L'ATTORE HA PARTECIPATO A CENTINAIA DI LAVORI CON I PIU' FAMOSI ATTORI DEL DOPOGUERRA. PRIMA DELLA MORTE HA ESPRESSO IL DESIDERIO DI ESSERE SEPOLTO A VASTO. NON E' IL CASO DI INTITOLARGLI UNA STRADA?
di LINO SPADACCINI
Sulle pagine del blog NoiVastesi spesso abbiamo parlato di cinema e teatro attraverso il ricordo dell’attrice vastese del cinema muto Elena Sangro oppure, in tempi più recenti dei successi di Pietro Bontempo, Susanna Forgione, Maria Chiara Centorami, Erika Puddu, Nunzio Caponio e Luigi Di Pietro.
In
realtà, Vasto ha l’obbligo di ricordare altri attori molto noti: parliamo di Adriana
De Guilmi e Dino Desiata, di cui parleremo in altre occasioni, ed Emilio
Marchesini.
Devo ammettere che quest’ultimo personaggio, a me del tutto sconosciuto, è stato una grande sorpresa. Devo ringraziare l’amico Dino Fioretti, storico barbiere vastese, che qualche settimana fa mi accennava al telefono di un attore di origini vastesi, figlio di Maria Di Rosso, a cui tagliava i capelli nella sua bottega a piazza del Popolo.
Navigando sul web la gran parte delle notizie trovate sono errate ed anche fuorvianti, in primis quelle riportate su Wikipedia. Emilio Marchesini, non è soltanto di origine vastese, egli è nato a Vasto, e qui ha espresso il desiderio di essere sepolto.
Emilio Marchesini nacque a Vasto il 28 giugno del 1930 da Sante e Maria Di Rosso, nella casa della famiglia Di Rosso nello stretto “Vicolo Sant’Agostino”, nell’abitazione che si affaccia su piazza del Popolo. Dopo poco più di un mese di vita, il 7 agosto, venne battezzato nella Cattedrale di S. Giuseppe, con il nome di Emilio Vincenzo Nazzareno.
LA FAMIGLIA MARCHESINI E IL TEATRO
I
Marchesini hanno una lunga tradizione teatrale iniziata nel 1715. La stessa
madre, Maria Di Rosso, era attrice teatrale. Inizialmente, il cognome di
famiglia era Marchesin, a cui nel tempo si aggiunse la “i”. «Un Marchesin, che come tutti i comici
dell’arte suonava uno strumento, il violino, andò a Milano – spiegò Emilio
in un’intervista al quotidiano Paese Sera
– Aveva due figli: uno venne castrato e
diventò col nome di “el Marchesini”, un famoso sopranista, quello che poi
scoprì Paganini. Ma cadde in disgrazia, perché disse a Napoleone: “Il generale
potrà farmi piangere, ma non cantare”. Il fratello, che gli faceva da
segretario fondò una compagnia – che per sfruttare la nomea del cantante chiamò
“Fratelli Marchesini” – con tutti i suoi figli bambini, che però facevano
l’Amleto.»
Non
sappiamo, se quanto affermato dall’attore vastese, sia leggenda o realtà. In
realtà il “castrato” è il famoso Luigi Marchesi (1754-1829), uno dei più grandi
cantanti dell’epoca, detto “Marchesini”. Quindi, il cognome deriverebbe da
Marchesi e non Marchesin. Corrisponde al vero anche la frase che il Marchesi
pronunciò all’indirizzo di Napoleone, quando questi entrò a Milano nel 1796.
Per questo gesto venne onorato come un eroe nazionale. Morì, comunque,
tutt’altro che in disgrazia, come evidenziato nel volume di Fabrizio Alemani
dal titolo L’eredità di Luigi Marchesi.
Quello
che è certo è che, di generazione in generazione, i Marchesini calcarono le
scene in giro per l’Italia: non soltanto nei teatri, ma anche, e soprattutto,
nei cosiddetti Carri di Tespi, ovvero veri e propri teatri mobili, interamente
realizzati in legno, con una capienza anche di due-trecento persone. Venivano
montati nelle piazze dalle compagnie nomadi e restavano allestiti per numerosi
giorni, anche 40/50, fino a quando non veniva esaurito l’intero repertorio. Le
compagnie erano composte da famiglie di commedianti che avevano passato una
vita a recitare, come avevano fatto i loro antenati.
LA COMPAGNIA DEL PADRE DI MARCHESINI IN TOURNEE A VASTO
Durante
una delle tante tournée in giro per l’Italia, con il suo Carro dei Tespi, che
Sante Marchesini, giunto a Vasto, conobbe Maria Di Rosso, se ne innamorò e la
sposò.
Tra
le principali famiglie di attori, oltre ai Marchesini, ricordiamo i Nistri e i
D’Antoni, con i loro destini che s’intrecciano tra di loro. In una bella foto
del 1947 della compagnia Nistri, si riconoscono il capocomico Oberdan Nistri,
con la sua compagnia Elena Balestrelli, la figlia Neda e Manlio, fratello di
Oberdan. Insieme a loro sono presenti Sante Marchesini (padre nobile) e i suoi
due figli, Emilio (primo attore giovane) e Raffaello, e la famiglia D’Antoni,
con gli ultimi discendenti di una dinastia conosciuta dagli inizi
dell’Ottocento.
