mercoledì 9 giugno 2021

Nel 1960 anni fa venivano abbattute quelle casupole che deturpavano il Castello

Il 15 aprile 1960, il Consiglio Comunale approvava il progetto di restauro del Castello Caldoresco con l’abbattimento delle casette costruite a ridosso della facciata. 
Se fosse stato ancora vivo, il primo a gioire sarebbe stato senz’altro lo storico vastese Luigi Anelli, che per anni si è battuto contro le deturpazioni effettuate  sullo storico monumento, patrimonio di tutti i vastesi, tanto che nel luglio del 1923, si dimise dall’incarico di R.Ispettore per gli Scavi ed i Monumenti del Circondario del Vasto. 

Nella lettera di dimissioni, lo storico vastese ricordava il testo di una precedente lettera inviata alla Soprintendenza nella quale denunciava la costruzione abusiva nel cortile del Castello, effettuata dal proprietario Filoteo Palmieri, di un corpo di fabbrica dell’altezza di m. 8.80, della larghezza di m. 4.40 e della lunghezza di m. 16,50, e la risposta della Soprintendenza che lodava l’iniziativa dell’Anelli e intimava la sospensione dei lavori per l’elevazione all’interno del Castello in quanto “altera in cattivo modo le primitive linee architettoniche dell’edificio”. 
Una vittoria breve, seguita da un’amara beffa, perché subito dopo giungeva l’autorizzazione del Ministero dell’Istruzione, con la sola disposizione di ridurre l’altezza del corpo di fabbrica da m.8,80 a 8,20. 

Soli 60 centimetri inaccettabili per Luigi Anelli perché tale costruzione moderna “elevandosi per più di tre metri sul piano dei baluardi, copre parte della bellissima torre sud dalla ben conservata e fitta merlatura guelfa… e deturpa maggiormente il Castello, che è esempio notevolissimo dell’antica nostra arte militare. 

E perché se dal 1816 al 1909”, proseguiva l’Anelli, “i signori Palmieri potettero impunemente abbattere dalle fondamenta l’intero lato meridionale del Castello e addossare delle indecenti bottegucce agli altri tre lati, tali distruzioni e tali aggiunte non dovrebbero più esser loro consentite”. 

Nel novembre del 1930 Luigi Anelli tornava alla carica evidenziando attraverso le pagine del suo giornale, Il Vastese d’Oltre Oceano, un’altra deturpazione ai danni del Castello: “I proprietari nel nostro Castello medievale, forti della impunità che hanno sempre goduto… hanno assoggettato quel notevolissimo esempio dell’antica nostra arte militare, continuano ancora… a deturpare sempre più il bel monumento che Guglielmo da Scillata ricostruì nel XIII secolo sulla rocca del Guasto di Aimone e Cesare Michelangelo D’Avalos finì di restaurare il 7 ottobre 1713. Chi oggi si trova a passare per il largo dei Barbacani”, prosegue lo storico vastese”, vede che una delle torri del Castello… è stata in questi giorni per metà sporcata con una tinta color cemento di gradevolissimo effetto, perché non intonata a quella che i secoli hanno dato al vetusto edificio”, e senza le dovute autorizzazioni. 

Non si fece attendere la nota della Soprintendenza, con la richiesta rivolta al Podestà di Vasto, Pietro Suriani, di invitare il proprietario del Castello Filoteo Palmieri “a togliere la nuova tinta data a quell’edificio e propriamente alla torre che guarda a nord, ridonando così ad essa la vecchia patina come quella che i secoli hanno dato all’interno vetusto edificio”.

 Nello stesso anno, lo stesso Pietro Suriani acquistò l’intero edificio e compì un piccolo passo per un primo restauro della fortezza, demolendo la cosiddetta “Ferrerìa”, una casupola bassa che ospitava diverse officine addossate al lato est dell’edificio. 

Ma dobbiamo aspettare altri trenta anni prima che si arrivi all’abbattimento delle botteghe davanti il castello e la realizzazione del fossato, così come lo vediamo oggi. 

Lino Spadaccini

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