DI GIUSEPPE CATANIA
Guardando verso il fiume Trigno, sulla piana S. Angelo, si scorgono, maestose e fumanti, le ciminiere dei forni della Società Italiana Vetro di San Salvo, ora Pilkington /NSG.
Cinquanta anni orsono, dopo la scoperta di ingenti giacimenti metaniferi, lungo la vallata del fiume
Trigno, la preziosa riserva energetica consentiva l'avverarsi di una nuova realtà: in loco si avviava un processo di industrializzazione capace di promuovere la rinascita socio-economica delle popolazioni di questo angolo dell'Abruzzo vastese. Si creavano, così, i presupposti per uno sviluppo tecnologico che incentivasse, altresì, i fattori umani sotto il profilo del miglioramento del tenore di vita e di rivalutazione della civiltà e del costume di un popolo.
Ma dirigenti, tecnici e maestranze del vetro ebbero dei precursori nella storia e nell'arte vetraria, proprio qui a Vasto.
DUE VETRERIE A VASTO: DELLA PRIMA POCHE NOTIZIE
Qui, anche se non si hanno dettagliati riscontri, già nel medioevo esistevano fabbriche di vetro e cristalli che venivano commerciati nelle fiere annuali, principalmente a Lanciano.
Notizie più precise si hanno per i secoli successivi: a Vasto, nel 1600 esistevano almeno due vetrerie.
Di una - attraverso uno strumento redatto il 27.3.1671 (Notar Pietro Stanziani, vol. XVI; c.3 n.3 sez. Archivi o di Stato-Lanciano) - apprendiamo che Giancarlo Teobaldo spediva ad Antonia Albano, da Vasto a Napoli, una partita di vetri per campionatura (centimetri 26,1/2 x 29,1/2). Questa Albano aveva inviato a Vasto 4 specchi, per un valore di 100 ducati,contrattando,a sua volta, l’acquisto di ben 7.890 pezzi di lastre, al prezzo di 7 grana ciascuna (un grano era la quinta parte di un ducato) franco Napoli.
Una commessa consistente che fa pensare alla esistenza di una fabbrica a pieno regime. La lavorazione consisteva nello spianare e stendere un bolo di vetro per ottenerne una lastra, ad imitazione della tecnica impiegata dai maestri vetrai di Murano.
Forse perché proprio un muranese aveva impiantato a Vasto una vetreria,sicché Giancarlo Teobaldo, che reggeva il consolato generale di Venezia in Abruzzo, esercitava anche a Vasto la pratica di intermediario commerciale, "se non addirittura di cointeressanza".
Di una - attraverso uno strumento redatto il 27.3.1671 (Notar Pietro Stanziani, vol. XVI; c.3 n.3 sez. Archivi o di Stato-Lanciano) - apprendiamo che Giancarlo Teobaldo spediva ad Antonia Albano, da Vasto a Napoli, una partita di vetri per campionatura (centimetri 26,1/2 x 29,1/2). Questa Albano aveva inviato a Vasto 4 specchi, per un valore di 100 ducati,contrattando,a sua volta, l’acquisto di ben 7.890 pezzi di lastre, al prezzo di 7 grana ciascuna (un grano era la quinta parte di un ducato) franco Napoli.
Una commessa consistente che fa pensare alla esistenza di una fabbrica a pieno regime. La lavorazione consisteva nello spianare e stendere un bolo di vetro per ottenerne una lastra, ad imitazione della tecnica impiegata dai maestri vetrai di Murano.
Forse perché proprio un muranese aveva impiantato a Vasto una vetreria,sicché Giancarlo Teobaldo, che reggeva il consolato generale di Venezia in Abruzzo, esercitava anche a Vasto la pratica di intermediario commerciale, "se non addirittura di cointeressanza".
LA SECONDA FU LA PREMIATA VETRERIA LORENZO DEL MORO
Dell'altra fabbrica di vetri a Vasto si hanno notizie ben più precise, atte a testimoniare quanto, in quell'epoca,questa iniziativa vastese avesse contribuito all'affermazione dell'industria abruzzese, sì da ricollegarla storicamente a quella oggi esistente,come giustamente fa osservare Corrado Marciani nei suoi "Scritti di Storia"(Vol,II Carabba-Lanciano 1974).