Luciano
D’Antoni era molto legato con Raffaello Marchesini. Ricorda che una volta
rimase nascosto per ore insieme a lui sotto le tavole del palcoscenico, mentre
sopra di loro la madre di Raffaello, Maria Di Rosso, litigava animatamente con
il marito Sante, perché innamorata dell’affascinante Oreste Cordiola,
capocomico e primo attore, oltre che seduttore di giovani attrici della propria
compagnia (Mauro Ballerini, Luciano
D’Antoni. Biografia di un grande attore di Teatro, da www.canino.info).
L’INFANZIA DI EMILIO MARCHESINI
Per
anni la vita di Emilio è stato un continuo girovagare di piazza in piazza.
Anche l’attività scolastica ne risentì: era praticamente impossibile avere
un’attività scolastica regolare come tutti gli altri alunni. «Io facevo una settimana di scuola qua e una
là – ricordò Emilio Marchesini al cronista di Paese Sera – e avevo sempre
il grembiulino diverso dagli altri».
Terminata
l’esperienza con la Compagnia Nistri, i Marchesini si aggregano alla Compagnia
Ruta, dove mosse i primi passi anche il giovane Gian Maria Volonté, che
diventerà uno dei più grandi attori italiani. Il talento di Gian Maria non
tardò ad emergere, tanto da arrivare a competere con il primo attore giovane,
Emilio Marchesini. Raffaello, anni più tardi, in un volume dedicato a Volonté,
ricordò che una volta Emilio e Gian Maria litigarono per avere il ruolo
principale ne La figlia di Iorio.
Ma
il teatro itinerante stava decisamente stretto ai due giovani attori: le
ambizioni erano ben altre. Insieme scapperanno per andare a Roma all’Accademia
nazionale d’arte drammatica, fondata e diretta all’epoca da Silvio D’Amico.
L’ESORDIO NEL 1953
L’esordio
dell’attore vastese risale alla fine del 1953, sul palco del Teatro del Casinò
di San Remo, per lo spettacolo teatrale Chi è di scena? di Michele Galdieri,
con Anna Magnani, Gianrico Tedeschi,
Luigi Cimara e Carlo Giuffré.
Ma
l’incontro che segnò questa prima parte della carriera, è senz’altro quello con
Luchino Visconti, un vero maestro di
vita per Emilio Marchesini. «È stato per
me quasi un padre – ricordò qualche anno più tardi – mi ha insegnato a vivere, a conoscere un mondo culturale che ignoravo».
La figlia Antonella, ricorda che usò per tutta la vita il suo stesso profumo,
il Vètiver di Carven.
Il
15 novembre del 1955, sul palco del
Teatro Quirino di Roma, debuttò ne Il crogiuolo
di Arthur Miller, con Paola Borboni,
Tino Buazzelli, Adriana Asti e Lilla Brignone. Nella Compagnia
Morelli-Stoppa, formata dalla grande coppia nella vita e nell’arte Rina Morelli
e Paolo Stoppa, diretta sempre dal grande regista italiano, recitò ne L’impresario di Smirne di Carlo Goldoni
(prima: Venezia, Teatro La Fenice, 31 luglio 1957), Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller (prima: Roma, Teatro Eliseo,
18 gennaio 1958), I ragazzi della signora
Gibbons di Will Glickman e Joseph Stein (prima: Roma, Teatro Eliseo, 20
dicembre 1958) e Figli d’arte di
Diego Fabbri (prima: Roma, Teatro Eliseo, 1° marzo 1959).
INIZIA IL SUCCESSO
Nel
periodo che Marchesini lavorò con Visconti, ebbe l’opportunità di conoscere
molti attori sulla cresta dell’onda. Due di questi sono senz’altro Gino Cervi e
Massimo Girotti, con i quale recitò in Raffaele
di Vitaliano Brancati (1960) e Becket
e il suo re (1961).
Nel
1959 Emilio Marchesini entrò nella Compagnia
di Peppino De Filippo, il grande attore e regista napoletano, figlio di
Edoardo Scarpetta e fratello di Eduardo e Titina, celebre per le sue
interpretazioni accanto a Totò. Il 18 dicembre esordì ne Le metamorfosi di un suonatore ambulante di e con Peppino De
Filippo, Luigi De Filippo, Lidia Martora e Gigi Reder.
Tra
l’agosto ed il settembre del 1960, per cinque domeniche, recitò da un teatro
romano, in diretta TV sul primo canale nazionale: A che servono questi quattrini? di Armando Curcio, nel ruolo di
Marco Berlutti, Aria Paesana, farsa
in un atto di Peppino De Filippo (Salvatore), …Ma c’è papà, di Titina e Peppino De Filippo (Cav. Ambrogio), Il ramoscello d’olivo, di Peppino De
Filippo (cameriere) e Tre poveri di
campagna, sempre di Peppino De Filippo (il concertino).
