Enoteca Regionale nei sotterranei di Palazzo d'Avalos |
Dobbiamo fare un
passo indietro di circa trentacinque anni, quando nel giugno del 1977 la Giunta
Municipale, presieduta dal sindaco Nicola Notaro, deliberò l’istituzione di
un’enoteca regionale, nei sotterranei di Palazzo d’Avalos. Una location
decisamente suggestiva, con le imponenti volte a crociera
che avrebbero fatto da cornice alla produzione vinicola locale e regionale.
che avrebbero fatto da cornice alla produzione vinicola locale e regionale.
Sulla
pubblicazione curata dal Comune di Vasto, in occasione delle “Giornate agricole del comprensorio vastese”
del settembre 1979, possiamo trovare notizie molto interessanti, che ci
aiuteranno a capire meglio l’iniziativa fortemente voluta dai nostri
amministratori del tempo.
“Per l’enologia abruzzese una enoteca
d’avanguardia”, questo il titolo significativo che introduce all’articolo.
Innanzitutto la suggestiva location: “Una
cornice indubbiamente ideale”, spiegava l’allora assessore all’agricoltura
Antonio Prospero, “in una località di
grande richiamo turistico per la grossa attrazione che il nostro centro
adriatico esercita su tutte le correnti on solo nazionale ma soprattutto
straniere che provengono dal Nord Europa. Infatti, la sua collocazione lungo
l’autostrada adriatica ne fa senza dubbio un’eccezionale centro promozionale i
cui benefici effetti, sul piano pubblicitario e commerciale, andranno a
vantaggio di tutti i produttori singoli e associati”.
L’enoteca
permanente nacque come strumento promozionale di grande efficacia sia sul piano
pubblicitario che commerciale, poiché la sua posizione strategica, in una
località di grande richiamo turistico come Vasto, avrebbe svolto un ruolo di
grande attrazione su tutte le correnti provenienti dal Nord Italia e Europa.
Inoltre, l’enoteca nacque per sponsorizzare e far conoscere meglio i nostri
vini, in particolare il Montepulciano d’Abruzzo, in quanto poco conosciuti e
poco acquistati soprattutto per la conservazione in cantina. Da qui l’idea di
avvicinare il consumatore “moderno”, attraverso informazioni conoscitive. “Il fine dell’Enoteca”, spiegava Nicola
Suriani, allora presidente della Cantina Sociale S. Michele Arcangelo, “non è soltanto la vendita ed il contatto tra
le ditte selezionate e il grosso pubblico, ma direi che possiede anche, anzi
soprattutto, un fine culturale e di prestigio. Deve essere insomma la vetrina
d’elite della produzione vinicola abruzzese e così servirà a sfatare finalmente
la nomea che ha relegato i nostri vini in posizione di inferiorità”.
Per l’esame e la
selezione dei vini DOC, accuratamente collocali sugli scaffali del d’Avalos,
venne chiamato Carmine Festa, nella duplice veste di enotecnico e Presidente
regionale dell’O.N.A.V. (Ordine Nazionale Assaggiatori Vini). “Un compito estremamente impegnativo”, si
leggeva nell’articolo, “non solo per
quanto riguarda i contatti da allacciare con i Comuni, gli enti ed i produttori
vinicoli, per curare le operazioni di raccolta dei campioni, per formare le
commissioni di assaggio, ma soprattutto un arduo compito sul piano del
confronto tecnico e mercantile che si verrà a sviluppare tra la nostra
produzione e l’enologia nazionale. Si, perché l’Enoteca permanente di Vasto,
sarà provvista anche di due sezioni specializzate: una per i vini nazionali
bianchi e una per quelli nazionali da dessert”.
Nel programma
pluriennale di investimenti 1979-1982, venne prevista una spesa di ben 50
milioni di lire, ma la tanto osannata Enoteca ebbe vita
molto breve. Dopo circa un paio d’anni venne chiusa a causa di problemi
strutturali all’edificio, in particolare sul lato orientale di Palazzo
d’Avalos. In seguito ad altri lavori, eseguiti negli anni successivi, le oltre
diecimila bottiglie di vino vennero trasferite ai piani superiori e, come era
facile prevedere, andarono tutte in rovina.
Lino Spadaccini
1 commento:
E pensare che già da quando avevo 7/8 anni, sapevo che se non si avevano cantine abbastanza fresche, con temperatura costante con l'opportunità di tenere le eventuali bottiglie, poi, possibilmente in posizione sdraiata, il vino, era meglio farlo cotto, altrimenti, si sarebbe rovinato subito...
Il resto del vino non cotto, una volta fermentato, doveva essere consumato quasi nell'immediato...
Ricordo i vari discorsi che da bimba, quando già in Abruzzo, sentivo fare da mio padre e da altri, dove in famiglia, si andava a raccogliere l'uva e poi a pigiarla con quelle macchine manuali... Mi sono persa, per situazioni anagrafiche, la pigiatura direttamente coi piedi... pazienza. :))
E poi, si parla solo di "oggi" degli sprechi di denaro pubblico...
Insomma, questa "a vocazione turistica" è sempre stata portata avanti ma mai sul serio e con le dovute precauzioni dell'uso.
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