domenica 23 maggio 2021

Quella volta che il giudice GIOVANNI FALCONE rischiò di subire un attentato a Vasto. Notizia poi smentita.

Visita lampo al carcere di Vasto per un interrogatorio il 19 luglio 1989. La telefonata anonima del giorno prima. Il ritrovamento in un casolare lì vicino di materiale esplosivo. Ma la notizia, riportata dalla stampa nazionale, fu poi smentita, con l’asserzione  che il ritrovamento non era da mettere in relazione alla visita di Falcone a Vasto.

di Lino Spadaccini

23 maggio 1992 ore 17:57: lungo l’Autostrada A29, nei pressi di Capaci, vicino Palermo, una bomba composta da oltre 500 kg di tritolo, uccide il magistrato antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Poche settimane dopo, il 19 luglio, nell’attentato di via D’Amelio, perderanno la vita il magistrato Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta.
Sono passati ventinove anni da quei tragici avvenimenti, che segnarono uno dei periodi più bui della repubblica italiana.

Tre anni prima, nel luglio del 1989, i giornali nazionali diffusero la notizia di un possibile attentato a Vasto ai danni del giudice Falcone.



Già il 21 giugno precedente, Falcone divenne obiettivo di un attentato

presso la villa al mare, lungo la costa siciliana nella località denominata Addura,affittato per il periodo estivo.

I mafiosi piazzarono una borsa con cinquantotto candelotti di tritolo in mezzo agli scogli, a pochi metri dalla villa, che stava per ospitare i colleghi svizzeri Carla Del Ponte e Claudio Lehmann, con cui Falcone doveva discutere sul filone dell’inchiesta “pizza connection”, che riguardava il riciclaggio di denaro sporco.

L’attentato fallì a causa del malfunzionamento del detonatore.

Circa un mese più tardi, la mattina del 19 luglio, in gran segreto, Falcone a bordo di un elicottero della Polizia di Stato decollato da Pratica di Mare, atterrò nel campo di calcio adiacente al carcere di Vasto. “Nella casa circondariale”, si legge sul Corriere della Sera, “il giudice Falcone era rimasto poco più di mezz’ora, il tempo necessario per interrogare Gaetano Grado, cugino di TotuccioCotorno, arrestato il 26 maggio scorso a San Nicola L’Arena”. La sera precedente all’interrogatorio, alla direzione del carcere era giunta una telefonata intimidatoria anonima: “Domani serviremo un caffè con l’esplosivo”. Le forze dell’ordine erano già in allarme ed avevano messo in campo un grande spiegamento di mezzi e persone, per effettuare accurate perlustrazioni di controllo.

Qualche giorno più tardi, agenti della guardia di finanza, in perlustrazione nella zona nel carcere di Torre Sinello, notarono verso le sei di sera, un’automobile transitare in una zona impervia, di solito poco frequentata. Alla vista della volante, la macchina si dileguò. Durante l’ispezione effettuata nella zona all’alba del giorno successivo, in una busta di plastica, nascosta in una nicchia di una parete interna di un casolare a circa 700 metri dal carcere, gli agenti di pattuglia trovarono 205 cartucce per carabina di precisione, undici cartucce calibro 12 caricate “a lupara”, cartucce “dum dum” con proiettile esplosivo, una pistola lanciarazzi tipo “Very” da un pollice con due razzi segnalatori ed altri quattro razzi appartenenti ad altra pistola non trovata.

Il 27 luglio, il comando della legione della guardia di finanza di Ancona, con un comunicato stampa chiarì “di non aver formulato alcuna ipotesi circa origini e possibili utilizzatori del materiale rinvenuto. In particolare, allo stato, nessuna ipotesi è stata formulata in relazione alla visita del giudice Falcone al carcere di Vasto”.

Le indagini proseguirono ancora per qualche giorno, per cercare di capire quando il materiale venne nascosto nel casolare. Gli investigatori ritennero che sconosciuti stessero cercando di recuperare le munizioni, ma non esclusero l’ipotesi dell’organizzazione di un attentato in previsione di una nuova visita del giudice Falcone al carcere di Vasto.

Falcone tornò a Vasto nel giugno del 1991, insieme all’amico Paolo Borsellino, in occasione del XXI Congresso Nazionale dei Magistrati Italiani.

 La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano, e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo l'eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”. Giovanni Falcone 30 agosto 1991



2 commenti:

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

chissà le conseguenze che avrebbe avuto la città di Vasto se veramente sarebbe avvenuto l'attentato.