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Luigi Godi, tipografo |
La tipografia Histonium di
Vasto compie 50 anni. Sorta nel 1963, agli albori della industrializzazione, è
andata avanti fino ad oggi grazie all’opera dei suoi dipendenti, Luigi Godi in
primis amministratore dal 1978 della società
creata dopo la morte del primo proprietario.
Con lui proviamo a
ricostruire la storia di questi 50 anni di attività.
“Io sono arrivato nel 1965 - dice Godi – due anni dopo l’avvio dello
stabilimento tipografico. Avevo già
maturato esperienze nelle Marche, mia regione di origine, e a Milano. All’inizio eravamo 6 dipendenti ed io ero il capo operaio”.
maturato esperienze nelle Marche, mia regione di origine, e a Milano. All’inizio eravamo 6 dipendenti ed io ero il capo operaio”.
1963 AVVIO DELLA TIPOGRAFIA HISTONIUM. Lo “stabilimento
tipografico” fu avviato nel 1963 da Carlo Marinucci, nipote di Carlo Della
Penna, anche lui emigrato in Argentina e inserito nel settore tipografico-cartotecnico.
Ma non vivendo a Vasto, Marinucci affidò la gestione ai nipoti Giovanni e
Pietrangelo Centorami, figli della sorella.
Quando nel 1978 Marinucci
morì, lasciò la tipografia agli eredi: metà della proprietà ai nipoti
Centorami, l’altra metà al fratello Filippo Marinucci, i quali alla fine
decisero di vendere l’attività ai dipendenti storici.
Fu così che Luigi Godi,
Michele Cicchini, Michele De Filippis e Licinio Valentini costituirono la
società con amministratore Godi e
acquistarono la
Tipografia Histonium. Dal 1978 ad oggi man mano che i soci
sono andati in pensione hanno ceduto le quote ai restanti soci, fino ad
arrivare ad oggi, in cui è rimasto solo Luigi Godi, con il figlio Gianmatteo
che gestisce l’attività.
TANTO LAVORO PER SIV, MARELLI E ALTRI ENTI. “All’inizio, la nobile finalità dell’iniziativa
era quella di poter realizzare e stampare a Vasto un giornale per gli abruzzesi
nel mondo”, ricorda Godi. Poi invece le grandi opportunità offerte dal mercato
locale hanno orientato l’attività verso la modulistica e la depliantistica dei
grandi colossi industriali SIV e Marelli, ma anche Di Fonzo, Cerella, Ferrovie,
Comuni, ecc con un giro d’affari abbastanza interessante. Anche perché
all’epoca a Vasto non c’erano tipografie moderne. Esistevano solo l’Arte della
Stampa (ubicata nel palazzo bombardato durante la guerra in corso Nuova Italia)
e la tipografia Fiore. Nemmeno nel comprensorio del Vastese c’erano altre
tipografie. L’Histonium comunque, oltre
al materiale per le grosse ditte, stampò
anche molti giornali (Vasto Domani per oltre 30 anni, giornali locali e
aziendali ecc. ) e parecchi libri, tra cui Anelli, Pantini, Perrozzi,
Pietrocola, Premio Vasto e tant’altro ancora. “Questi erano i lavori più
grandi, ma poi c’era un via vai quotidiano di clienti privati per tutte le
esigenze di stampa”, aggiunge Godi. “Per esempio non so quante migliaia di
coppie si sono sposate con le partecipazioni di nozze stampate da noi!”.
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Tipografia Histonium anni '60, Luigi Godi al lavoro |
“Un altro periodo
particolare era quello delle votazioni in cui il lavoro diventava frenetico: la
tipografia tutti i giorni era piena di politici e più di una volta diveniva
sede di accesi dibattiti tra i rappresentanti dei diversi partiti. Anche in
questo caso non so in 50 anni quanti milioni di copie abbiamo stampato tra
santini, facsimili, e manifesti! Tutto questo lavoro in un periodo, almeno
quello iniziale, in cui non c’era la tecnologia di oggi e quindi si lavorava veramente
in modo molto artigianale!”.
L’ARTE TIPOGRAFICA, 50 ANNI FA. “E’ difficile spiegare ai giovani cresciuti
nell’era di Internet come si stampava fino a qualche decennio fa”, dice Luigi
Godi. “La stampa fu inventata da Gutemberg oltre 5 secoli fa, ma fino agli anni
’60-’70 i procedimenti sono stati sempre
quelli, tutti di tipo artigianale: la
composizione con i “caratteri mobili” (nel periodo successivo con la linotype)
, poi la stampa con macchine più o meno automatizzate, infine l’allestimento,
vale a dire la piegatura dei fogli e in caso la legatura”.
