di GABRIELLA IZZI BENEDETTI
Questo breve articolo, cari amici, era apparso a mia firma qualche anno fa, su di un opuscolo “Scritture”, che ha avuto breve vita. Perché riproporlo: perché in un anno come questo, se ripercorriamo la “nullità” che inquina progressivamente lo spirito natalizio, l’assenza della spiritualità e del messaggio venutasi a determinare in crescendo negli anni, una sorta di droga, lontana anni luce dal significato dell’evento, si può capire il perché di tante inutili proteste, il dramma del privarsi del cenone, dei regali, delle feste, di quelli che un tempo si chiamavano i veglioni di capodanno. Abbiamo calpestato ogni tipo di poesia, abbiamo perduto la magia, del senso religioso non c’è traccia. Fra i tanti mali del covid19 questo recupero del silenzio e, volendo, della riflessione su noi e il divino, è, mi si perdoni, forse l’unica nota positiva. Qualcuno ha detto che è stato l’anno peggiore della storia, non scherziamo; siamo sopravvissuti a pestilenze e colera e vaiolo, a carestie e guerre, senza protestare ma rimboccandoci le maniche. Com’è che siamo caduti così in basso? Com’è che non sappiamo altro che protestare, reclamare, odiare? Che l’evasione, il divertimento, il soddisfare ogni istinto siano divenuti i nostri unici riferimenti?
****
Ancora un Natale, un’esplosione di palline dorate, di sorrisi e buone intenzioni. All’apparenza è così. Una pausa mite. Ma dell’emozione dell’evento si sta perdendo notizia, si tratta di un contenitore sempre più vuoto, sull’onda di un consumismo sfacciato, dell’ipocrisia che tutto copre. Anche se, con tutti i limiti, pur nella regressione spirituale, nella prevalenza favolistica anziché etica, si tratta comunque della vittoria della vita, di una nascita, di uno straordinario messaggio.
Ma la nostalgia è proprio in questo, nel messaggio che non riesce più ad illuminare. I cuori induriscono, gli egoismi incalzano. I tempi sono bui, una ragazzina vende le sue foto osé per pagarsi il telefonino, altre vendono se stesse, altre vengono brutalizzate. C’è chi brucia la propria aula scolastica per riprenderla col cellulare, o filma la morte in diretta di una compagna di classe finita sotto le ruote di un’auto. C’è chi si fa un veloce fotomontaggio per apparire assieme alla cugina appena assassinata. Il tutto per il gusto di mostrarsi, esistere in qualche misura in quel grande calderone che è il mondo dei media. Del resto cosa insegnano L’isola dei famosi e altre scadenti trasmissioni? O peggio il rituale dei cosiddetti eroi negativi invitati in trasmissioni, osannati da orde di giovani privi di qualsiasi riferimento etico? Sono squallidi esseri, corruttori, stupratori, terroristi e simili. Già dare l’appellativo di “eroi” seppur negativi, è un errore, le parole pesano, e molto, nell’immaginario. Sono pietre diceva Carlo Levi. Un tempo sbattere il mostro in prima pagina, era comunque sbattere il mostro, ora se ne fa un divo. Erba, Garlasco, Novi ligure, Perugia, appena una notizia di cronaca nera appare, conduttori televisivi si scatenano nella goduria di realizzarne uno show, invitano fior di psicologi, sociologi, giudici, politici (chissà poi perché i politici) oltre ad inevitabili personaggi dello spettacolo, l’argomento si snoda a puntate, serial dell’orrore. Frotte di cronisti prendono d’assalto parenti amici conoscenti concittadini, le domande sono le più scontate, la cronologia delle efferatezze diviene ogni giorno più macabra. Le notizie fratricide impazzano.
E i TG? non sono certo più allegri, sicché decidere di ascoltare, specie durante i pasti, il telegiornale, presume avere un stomaco di ferro. Il raccapriccio ci segue passo passo. Si arriva alla sera, al dopocena: quasi tutti i canali si sono allineati nel programmare polizieschi, horror, gialli in generale e giù schizzi di sangue, occhi fuori dalle orbite, rantoli da strozzamento, allegrie. Un tempo il giallo aveva quel tanto di non descritto da renderlo suggestivo.
