di LINO SPADACCINI
Le
Sacre Spine presenti nel mondo sono davvero tante.
Da un primo approssimativo censimento
fatto dall'architetto francese Charles Rohault De Fleury intorno al 1870, se ne
contavano circa duecento (tra queste, stranamente, non figurava la Sacra Spina
custodita a Vasto), mentre nell'ultimo censimento effettuato da Antonio Menna,
con i dati pubblicati nel volume "La
corona di spine e censimento delle sue reliquie" (Edizioni Segno,
2012), siamo arrivati a ben 2283, delle quali 995 presenti in Italia.
Ovviamente
questi ultimi dati sono impressionanti e ben al di sopra del numero di spine
che sarebbero potute essere presenti sulla corona, tenendo conto che sicuramente
alcune andarono anche perdute. A questo punto diventa veramente difficile
determinare l'autenticità di tutte le spine della
corona che oggi vengono
venerate nelle chiese sparse in tutto il mondo, ma è interessante conoscere
alcune delle loro storie perché si possono trovare dei riferimenti piuttosto
comuni con la Sacra Spina custodita a Vasto nella chiesa di S. Maria Maggiore.
Secondo
la tradizione, le Sacre Spine di Montechiaro d'Acqui (AL) sarebbe state portate
dalla Terra santa da un cavaliere di Cortemilia che avrebbe partecipato alla
Prima Crociata del 1099. Da Montechiaro, una delle spine fu poi donata alla vicina
Cortemilia nel 1542. Le sacre reliquie vengono portate solennemente in processione
ogni prima domenica di maggio.
La
chiesa di San Giovanni Battista di Cusano Matri (BN) possiede una spina lunga
circa due centimetri e mezzo. Secondo la tradizione, la reliquia sembra sia
stata portato da un crociato, tal Barbato Castello, di ritorno dalla Terra
santa. La Sacra Spina è molto venerata dalla popolazione e tenuta esposta
soprattutto contro le calamità. Nel 1693 la Spina diventò due volte di colore
rosso vivo come una candela accesa. Lo stesso fenomeno si verificò nuovamente
il 3 febbraio 1710 durante la processione di Sant'Onofrio. Un altro miracolo è
descritto in un atto notarile dell'agosto 1805: durante la processione della
reliquia, fatta uscire per fermare il terremoto in atto in quel periodo, giunti
in località Monte Calvario, durante la benedizione la punta della Spina divenne
bianca, come se stesse per fiorire.
Anche
nella piccola chiesa di Santa Caterina, sull'altopiano dei sette comuni, tra
Veneto e Trentino, è venerata una Spina della Corona di Cristo. La leggenda
vuole che per provarne l'autenticità, nel 1533 fu bruciata insieme ad altre
spine selvatiche raccolte sul posto: le fiamme bruciarono tutto tranne la Sacra
Spina.
In
provincia di Pistoia, e precisamente a Quarrata nella chiesa di S. Maria
Assunta a Colle, è custodita una Sacra Spina donata dal re di Francia Luigi IX a
Beatrice dei Borboni, sposa di Roberto, sesto figlio del re Carlo I di Napoli.
E
passiamo in Sicilia, nella chiesa del Carmine Maggiore a Palermo dove, fra le
insigne reliquie, è presente una Sacra Spina: "…in qua (ecclesia) lignum Crucis et Spina Sanctissimi capitis Domini
Nostri Jesu Cristi a nostro divo Angelo martire hoc conventu derelicta
conservantur…". La reliquia sarebbe giunta nel capoluogo siciliano nel
1220, grazie al carmilitano Sant'Angelo. Il culto viene ricordato nei venerdì
di quaresima e la prima domenica di maggio.
A
Sciacca, sempre in Sicilia, sono conservate due sacre spine custodite nella
chiesa di S. Michele Arcangelo, donate da Eleonora d'Aragona, figlia di
Giovanni di Sicilia, e dal marito Guglielmo Peralta; esse sono state ritenute
autentiche dall'allora vescovo di Agrigento Matteo Fugardo, quando il 31 maggio
1386 emanò una bolla vescovile in occasione dell'inaugurazione della chiesa e
parte del Monastero di Maria Santissima dell'Itria, conosciuta come la Badia
grande. Queste sacre spine erano appartenute alla famiglia reale siciliana, a
cui erano arrivate tramite i D'Angiò.