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Cassa con i caratteri mobili |
Ogni cassa aveva scomparti dove c’erano le
varie lettere dell’alfabeto, punteggiatura, distanziatori ecc. Il compositore
prelevava un carattere alla volta e lo allineava sul compositoio (una sbarretta
di metallo con sezione ad L) e componeva
le parole dell’intera riga, sempre al rovescio, per avere il dritto in fase di
stampa. La riga poi veniva trasferita su un piano a bordi rialzati chiamato
“vantaggio”, su un telaio, fino all’ultimazione della pagina. Se era un
manifestino le varie righe venivano composte con caratteri di diversi corpi, a
seconda del rilievo che si voleva dare al testo, fino ai caratteri grandi del
titolo. A composizione ultimata, si
stringeva tutto, si legava e si procedeva alla tiratura della bozza. “Vorrei
solo aggiungere che l’operazione di prelievo delle lettere dagli scomparti per la composizione era
velocissima”, aggiunge Luigi Godi. “Veloce tanto quanto una brava dattilografa
sulla macchina da scrivere!”
LA "COMPOSIZIONE" CON LA LINOTYPE. “Il lavoro era un po’ più facile se si faceva con
la linotype (dall’inglese “line of
type” riga di composizione ndr), una macchina ritenuta moderna per gli anni ’50-’60. In questo caso, invece di comporre il testo lettera per lettera, si
aveva la possibilità di comporre automaticamente un’intera riga. Era l’ideale
per fare giornali e libri!”
Chiediamo a Godi di farci capire
come funzionava.
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LINOTYPE (foto di repertorio) |
DOPO LA “COMPOSIZIONE”, LA FASE DI STAMPA. Dopo la composizione”
c’erano le altre due fasi importanti del processo: la “stampa”
e l’allestimento, vale a dire
piegatura dei fogli e se necessario rilegatura in volume.
Con Luigi Godi parliamo
almeno di come avveniva l’importante e delicata fase della “stampa”. “Nelle
macchine piane – spiega il titolare dell’Histonium - la forma con la pagina
composta veniva (e viene) posizionata sulla macchina. Un meccanismo vi fa
passare sopra un rullo inchiostratore e poi arriva il foglio da stampare, che
prima viene pressato sulla forma e poi espulso”.
Ma da oltre un decennio si
è andati su una tecnologia ancor più avanzata. Oggi tutti i suddetti passaggi non ci sono più
perché la tecnologia dà la possibilità di impaginare tutto su computer
e poi di avere direttamente la pellicola per l’offset.
La stampa litografica è diversa da quella tradizionale. Dalla
pellicola si incide una lastra di zinco
che poi si monta su un cilindro. La parte incisa della lastra prende
inchiostro e trasferisce parti scritte e immagini su un cilindro rivestito di
caucciù. La stampa avviene facendo passare il foglio su tale cilindro”. Recentemente è stata
introdotta una macchina che incide direttamente le lastre di zinco (CTP
computer to plate) velocizzando ulteriormente il procedimento.
“ELIMINAZIONE DEL CARTACEO”, TIPOGRAFIE IN CRISI.“Due cose hanno mandato in crisi il lavoro della
tipografia tradizionale: la tecnologia e l’informatica”, dice Luigi Godi. “La tecnologia perché oggi le macchine fanno
tutto però richiedono investimenti notevoli giustificabili solo con un volume
di affari molto alto. L’informatica, poi, da un lato ha dato la possibilità di
collegare stampanti per realizzare materiale direttamente in ditta o a casa; dall’altro l’eliminazione del
cartaceo, che ha ridotto all’osso la stampa di tutta la modulistica aziendale.
In passato abbiamo stampato milioni di fatture, buste, moduli di tutti i tipi. Ora
gli archivi sono elettronici.”
LUIGI GODI: "CONTENTO DI AVER FATTO QUESTO MESTIERE". “Credo che il destino dei tipografi segue quello
di tutti gli altri maestri artigiani. Il mercato è totalmente cambiato e le
nuove tecnologie hanno rivoluzionato il nostro lavoro”, conclude Godi. “E’
quasi impossibile raccontare ai giovani quanto tempo e quanta maestria ci
voleva per stampare un giornale o un
libro! Nessuno ti crede. Ma io sono contento di aver fatto questo mestiere!”
NICOLA D’ADAMO
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