Parco eolico offshore: pareri
discordi, interrogazione alla Commissione Europea
Si è tornato a parlare in questi giorni del mega “Parco eolico offshore Medio Adriatico” che la Np Francavilla Wind di Milano vuole realizzare a 25 chilometri dalla costa di fronte a Punta Penna.
L’ultima notizia del parco a mare aperto in acque
internazionali è di venerdì 24 marzo 2023 quando si è appreso che la procedura
per l’autorizzazione è stata “temporaneamente ” sospesa per dare la possibilità
alla società proponente di integrare ulteriori documenti richiesti dall'Ente
Nazionale per l'Aviazione Civile, Ministero per le Imprese e Comune di Ortona.
In particolate l’Aviazione Civile vuole vederci chiaro
prima di predisporre il parere richiesto sui “potenziali ostacoli/pericoli per
la navigazione aerea”, nell'ambito della conferenza di servizi decisoria
fissata dalla Capitaneria di Porto di Ortona.
Il dibattito a Vasto e dintorni si è di nuovo riacceso
e verte su alcune criticità che sono già venute fuori nei precedenti incontri
in Comune.
Ma bisogna sottolineare che il quadro di riferimento è
l’indipendenza energetica del Paese venuta alla luce prepotentemente con la
crisi ucraina; assieme alla necessità di ridurre il surriscaldamento del
pianeta.
In questo quadro vanno riportate pur giuste critiche
per “vederci chiaro” su questo grande investimento, che prevede 54 alte pale
eoliche galleggianti con una potenza di 800 megawatt. E’ giusta la preoccupazione che riguarda
l’impatto visivo, con queste torri gigantesche proprio di fronte alla
gettonatissima Riserva di Punta Aderci e i suoi riflessi sul turismo; giuste le
preoccupazioni per il paesaggio e la fauna; e per l’interferenza con l’attività
di pesca, datosi che la vasta area del parco eolico dovrebbe esser interdetta
alla navigazione.
Senza introdurci nei problemi delle concessioni
demaniali che è materia tecnica, vogliamo solo osservare che un’altra parte
della pubblica opinione è d’accordo per la collocazione a mare aperto, essendo
quella che dà meno fastidio alla popolazione locale e che offre anche il
vantaggio di non consumare porzioni di territorio in terraferma. A fronte di un
sacrificio minimo si ottengono buoni risultati perché si utilizzano zone libere
dove il vento dove soffia più forte e assicura una buona produzione di energia
elettrica pulita e rinnovabile.
Negli ultimi mesi è stato più volte messo in rilievo
che “al momento soltanto il 35% dell’elettricità nazionale è prodotta da fonti
rinnovabili” e che “l’Italia si è posta un ambizioso obiettivo legato alla
transizione energetica: arrivare all’84% di energia elettrica proveniente dalle
rinnovabili entro il 2030”.
Per raggiungere questo obiettivo, secondo accurati
studi, saranno investiti 360 miliardi di euro, che daranno la possibilità di
creare migliaia posti di lavoro.
Ma le rinnovabili (fotovoltaico e eolico) sono “fonti
intermittenti”, nel senso che producono energia solo se c’è sole o vento.
Quindi bisogna anche dire le centrali tradizionali termoelettriche non potranno
scomparire del tutto e devono stare lì in allerta per entrare in funzione la
momento del bisogno per assicurare fornitura costante di energia al Paese.
Questo è il lavoro che svolge la Terna che gestisce la
rete elettrica nazionale.
Ed a proposito di Terna c’è da registrare che lo
scorso 14 febbraio la società ha stretto accordi con le associazioni
ambientaliste (Greenpeace Italia, Legambiente, WWF Italia), che “consentiranno
di avviare un confronto sugli scenari energetici futuri e sulle innovazioni
tecnologiche delle reti elettriche per il sostegno alle fonti di energia
rinnovabile, sulla base degli obiettivi fissati dai pacchetti legislativi
europei e delle direttive nazionali contenute nel PNIEC e nel PNRR. Inoltre,
serviranno a porre l’attenzione sull’integrazione, nella pianificazione
territoriale, delle altre risorse necessarie per la transizione energetica,
ovvero sistemi di accumulo e fonti di energia sostenibile, in particolare gli
impianti eolici offshore”.
Addirittura Legambiente sul suo sito apre con questo
titolo: “Eolico off-shore. Il panorama non cambia. Il futuro sì”, a cui segue il
sottotitolo: “Un nuovo viaggio di Legambiente lungo le coste italiane per
smontare le fake news sull’eolico off-shore, coinvolgere e sensibilizzare le
comunità coinvolte dai nuovi progetti e promuovere l’uscita dalle fonti fossili
per fermare la crisi climatica”.
Ma chi non è d’accordo sul “Parco eolico offshore Medio
Adriatico” al largo di Punta Penna ha fatto giungere la sua voce fino a Bruxelles
al Parlamento Europeo.
Lo scorso 12 febbraio la parlamentare europea Rosa
D'Amato (Verts/ALE) ha presentato alla Commissione una “Interrogazione con
richiesta di risposta scritta (E-000445/2023)” sul Parco eolico offshore nel
Medio Adriatico. Dopo la descrizione tecnica del progetto la parlamentare fa
presente che “Il parco eolico dovrebbe sorgere in prossimità della riserva di
Punta Aderci, individuata come SIC IT7140108 ai sensi della direttiva
92/43/CEE, all'interno della quale nidifica il Charadrius alexandrinus (fratino
ndr), insieme ad altre specie tutelate e presenti nell'allegato I della
direttiva 2009/147/CE[2]”. E pone alla Commissione i seguenti quesiti :
1.Ritiene che il progetto, se realizzato, possa comportare un deterioramento
dell'habitat per il Charadrius alexandrinus, come specificato dal paragrafo 4
dell'articolo 4 della direttiva 2009/147/CE ? 2. Ritiene che il progetto debba
essere oggetto di VINCA ai sensi dell'articolo 6 della direttiva 92/43/CEE ?
Da come si vede l’iter sarà molto lungo, con esiti non
proprio scontati. Ne discuteremo ancora per molto.
Nicola D’Adamo
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