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Lettera di Monterisi alla
Congregazione Concistoriale nella quale porta a conoscenza del card. De Lai i
motivi che lo inducono ad agire in giudizio contro il Comune di Vasto per
riottenere i locali del Palazzo arcivescovile, della Curia e del Seminario, e
le spese preventivate per affrontare la causa.
Chieti, settembre 1927
Eminentissimo Principe,
credo che in giudizio di
primo grado, anche se mi sia sfavorevole – il che dovrebbe essere assurdo – me
la posso cavare con una spesa tra le 5 e le 6 mila lire. Ma mi converrebbe
affrontare la spesa, anche se il risultato fosse sfavorevole perché si verrebbe
a chiarire finalmente tutta la posizione, e a liberare la mensa arcivescovile
di Chieti da fastidi e oneri fiscali abituali d’altro genere.
Fin dal 1857 quando, in
esecuzione della Bolla del 1853, il Municipio donò con pubblico istrumento
l’edificio in parola all’arcivescovo ad uso di Palazzo vescovile, Curia e
Seminario, tutto lo stabile fu intestato al catasto alla mensa arcivescovile di
Chieti e così resta tuttora. Questa falsa posizione di cose produce
continuamente danni e fastidi alla mensa di Chieti alla prese col fisco. Per
dirne una: io dovetti pagare la tassa di successione anche sulla parte che
dovrebbe essere seminario e intestata all’Ente Seminario di Vasto e che
viceversa è occupata gratuitamente dal Municipio. La prima questione che io
ebbi col Municipio fu la rivalsa della quota rispondente
alla parte da esso occupata. E tutti gli altri pesi fiscali li sostiene li
sostiene la mensa e poi per due terzi se li rifà dal Municipio. Intanto
comparendo la mensa di Chieti proprietaria d’uno stabile che non è tutto suo,
né cava o può ricavare alcun frutto, tutte la volte che si fanno nuovi
accertamenti viene fuori la medesima difficoltà di far riconoscere diversa
dalla posizione legale la posizione di fatto dagli agenti fiscali. E
ultimamente sorse la medesima difficoltà nella determinazione del supplemento
di congrua. Si finisca una buona volta se lo stabile è del Municipio, s’intesti
al Municipio e si liberi la mensa; se invece una sentenza l’attribuisca al
Seminario si fa finalmente la voltura catastale all’Ente Seminario e le cose
prendono ciascuno il posto suo. Finora si temeva di fare la voltura al
Seminario per non incorrere forse nella tassa del 30%, che fu applicata dalle
leggi eversive su tutto l’asse ecclesiastico. Oggi è pacifico che la tassa fu
imposta sulla dote dei seminari non sullo stesso edificio adibito a residenza
dell’Ente. Insomma sono guai che ci trasciniamo dall’origine della diocesi
avvenuta in tempi turbolenti e che giova una buona volta curare sia pure con
sacrificio pecuniario attuale, ma con vantaggio stabile e perpetuo.
Inoltre il Municipio
occupa non solo la parte che dovrebbe essere Seminario, ma parecchi vani i
quali per se sarebbero della Casa vescovile. Non conviene fare un giudizio solo
per questi, anche perché, distinguendo, implicitamente si riconosce qualche
diritto all’avversario sul resto. Occorre affrontare il problema in pieno e
come risultato minimo si avrebbe almeno la restituzione di questi vani. Si noti che la diocesi di Vasto non ha
mensa vescovile e codesti oneri gravano ingiustamente sulla mensa di Chieti.
2 commenti:
In quel portone con la saracinesca c´éra la Cartolibreria Raspa dove ho collaborato alcuni anni cuando ero adolescente
Ho un vago ricordo: tu e Roberto sapevate rilegare i libri, vero?
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