giovedì 6 dicembre 2012

Vasto anni '70: una prestigiosa ENOTECA REGIONALE nei sotterranei di Palazzo d'Avalos

Forse non tutti sanno che Palazzo d’Avalos, oltre al Museo Archeologico, alla Pinacoteca ed al Museo del Costume, per alcuni anni è stato anche sede dell’Enoteca regionale.
Enoteca Regionale nei sotterranei di Palazzo d'Avalos
Dobbiamo fare un passo indietro di circa trentacinque anni, quando nel giugno del 1977 la Giunta Municipale, presieduta dal sindaco Nicola Notaro, deliberò l’istituzione di un’enoteca regionale, nei sotterranei di Palazzo d’Avalos. Una location decisamente suggestiva, con le imponenti volte a crociera
che avrebbero fatto da cornice alla produzione vinicola locale e regionale.
Sulla pubblicazione curata dal Comune di Vasto, in occasione delle “Giornate agricole del comprensorio vastese” del settembre 1979, possiamo trovare notizie molto interessanti, che ci aiuteranno a capire meglio l’iniziativa fortemente voluta dai nostri amministratori del tempo.
Per l’enologia abruzzese una enoteca d’avanguardia”, questo il titolo significativo che introduce all’articolo. Innanzitutto la suggestiva location: “Una cornice indubbiamente ideale”, spiegava l’allora assessore all’agricoltura Antonio Prospero, “in una località di grande richiamo turistico per la grossa attrazione che il nostro centro adriatico esercita su tutte le correnti on solo nazionale ma soprattutto straniere che provengono dal Nord Europa. Infatti, la sua collocazione lungo l’autostrada adriatica ne fa senza dubbio un’eccezionale centro promozionale i cui benefici effetti, sul piano pubblicitario e commerciale, andranno a vantaggio di tutti i produttori singoli e associati”.
L’enoteca permanente nacque come strumento promozionale di grande efficacia sia sul piano pubblicitario che commerciale, poiché la sua posizione strategica, in una località di grande richiamo turistico come Vasto, avrebbe svolto un ruolo di grande attrazione su tutte le correnti provenienti dal Nord Italia e Europa. Inoltre, l’enoteca nacque per sponsorizzare e far conoscere meglio i nostri vini, in particolare il Montepulciano d’Abruzzo, in quanto poco conosciuti e poco acquistati soprattutto per la conservazione in cantina. Da qui l’idea di avvicinare il consumatore “moderno”, attraverso informazioni conoscitive. “Il fine dell’Enoteca”, spiegava Nicola Suriani, allora presidente della Cantina Sociale S. Michele Arcangelo, “non è soltanto la vendita ed il contatto tra le ditte selezionate e il grosso pubblico, ma direi che possiede anche, anzi soprattutto, un fine culturale e di prestigio. Deve essere insomma la vetrina d’elite della produzione vinicola abruzzese e così servirà a sfatare finalmente la nomea che ha relegato i nostri vini in posizione di inferiorità”.
Per l’esame e la selezione dei vini DOC, accuratamente collocali sugli scaffali del d’Avalos, venne chiamato Carmine Festa, nella duplice veste di enotecnico e Presidente regionale dell’O.N.A.V. (Ordine Nazionale Assaggiatori Vini). “Un compito estremamente impegnativo”, si leggeva nell’articolo, “non solo per quanto riguarda i contatti da allacciare con i Comuni, gli enti ed i produttori vinicoli, per curare le operazioni di raccolta dei campioni, per formare le commissioni di assaggio, ma soprattutto un arduo compito sul piano del confronto tecnico e mercantile che si verrà a sviluppare tra la nostra produzione e l’enologia nazionale. Si, perché l’Enoteca permanente di Vasto, sarà provvista anche di due sezioni specializzate: una per i vini nazionali bianchi e una per quelli nazionali da dessert”.
Nel programma pluriennale di investimenti 1979-1982, venne prevista una spesa di ben 50 milioni di lire, ma la tanto osannata Enoteca ebbe vita molto breve. Dopo circa un paio d’anni venne chiusa a causa di problemi strutturali all’edificio, in particolare sul lato orientale di Palazzo d’Avalos. In seguito ad altri lavori, eseguiti negli anni successivi, le oltre diecimila bottiglie di vino vennero trasferite ai piani superiori e, come era facile prevedere, andarono tutte in rovina.

Lino Spadaccini

1 commento:

maria ha detto...

E pensare che già da quando avevo 7/8 anni, sapevo che se non si avevano cantine abbastanza fresche, con temperatura costante con l'opportunità di tenere le eventuali bottiglie, poi, possibilmente in posizione sdraiata, il vino, era meglio farlo cotto, altrimenti, si sarebbe rovinato subito...
Il resto del vino non cotto, una volta fermentato, doveva essere consumato quasi nell'immediato...
Ricordo i vari discorsi che da bimba, quando già in Abruzzo, sentivo fare da mio padre e da altri, dove in famiglia, si andava a raccogliere l'uva e poi a pigiarla con quelle macchine manuali... Mi sono persa, per situazioni anagrafiche, la pigiatura direttamente coi piedi... pazienza. :))
E poi, si parla solo di "oggi" degli sprechi di denaro pubblico...
Insomma, questa "a vocazione turistica" è sempre stata portata avanti ma mai sul serio e con le dovute precauzioni dell'uso.