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Come da una fonte, l’olio d’oro
E nel tempo fruttuoso delle olive
nel trappéto,
a la Stazione,
liquido e verdegiallo un oro,
ben fruttato al sentore il gusto,
scorreva,
e un dono io ne avevo accostandomi,
fanciullo di poca età e timido,
con una larga fetta di pane in mano,
lì dove da una bocchetta,
(...epifanica magia!)
fluiva, dalla pressa grondante e alta,
luminoso e ruscelloso l’olio
dell’anno nuovo.
Grossi fusti
ne colmavano i viaggiatori
discesi dalle carrozze sui binari:
“E’ gente di città, ... dell’Altitalia!”
– si commentava,
a vederli, e col carico poi andar via.
... Chëste vènne aècche ca ‘nin pàhane
mànghe lu viàjje...
(maldicenza era, o il vero)
... so’ li firruvìre!
e s’aripórtene a la case,
nghi ddù sódde,
... lu bbéndiddë!”
discesi dalle carrozze sui binari:
“E’ gente di città, ... dell’Altitalia!”
– si commentava,
a vederli, e col carico poi andar via.
... Chëste vènne aècche ca ‘nin pàhane
mànghe lu viàjje...
(maldicenza era, o il vero)
... so’ li firruvìre!
e s’aripórtene a la case,
nghi ddù sódde,
... lu bbéndiddë!”
E noi - quelli che di maggio ponevano
in latte,
testa e coda alterne,
sarde e alici,
con grosso sale e un dosato peso -
rimesso l’olio,
le residuali inolite drupe,
invaiate e brune,
addolcivamo con acqua e sale, per averne
companatico minimo,
ma di gusto tanto,
nei mesi dell’inverno
e per quelli appresso.
Giuseppe F. Pollutri
(da “Vasto, aLa Stazione ”
– inedito, 2013)
in latte,
testa e coda alterne,
sarde e alici,
con grosso sale e un dosato peso -
rimesso l’olio,
le residuali inolite drupe,
invaiate e brune,
addolcivamo con acqua e sale, per averne
companatico minimo,
ma di gusto tanto,
nei mesi dell’inverno
e per quelli appresso.
Giuseppe F. Pollutri
(da “Vasto, a
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