Invasati da tanta violenza gli spiriti più deboli possono suggestionarsi, l’emulazione è crescente, ma tant’è, l’audience è alta e così sia.
E i videogames, le playstation, orgogli ultimi ? Non c’è che l’imbarazzo della scelta, in Giappone hanno messo a punto un gioco in cui vince chi sevizia più bambine e le sotterra vive. Carino, no?!
C’è poi una tendenza che appare meno catastrofica, ma a ben vedere lo è altrettanto: ciascuno reclama qualcosa, indipendentemente dall’averne il diritto, ogni famiglia tutela le sciagurataggini dei figli, la colpa è sempre degli altri. Come cresceranno questi ragazzi, quale senso del rispetto e del dovere si faranno? Sapranno riconoscere i diritti altrui?
Molto interessante, a riguardo, è stato sere fa, il Quinto dell’Inferno di Roberto Benigni. L’affondo sui sentimenti e sulla fede è stato assai coinvolgente. Dalla risposta del pubblico e della stampa, si è potuto notare che gente con la voglia di andare oltre questo vuoto spirituale c’è.
Ma sarebbe bene che chi vive un’esistenza che non esclude il senso del civismo e della solidarietà, cominci ad essere meno silenziosa. E la stampa dovrebbe ritornare a un’informazione meno morbosa in senso negativo, più attenta a ciò che di positivo (poco che sia) avviene. Per tornare al Natale, non incitare al consumo fine a se stesso, non rendere sempre più pagano un momento così particolare, così unico. Non alimentare l’aspetto solo mondano della celebrazione, buttarla tutta sul business e sull’apparire.
Non vado oltre, è Natale e devo dire che, perlomeno qui a Firenze, le chiese sono piuttosto frequentate. E’ già qualcosa.
La gente che sorride sotto il luccichio delle strade addobbate è alla fin fine una pausa, una speranza. Che una scintilla di quella luce entri nell’animo.
Questo breve articolo, cari amici, era apparso a mia firma qualche anno fa, su di un opuscolo “Scritture”, che ha avuto breve vita. Perché riproporlo: perché in un anno come questo, se ripercorriamo la “nullità” che inquina progressivamente lo spirito natalizio, l’assenza della spiritualità e del messaggio venutasi a determinare in crescendo negli anni, una sorta di droga, lontana anni luce dal significato dell’evento, si può capire il perché di tante inutili proteste, il dramma del privarsi del cenone, dei regali, delle feste, di quelli che un tempo si chiamavano i veglioni di capodanno. Abbiamo calpestato ogni tipo di poesia, abbiamo perduto la magia, del senso religioso non c’è traccia. Fra i tanti mali del covid19 questo recupero del silenzio e, volendo, della riflessione su noi e il divino, è, mi si perdoni, forse l’unica nota positiva. Qualcuno ha detto che è stato l’anno peggiore della storia, non scherziamo; siamo sopravvissuti a pestilenze e colera e vaiolo, a carestie e guerre, senza protestare ma rimboccandoci le maniche. Com’è che siamo caduti così in basso? Com’è che non sappiamo altro che protestare, reclamare, odiare? Che l’evasione, il divertimento, il soddisfare ogni istinto siano divenuti i nostri unici riferimenti?
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Ancora un Natale, un’esplosione di palline dorate, di sorrisi e buone intenzioni. All’apparenza è così. Una pausa mite. Ma dell’emozione dell’evento si sta perdendo notizia, si tratta di un contenitore sempre più vuoto, sull’onda di un consumismo sfacciato, dell’ipocrisia che tutto copre. Anche se, con tutti i limiti, pur nella regressione spirituale, nella prevalenza favolistica anziché etica, si tratta comunque della vittoria della vita, di una nascita, di uno straordinario messaggio.
