giovedì 17 febbraio 2011

Personagggi: le due "imprese" di Giuseppe Antonio Canaccio

A distanza di qualche giorno, torniamo a parlare di un personaggio vastese vissuto nel ‘500, il letterato Giuseppe Antonio Canaccio (o Canacci), famoso per aver ideato due “imprese”.
Un riferimento importante nella vita del Canaccio è stata l’amicizia con il noto letterato del tempo Girolamo Ruscelli. Al nostro concittadino il letterato viterbese affidò le bozze da correggere di un suo lavoro in attesa di essere stampato. “Questi mesi a dietro”, scrisse il Ruscelli, “mentre questo libro si veniva stampando, io havendomene fatti dar quei fogli che eran fatti, gli mandai al Vasto al Dottor Canaceo perché vedesse di farli capitare in mano al Signor Rinaldo, che allora si trovava in Regno e gli facesse intendere che li rivedesse per riconoscervi gli errori più importanti che le stampe vi havesser fatti, per notarne poi la correttione nel fine”.


Oltre ai commenti favorevoli riportati in varie pubblicazioni, il Ruscelli inserì e commentò nel suo “Le Imprese illustri del S. Ieronimo Ruscelli” (1566) due “imprese” inviategli dal letterato vastese, il Leone imbrigliato e il Monte Etna.
Le imprese sono delle figure allegoriche accompagnate da un motto. Interessante è anche la libera interpretazione che ne viene data dai vari studiosi, in quanto ognuno attribuisce il suo significato.
La prima impresa del Canaccio rappresenta un leone col freno alla bocca ed una mano che ne tiene le redini, con il motto DIES ET INGENIVM, tratto dalla quarta Elegia del primo libro di Catullo. Il significato che se ne ricava riguarda la sfera amorosa, in pratica ammonisce la donna, ch’egli spera col tempo e con l’ingegno di costringerla ad amarlo, mentre in senso morale è di avvertimento verso gli altri che egli si sente in grado di dominare col tempo e con lo studio le difficoltà. Il Ruscelli, a conclusione della spiegazione del motto, scrive: “Ma essendo l’Autor di questa Impresa, Dottor di Leggi, & huomo di molto valore, tutto impiegato in maneggi onorati, & avendo mostrato sempre molta vivacità d’ingegno, & molti lumi d’altezza d’animo, potrebbe forse più convenevolmente dirsi, che s’avesse fabricata questa Impresa, ben con intentione, che esteriormente possa valerli in soggetto amoroso con la sua Donna, ò con chi altri gli sia in grado, ma anche poi più adentro possa servirli in generale ad augurarsi, & ancor promettere a se & ad altri, che, sì come col tempo, & con l’ingegno, un animo risoluto, può & sa condurre a fine sì faticosa, & pericolosa impresa di domare & frenare un’animale sì fecore, & spaventevole, com’è il Leone, così egli speri con la molta & continua diligenza & operation sua, di condurre a fine ogni suo degno & onorato pensiero in qual si voglia gran cosa, per difficilissima, & quasi impossibile, che ella fosse”.
La seconda impresa del Canaccio raffigura il Monte Etna pieno di fiamme ardenti con il motto EGO SEMPER. Il Ruscelli ipotizza la sua realizzazione fatta in gioventù, sia per la presenza del fuoco che per il testo del motto, in quanto è chiaro il riferimento al corpo e alla passione che arde. “Onde l’Impresa ne vien certamente ad esser bellissima”, scrive il Ruscelli, “Oltre che potrebbe ancor misteriosamente prendersi in sogetto morale, ò spirituale, prendendo il fuoco, ò l’ardere per la virtù, & per la gratia di Dio”.
Lo storico vastese de Benedictis, nelle sue memorie storiche, cita e assicura l’esistenza di un’altra impresa realizzata dal Canaccio, “ov’è il tempio di Giunone Lucina”, riferita ad Alfonso d’Avalos, ma questa non viene riportata dal Ruscelli nella sua raccolta e, ad oggi, non se ne ha traccia.
Per chi volesse approfondire l’argomento, il link vi porterà direttamente sulle pagine dove sono presenti le imprese del Canaccio

Lino Spadaccini

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