La
Sacra Spina di Cassano Magnago (VA) fu ritrovata da San Carlo Borromeo nel
Castello Visconteo in occasione della visita pastorale del 1570; quella di
Cremona fu donata nel 1591 da papa Gregorio XIV al capitolo del duomo della
città lombarda nel corso di una visita a Roma.
Una
Spina della corona di Cristo è conservata nel convento francescano di Petilia
Policastro sulla Sila, in Calabria. Si racconta che una regina di Napoli spedì
per il mondo tre cavalieri di corte, ognuno con una spina della corona di
Cristo. La consegna era che un tempio fosse eretto dove il cavallo si fosse
fermato definitivamente. Un giovane cavaliere napoletano, che si trovò ad
attraversare i boschi della Sila, mise al pascolo il cavallo in un prato sopra
Petilia. Il cavallo si rifiutò di muoversi, così la corte di Napoli costruì in
quel prato, a 1500 metri di altezza, un convento che le popolazione silane ancora
oggi venerano con grande devozione. "La
gente sale al santuario cantando preci funebri e compiendo penitenze", si
legge in un articolo apparso su L'Illustrazione
del Medico, ripresa dall'Histonium
del 10 marzo 1951", molti devoti
recano sulle spalle grossi sassi per rendersi più penosa l'ascesa; moltissimi
hanno una fune attorta al collo e legata alla vita, la fune dei condannati a
morte; le donne a piedi e a gambe nude
si flagellano con fasci di ortica. Ognuno adempie al voto che ha fatto: chi si
inginocchia ogni tanti passi e recita forte una preghiera; chi prende manciate
di polvere e se le strofina sul capo".
Molto
venerata è anche la Sacra Spina di Andria. Beatrice, figlia di Carlo II
d'Angiò, contessa di Andria e moglie di Bertrando del Balzo, donò una spina al
Capitolo Cattedrale andriese nel 1308. Il prodigio della Sacra Spina, osservato
per la prima volta nel 1633, si verifica ogni volta che il giorno
dell'Annunciazione coincide con il Venerdì Santo. La spina è lunga circa
quattro dita, di colore cenerognolo su sui sono presenti diciassette macchie di
colore violaceo, che si ravvivano diventando di "fresco sangue".
L'ultimo miracolo è avvenuto nel 2005 alla presenza di osservatori e medici.
Queste le fasi salienti annotate dalla commissione: "Ore 20.00: sulla punta
della Spina un piccolo rigonfiamento di colore rosso rubino. Ore 20.05:
scomparsa del colore rosso. Ore 20.20: sulla punta della Spina comparsa di un
piccolo bozzo come gemma di colore rosso. Ore 20.40: sulla punta della Spina il
rigonfiamento (bozzo) sempre più grosso. Colore sempre rosso vivo rubino. Alle
21.05: ricompare la gemma e sul corpo della Spina verso la punta presenza
di piccole granulazioni biancastra-lanuginosa. Ore 21.15: persiste la granulazione
biancastra lanuginosa e scomparsa della gemma alla punta". In
precedenza era accaduto il 25 marzo del 1932, quando due rametti filiformi
spuntarono dal becco di flauto della spina, nel 1921, nel 1910, ma solo il
giorno successivo, ed ancora prima nel 1842, 1853 e 1864, ed altre cinque volte
nel Settecento, sempre in coincidenza del Venerdì Santo con la festa
dell'Annunciazione.
Macchie
di colore rosso vivo, sempre in occasione della medesima coincidenza, compaiono
anche sulla Sacra Spina di Giffoni Valle Piana (SA), donata al cardinale Leonardo
de Rossi, alla fine del XIV secolo, dal re di Francia Carlo IV.
La
basilica di Sant'Antonio di Padova, negli armadi della Cappella delle Reliquie,
possiede uno splendido reliquiario quattrocentesco contenente tre spine della
corona di Gesù, quasi certamente donate al santuario antoniano dal re santo
Luigi IX di Francia, per la sua grande devozione al Santo di Padova.
A
Moltrasio, sulle sponde del lago di Como, la chiesa parrocchiale dedicata a San
Martino conserva numerose reliquie, tra le quali un frammento della Sacra
Spina, donata alla parrocchia da Mons. Antonio Durini nel 1721.
