aderci a Vasto" (Relat. prof. Andrea Rallo -Correl. Prof. Italo Spagnuolo Vigorita), presso l'Università degli Studi del Molise Campobasso.
La dott. Isabella Mugoni precisava che "lo scopo"del suo lavoro era quello di mettere a fuoco gli aspetti rilevanti della Riserva Naturale di Punta Aderci a Vasto (CH) nei suoi risvolti ambientali e tecnico -giuridici, con particolare riguardo alle problematiche inerenti al suo "Piano d'Assetto Naturalistico" (PAN).
Peraltro la dott. Mugoni rilevava che "La Riserva Naturale Regionale Guidata di "Punta Aderci"
nella carta IGM (ndr -Istituto Geografico Militare) è detta "Punta d’Erce". Come da noi ampiamente dimostrato.
1 commento:
Rallegramenti al Presidente Giuseppe Catania che ferma l'attenzione dei Vastesi, in specie le persone di cultura, sulla grossa realtà storica ambientale di Punta Aderci di Vasto.
E' davvero un fortunato intreccio di mare e terra, ricco di bellezza ambientale singolare, di straordinari riferimenti storici, con tracce culturali millenarie, e non da ultimo questo tratto di costa offre al turista e all'imprenditore occasioni di lavoro, di sana evasione e di incontro sociale.
Grazie giornalista Catania ! hai tracciato una sorta di ponte fra Piazza Rossetti e Punta d'Erce, ed hai spalancato alla nostra città delle reali prospettive di cambiamento, per i giovani in primo luogo, oggi stretti dal malessere sociale e ambientale. prof. Mugoni
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