Le fonti storiche sono attinte da Luigi Marchesani (Storia di Vasto- Napoli 1838,pag.180) e da Luigi Anelli (Ricordi di Storia Vastese-Vasto 1896 pag.98).
II primo storico accenna che "Lorenzo Del Moro tenea fabbrica di vetri nel 1696". II secondo, con più precisione, riferisce che nella strada di Santo Spirito (oggi via Aymone) erano stati iniziati il 21.3.1693, i lavori per la costruzione a Vasto di una vetreria e che "compiuta la fabbrica per ducati 50 all'anno fu affidata ad un tal Lorenzo Del Moro di Murano, che vi incominciò a lavorare il 1.1.1694.
Nei mesi di agosto-settembre si usava "levare il foco”, la cui espressione, secondo lo statuto dei lavoratori dell'arte vetraria di Murano (Mariegola),significava la sospensione stagionale, mediante corresponsione della indennità di disoccupazione,da versarsi agli operai addetti, in ragione di 10 carlini (un ducato) alla settimana.
Si consentiva, in tal modo, la restaurazione o la sostituzione dei forni, non perdendo nel contempo, la disponibilità della manodopera per la ripresa.
Una tale iniziativa venne anche favorita dal Marchese del Vasto, Don Cesare Michelangelo D’Avalos, con la concessione del locale, previo versamento di 50 ducati l'anno, cui si aggiungevano altri 60 ducati quale provento per interessi su prestito di 600 ducati che il d'Avalos aveva consentito di versare a favore di Del Moro.
Ma non solo questo motivo determinerà il sorgere dell'industria vetraria a Vasto, dove esistevano foltissimi boschi d'intorno, il cui materiale era indispensabile come combustibile. (Non solo. A Vasto stazionava una colonia numerosissima di maestri veneziani che provvedeva anche al taglio di legna per la flotta della Serenissima).
Lorenzo Del Moro, insieme al figlio Nicola, era uno degli iscritti all'albo d'oro dell'arte del vetro di Murano e, probabilmente, fu costretto a emigrare, sia per la crisi del settore a Venezia, che per la presenza a Vasto di altri membri della famiglia, stabilitisi il secolo prima. "Un Troilo Del Moro nel 1452; un Donato Del Moro che, nel 1597, nel dettare le sue ultime volontà, lascia un legato di 100 ducati a due figli di suo f ratello, Gio. Antonio, residenti a Venezia; un Realto Del Moro che, nel 1599 riveste la carica di Mastrogiurato e nel 1600, in società con G.B.Canaccio, prende in affitto la gabella della farina di Vasto, per ducati 2.535 l'anno".
LA VETRERIA DEL MORO DISTRUTTA DA UN INCENDIO NEL 1702
Lorenzo Del Moro, col figlio Nicola, dunque, iniziò la lavorazione del vetro col 1° gennaio 1694, ma dovette smettere l'undici agosto 1702, a causa di un incendio, dopo 8 anni e otto mesi di intensa
attività.
Oltre a Del Moro vi lavoravano il figlio Nicola, due altri veneziani, tal Giacomo Sugoso e figlio, quali maestri vetrai, insieme ad altri operai.
Si trovarono così nella impossibilità di rifare "tutto il corpo della detta fabbrica per essere strutta, dal fuoco,e per tale causa non puole detto Lorenzo lavorare”.
L’'incendio, infatti, fu determinante per il fallimento completo dell’industria vetraria vastese, anche se l'imprenditore fece taluni tentativi per rimetterla in sesto.
Infatti come è scritto in una testimonianza resa dai maestri Giacinto Monacelli e Giovanni Di Benedetto, raccolta dal notaio Diego Stanziani il 27.8.1702 (In Sez. Archivio di Stato – Lanciano vol.XVIII c. 68 n. 47) "Lorenzo affittatore la fece rappezzare, e si spesero ducati sei di carlini, e detta vetrera devesi rifare da nuovo dal padrone di quella, e non da esso Lorenzo affittatore, come sempre si è Costumato anche dal detto Marchese".