La
Sacra Spina conservata nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni evangelista a
San Giovanni Bianco, è legata al nome di Vistallo Zignoni, una delle famiglie
più potenti della Valle Brembana, in provincia di Bergamo. La tradizione vuole
che lo Zignoni, essendo stato bandito da tutto il territorio della repubblica
veneta a causa di un omicidio commesso in gioventù, si era arruolato come
balestriere nell'esercito del marchese di Mantova Francesco Gonzaga. Nella
battaglia di Fornovo sul Taro, nel 1495, contro il re di Francia Carlo VIII,
sceso in Italia con il pretesto di ristabilire l'autorità francese sul regno di
Napoli, Vistallo Zignoni ed i suoi uomini riuscirono a penetrare
nell'accampamento nemico e impadronirsi di un ingente bottino, compreso un
prezioso reliquiario contenente le reliquie della passione, tra cui una Sacra
Spina. Vistallo Zignoni usò la preziosa reliquia come mezzo di scambio per la
sua libertà: procuratosi un salvacondotto, riuscì a recarsi a Venezia e a farsi
ricevere dal doge Agostino Barbarigo e dai membri del Senato, ai quali consegnò
il prezioso cofanetto. Probabilmente già lo stesso anno la reliquia venne
trasferita nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Bianco. Nel 1598 la
reliquia fu trafugata e, dopo la sua restituzione ,il prodigio della fioritura
non si verificò più per circa tre secoli. Il fenomeno si registro nuovamente nel
1885 ed ancora nel 1932 (in coincidenza con la festa dell'Annunciazione), quando il medico comunale rilevò sulla Sacra
Spina "una macchia rossa sanguigna,
viva e umida che tendeva a dilatarsi in alto, visibile a occhio nudo a un metro
di distanza".
Nel
Duomo di Voghera, in una teca incastonata in cima alla cupola, è presente
l'urna di cristallo contenente la Sacra Spina, donata circa 700 anni fa dal
Signore di Pavia e di Milano Gian Gaelazzo Visconti. La suggestiva esposizione
della reliquia si svolge nell'ultima giornata della Fiera dell'Ascensione.
L'origine
della spina ascolana, conservata nella chiesa di San Pietro Martire, è da ricercarsi
in uno scambio di reliquie tra Filippo IV detto il Bello, nipote di Luigi IX,
ed il suo confessore Padre Francesco de Sarlis, domenicano. Il re di Francia
donò nel 1290, al confessore la spina, ricevendo in cambio una reliquia di San
Domenico. La spina arrivò ad Ascoli nel 1290, quando la nuova chiesa di San
Pietro Martire non era ancora ultimata.
Anche
la spina di Fermo, conservata nella chiesa di Sant'Agostino, ha origini
analoghe in quanto fu donata da Filippo III, detto l'Ardito, padre di Filippo
il Bello, a Clemente Briotti, padre agostiniano di Sant'Elpidio a Mare.
Molte
altre spine si custodiscono con grande devozione in cattedrali e chiese come a
Roma, nelle chiese di S. Giovanni in Laterano, S. Sebastiano e S. Croce di
Gerusalemme, che ne possiede due, ed ancora a Pavia, Sezze, Puy, Narni,
Spoleto, Recanati (nella cattedrale e nella chiesa di S. Francesco), Serra S.
Quirico, Barletta, Pisa (S. Maria della Spina), Bordeaux, Angers, Autun,
Cuisery, Compiegne, Cagliari, Trento, Bovino, Firenze (se ne contano ben 27),
Gand, Milano (quattro spine donate da Pio IV al nipote San Carlo Borromeo), ed
ancora tante altre.
In ultimo, è
da sottolineare che la Sacra Spina custodita a S. Maria Maggiore non è l'unica
presente a Vasto. Lo storico vastese Luigi Marchesani, infatti, nel suo libro Storia di Vasto, ricorda che tra le
tante reliquie custodite nella chiesa di S. Pietro, oltre ad un pezzetto del
Legno della Croce, ancora oggi molto venerato e portato in processione il 3
maggio, è presente anche una Spina della corona di Cristo.
Lino
Spadaccini
3 commenti:
Grazie, sono la figlia di Antonio Menna e mi ha fatto molto piacere leggere questo articolo.
Bello questo articolo. Anche a Napoli presso il convento francescano della Basilica di San Lorenzo Maggiore é custodita una spina della corona di Cristo.
Leggendo la storia delle Spine della corona di Gesù in quante chiese si trovano,anche noi nel nostro paese di Gratteri ne possediamo 3e mezza e sono venerate ,la festa si fa la prima domenica di Maggio .W le spine di nostro Signore con fede e fervore amate saran
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