RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
IL TOUR DELLA LEGALITA’ DELL’ISTITUTO
TECNICO “Filippo Palizzi” per fare memoria dei 30 anni della strage di Capaci e
Via D’Amelio.
Il 26 aprile è iniziato, per noi alunni
delle classi quarte e quinte dell’ I.T.S.E.T. “F. Palizzi” “il viaggio nella
legalità”. Palermo ci ha accolti tra i suoi sapori, i suoi profumi, i suoi
colori e la sua arte. La città si é mostrata nella sua splendida unicità: il
mercato di Ballarò, i Quattro Canti, la magnifica Cattedrale, Palazzo dei
Normanni, Monreale … per poi svelarci lentamente anche la vulnerabilità di una
comunità bagnata dal sangue delle stragi, dove il “no” rappresenta la
resistenza alla mafia che ha lacerato una città, una regione, una nazione.
Visitando la Cattedrale di Palermo, ci siamo soffermati sulla tomba di Don Puglisi, prima vittima di
mafia riconosciuta come martire dalla Chiesa; un uomo, un sacerdote, un
educatore, un professore, proclamato beato il 25 maggio del 2013. Venne
assassinato da “cosa nostra” nel giorno del suo cinquantesimo compleanno per il
suo impegno evangelico e sociale. Con la sua attività, Don Puglisi tolse dalla
strada giovani e bambini che sarebbero entrati, molto probabilmente, senza il
suo aiuto, nel vortice della mafia.
Don Puglisi spesso nelle sue omelie si
rivolgeva in modo esplicito a mafiosi, questo suo agire fu la principale causa
dell’ostilità dei boss, che lo consideravano un ostacolo ai loro traffici. Il
suo assassinio fu una vera e propria esecuzione mafiosa. Un colpo alla nuca
mentre tornava a casa. I mandanti dell’omicidio, i capi mafia Filippo e
Giuseppe Gravino, furono arrestati e condannati
all’ergastolo.
Il nostro viaggio della legalità ci ha
portato alla facoltà di giurisprudenza
dove studiarono i giudici Falcone e
Borsellino, lì abbiamo trovato una mostra
itinerante dal titolo “Il branco”
dell’artista Velasco Vitali.
L’installazione, utilizzando materiali confiscati alla mafia, rappresenta 54 cani a
grandezza naturale. Le opere, inserite nella “casa del diritto”, assumono il
significato di attenti custodi della memoria e della legalità e lo scontro tra
bene e male.
Non poteva mancare la visita alla Piazza della Memoria situata tra il
vecchio e il nuovo tribunale di
Palermo,
Undici colonne in acciaio, ottone e marmo,
ricordano gli undici magistrati uccisi dalla mafia.
Undici sono i nomi incisi sui gradini che
delimitano lo spazio della piazza, che ricorda l’agorà, concepita come luogo di
riflessione e di meditazione.
Al centro della piazza si erge una scultura
raffigurante la Vittoria alata, di
Giovanna de Sanctis.
A Capaci
ci siamo fermati “Giardino della memoria ”davanti alla stele per ricordare a
distanza di 30 anni la strage efferata del
23 maggio 1992 che ha richiamato alla nostra memoria un’altra strage, quella avvenuta pochi mesi
dopo in Via D’Amelio. Vittime due
giudici palermitani, Falcone e
Borsellino, uniti nella vita e nella professione, da loro vissuta con
grande passione, come una missione, per liberare la società civile dalla
criminalità mafiosa.
Nella chiesa di San Domenico ci siamo soffermati sulla tomba del magistrato Giovanni Falcone che lavorò nel pool antimafia
fino a istruire il maxi processo, il più grande attacco a “cosa nostra” mai
attuato prima in Italia.
Un’altra tappa fondamentale del tour per
educarci alla legalità è rappresentata dalla visita a Cinisi, dove siamo stati accolti da Luisa Impastato che negli anni
si è impegnata a portare avanti la storia dello zio Peppino.
Giuseppe Impastato, nato a Cinisi nel 1948
è stato un giornalista e conduttore radiofonico, noto per la sua denuncia forte
e chiara contro “cosa nostra”.
Peppino ha lottato con se stesso e contro
la sua famiglia, per resistere ed emanciparsi dalla mafia.
Lo strumento privilegiato secondo Peppino
Impastato per vincere la mafia è innanzitutto l’educazione e la formazione
culturale, che lui cerca di portare avanti attraverso un circolo culturale e
Radio Aut (dal latino “oppure, ovvero” la parola introduce un diverso punto di
vista, una possibilità ulteriore e diversa).
La sua morte, a soli 30 anni, il 9 maggio
del 1978, servì a fare aprire gli occhi alla società siciliana e nazionale e in
particolare riuscì a rompere il velo di omertà diffuso.
Un ruolo preponderante per aiutare Cinisi,
i siciliani e gli italiani tutti a prendere consapevolezza della necessità di
combattere la mafia con le armi della cultura, della conoscenza, della ricerca
della verità, è stato svolto poi dalla madre Felicia di Peppino Impastato che
ha fatto sì che la storia individuale di Peppino diventasse storia collettiva.
L’associazione “Casa Memoria Felicia e
Peppino Impastato” si è costituita nel luglio 2010.
Negli anni si è occupata di importanti
iniziative, che hanno portato fino alla
confisca e all’affidamento della casa
del boss Badalamenti, mandante dell’omicidio di Peppino all’Associazione;
inoltre la “casa memoria” è stata riconosciuta come bene di
interesse storico e culturale, simbolo della lotta contro la mafia. È un luogo
di memoria e di divulgazione della verità e della cultura, un avamposto della
resistenza contro il potere colluso e contro la mafia. Rappresenta la
testimonianza concreta di un’esperienza senza remore e di una vita spesa con
coraggio e determinazione.
Molto emozionante, infine, il famoso percorso dei 100 passi che abbiamo
fatto in religioso silenzio dalla casa di Impastato alla casa del mafioso Badalamenti.
Il nostro “viaggio” ci ha portato a
riflettere sul concetto di legalità.
Promuovere la cultura della legalità
significa quindi aiutare i giovani a vivere, ispirandosi ai valori di libertà,
giustizia e solidarietà, significa formare dei cittadini consapevoli animati
dal coraggio delle proprie scelte e determinanti nel costruire una società
migliore come hanno fatto gli eroi incontrati
nel nostro “tour”.
A Erice,
nella chiesa di San Domenico, ora centro di cultura scientifica, voluto da
Antonino Zichichi, abbiamo poi trovato la sintesi e il senso del nostro
percorso e di quanto oggi sta accadendo nel mondo, nelle parole incise sulla
pietra, pronunciate da Giovanni Paolo II in occasione della visita nel piccolo
centro siciliano, nel 1993:
“Come
al tempo delle lance e delle spade, così anche oggi nell’era dei missili, a
uccidere prima delle armi è il cuore dell’uomo”.
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