Peraltro, il Marchese del Vasto, Cesare Michelangelo D’Avalos, non aveva più alcuna intenzione di intervenire a favore di Del Moro che, con atto del 29 aprile 1697 per Notar Diego Domenico Stanziani (vol. XIII e,41 n.32) “per comprare il materiale per lavorare vetro...in conto dei docati 600 promessigli per aggiunto di costo di detta vetrera, e pendente lì restituzione di detti docati cento, promette di corrisponderne e pagarne per il lucro cessante e danno emergente e per ragione di interesse al detto Exc.mo Sig.re qui in Vasto,annui docati dieci alla ragione del dieci per cento cosi convenuto…”
Mancò, dunque, l’apporto di capitali, non certo la volontà imprenditoriale per mantenere in vita una tale fiorente industria - sorta con l'esempio venuto dal "nord" e nessuno, a Vasto e in Abruzzo, “seppe seguirlo”, come giustamente rileva il - e di cui oggi restano ancora dell'antica fabbrica vastese, vasi e coppe di cristallo per confermare e testimoniare la fama degli artistici lavori che vi si eseguivano.
A distanza di tempo, di secoli, la lavorazione del vetro, ora affidata alle tecnologie sofisticate e modernissime, è rinata nella zona, nella vicina San Salvo, e delle due antiche vetrerie vastesi rimangono solo un'eco lontana e un vago ricordo.
Oltre a Del Moro vi lavoravano il figlio Nicola, due altri veneziani, tal Giacomo Sugoso e figlio, quali maestri vetrai, insieme ad altri operai.
Si trovarono così nella impossibilità di rifare "tutto il corpo della detta fabbrica per essere strutta, dal fuoco,e per tale causa non puole detto Lorenzo lavorare”.
L’'incendio, infatti, fu determinante per il fallimento completo dell’industria vetraria vastese, anche se l'imprenditore fece taluni tentativi per rimetterla in sesto.
Infatti come è scritto in una testimonianza resa dai maestri Giacinto Monacelli e Giovanni Di Benedetto, raccolta dal notaio Diego Stanziani il 27.8.1702 (In Sez. Archivio di Stato – Lanciano vol.XVIII c. 68 n. 47) "Lorenzo affittatore la fece rappezzare, e si spesero ducati sei di carlini, e detta vetrera devesi rifare da nuovo dal padrone di quella, e non da esso Lorenzo affittatore, come sempre si è Costumato anche dal detto Marchese".
Peraltro, il Marchese del Vasto, Cesare Michelangelo D’Avalos, non aveva più alcuna intenzione di intervenire a favore di Del Moro che, con atto del 29 aprile 1697 per Notar Diego Domenico Stanziani (vol. XIII e,41 n.32) “per comprare il materiale per lavorare vetro...in conto dei docati 600 promessigli per aggiunto di costo di detta vetrera, e pendente lì restituzione di detti docati cento, promette di corrisponderne e pagarne per il lucro cessante e danno emergente e per ragione di interesse al detto Exc.mo Sig.re qui in Vasto,annui docati dieci alla ragione del dieci per cento cosi convenuto…”
Mancò, dunque, l’apporto di capitali, non certo la volontà imprenditoriale per mantenere in vita una tale fiorente industria - sorta con l'esempio venuto dal "nord" e nessuno, a Vasto e in Abruzzo, “seppe seguirlo”, come giustamente rileva il - e di cui oggi restano ancora dell'antica fabbrica vastese, vasi e coppe di cristallo per confermare e testimoniare la fama degli artistici lavori che vi si eseguivano.
A distanza di tempo, di secoli, la lavorazione del vetro, ora affidata alle tecnologie sofisticate e modernissime, è rinata nella zona, nella vicina San Salvo, e delle due antiche vetrerie vastesi rimangono solo un'eco lontana e un vago ricordo.
GIUSEPPE CATANIA
1 commento:
Come sempre, la storia si ripete, speriamo non debba accadere anche il finale!
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