Ma la nostalgia è proprio in questo, nel messaggio che non riesce più ad illuminare. I cuori induriscono, gli egoismi incalzano. I tempi sono bui, una ragazzina vende le sue foto osé per pagarsi il telefonino, altre vendono se stesse, altre vengono brutalizzate. C’è chi brucia la propria aula scolastica per riprenderla col cellulare, o filma la morte in diretta di una compagna di classe finita sotto le ruote di un’auto. C’è chi si fa un veloce fotomontaggio per apparire assieme alla cugina appena assassinata. Il tutto per il gusto di mostrarsi, esistere in qualche misura in quel grande calderone che è il mondo dei media. Del resto cosa insegnano L’isola dei famosi e altre scadenti trasmissioni? O peggio il rituale dei cosiddetti eroi negativi invitati in trasmissioni, osannati da orde di giovani privi di qualsiasi riferimento etico? Sono squallidi esseri, corruttori, stupratori, terroristi e simili. Già dare l’appellativo di “eroi” seppur negativi, è un errore, le parole pesano, e molto, nell’immaginario. Sono pietre diceva Carlo Levi. Un tempo sbattere il mostro in prima pagina, era comunque sbattere il mostro, ora se ne fa un divo. Erba, Garlasco, Novi ligure, Perugia, appena una notizia di cronaca nera appare, conduttori televisivi si scatenano nella goduria di realizzarne uno show, invitano fior di psicologi, sociologi, giudici, politici (chissà poi perché i politici) oltre ad inevitabili personaggi dello spettacolo, l’argomento si snoda a puntate, serial dell’orrore. Frotte di cronisti prendono d’assalto parenti amici conoscenti concittadini, le domande sono le più scontate, la cronologia delle efferatezze diviene ogni giorno più macabra. Le notizie fratricide impazzano.
E i TG? non sono certo più allegri, sicché decidere di ascoltare, specie durante i pasti, il telegiornale, presume avere un stomaco di ferro. Il raccapriccio ci segue passo passo. Si arriva alla sera, al dopocena: quasi tutti i canali si sono allineati nel programmare polizieschi, horror, gialli in generale e giù schizzi di sangue, occhi fuori dalle orbite, rantoli da strozzamento, allegrie. Un tempo il giallo aveva quel tanto di non descritto da renderlo suggestivo.
Invasati da tanta violenza gli spiriti più deboli possono suggestionarsi, l’emulazione è crescente, ma tant’è, l’audience è alta e così sia.
E i videogames, le playstation, orgogli ultimi ? Non c’è che l’imbarazzo della scelta, in Giappone hanno messo a punto un gioco in cui vince chi sevizia più bambine e le sotterra vive. Carino, no?!
C’è poi una tendenza che appare meno catastrofica, ma a ben vedere lo è altrettanto: ciascuno reclama qualcosa, indipendentemente dall’averne il diritto, ogni famiglia tutela le sciagurataggini dei figli, la colpa è sempre degli altri. Come cresceranno questi ragazzi, quale senso del rispetto e del dovere si faranno? Sapranno riconoscere i diritti altrui?
Molto interessante, a riguardo, è stato sere fa, il Quinto dell’Inferno di Roberto Benigni. L’affondo sui sentimenti e sulla fede è stato assai coinvolgente. Dalla risposta del pubblico e della stampa, si è potuto notare che gente con la voglia di andare oltre questo vuoto spirituale c’è.
Ma sarebbe bene che chi vive un’esistenza che non esclude il senso del civismo e della solidarietà, cominci ad essere meno silenziosa. E la stampa dovrebbe ritornare a un’informazione meno morbosa in senso negativo, più attenta a ciò che di positivo (poco che sia) avviene. Per tornare al Natale, non incitare al consumo fine a se stesso, non rendere sempre più pagano un momento così particolare, così unico. Non alimentare l’aspetto solo mondano della celebrazione, buttarla tutta sul business e sull’apparire.
Non vado oltre, è Natale e devo dire che, perlomeno qui a Firenze, le chiese sono piuttosto frequentate. E’ già qualcosa.
La gente che sorride sotto il luccichio delle strade addobbate è alla fin fine una pausa, una speranza. Che una scintilla di quella luce entri nell’animo.
Buon Natale e Buon anno a tutti
Gabriella Izzi Benedetti
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