In
questo periodo, recitò sempre a Roma, al Teatro delle Arti, insieme alla
compagnia, nei “Giovedì letterari”, un vero e proprio luogo d’incontro e di
approfondimento culturale, diretto sempre da Peppino De Filippo. Durante questo
periodo, a casa di Luca De Filippo, figlio di Eduardo, conobbe Anna Rosa Garatti, apprezzata attrice e doppiatrice, con la
quale convolò a nozze nel febbraio del 1964.
Dal
1962, ancora una svolta nella carriera teatrale di Emilio Marchesini, con
l’ingresso nella prestigiosa Compagnia Proclemer-Albertazzi,
che gli permise di recitare in grandi produzioni teatrali.
Dopo
la Santa Giovanna, di George Bernard
Shaw, recitato il 12 luglio del 1962 al Vittoriale di Gardone Riviera, accanto
ad Anna Proclemer, l’anno successivo, il 4 luglio, debuttò nell’Amleto di Shakespeare, per la regia di
Krank Hauser, a detta della Proclamer uno spettacolo bruttino e convenzionale,
con una regia mediocre; mentre, il 4 dicembre dello stesso anno debuttò a Roma,
al Teatro Eliseo, nella stessa opera diretta dal M° Franco Zeffirelli, uno spettacolo di incredibile bellezza per
scenografia, costumi e luci.
Nel
gennaio successivo, recitò insieme a Giorgio Albertazzi e Anna Proclemer nell’Antigone Lo Cascio, di Giulio Gatti,
mentre nel 1965 nella Maria Stuarda,
sotto la regia di Luigi Squarzina.
Nel
1971 tornò ancora sul palco insieme a Giorgio Albertazzi, Mariangela Melato e
Gabriela Lavia nella Zeami, dello
scrittore giapponese Masakazu Yamazaki. Nel 1977 ricoprì il ruolo di Sesto
Pompeo nell’Antonio e Cleopatra di
Shakespeare, una grande produzione che meritò il passaggio televisivo, due anni
più tardi, in prima serata sul primo canale nazionale.
Ancora
insieme alla coppia Albertazzi-Proclemer, recitò l’anno successivo, con debutto
il 9 marzo al Teatro Eliseo di Roma, ne Il
castello illuminato ovvero Voltaire e l’affare Calais, di Giorgio
Albertazzi e Luciantonio Ruggieri. La messa in scena de La lupa (1979), del letterato siciliano Giovanni Verga, chiuse la
proficua e lunga collaborazione con questi due grandi artisti.
Nel
febbraio del 1968 Emilio Marchesini ebbe l’opportunità di lavorare con un altro
grande attore italiano, Vittorio Gassman.
Appuntamento a Torino per il Riccardo III
di William Shakespeare, con la regia di Luca
Ronconi.
Tra il Maestro e Marchesini
nacque subito un forte legame, tanto che alla nascita della figlia Antonella, Gassman
regalò il lettino per la bimba. Esperto di trucchi, mestiere che aveva imparato
dalla famiglia, in quei giorni di permanenza a Torino insegnò alcuni trucchi
del mestiere a Gassman, in particolare la carta bruciata e birra, per creare la
pelle da negro, che utilizzerà nell’Otello.
Altri trucchi che aveva ereditato dalla famiglia erano la cipria, realizzata
con biacca, allume e scagliola, il cerone creato col sego, e per sfumino una
zampetta di lepre. Ma il trucco più grande, confessò Emilio, qualche anno più
tardi, è «l’amore per il pubblico, la
volontà di essere in mezzo a loro e l’impossibilità di esserlo. È una specie di
castrazione».
ATTORI IN SCIOPERO
La
prima del Riccardo III era prevista
per il 12 febbraio, ma una sciopero senza precedenti, messo in piedi dai principali
attori italiani, bloccò le rappresentazioni in tutta Italia. Tra gli esponenti
del Comitato di agitazione, troviamo anche Emilio Marchesini, il quale al
cronista de La Stampa dichiarò: «Vorremmo che il pubblico comprendesse che il
nostro è uno sciopero dei lavoratori». Nove i punti rivendicati dagli
attori di teatro, cinema e televisione: dall’inammissibilità del doppiaggio per
i telefilm al “contingente antenna”, cioè la proporzione fra telefilm italiani
e stranieri; dalla percentuale di attori italiani e stranieri nei telefilm,
alla sollecita emanazione della legge sul teatro. Altro punto essenziale, è che
i film nazionali dovevano essere veramente tali e non truccati da italiani.
Dopo diversi giorni di sciopero e la mancata risposta delle istituzione, venne organizzata
a Torino una marcia con la partecipazione degli attori, capeggiati da Vittorio
Gasmann, con partenza dal Teatro Carignano fino al Teatro Alfieri.
In
precedenza, nel marzo del 1960, un altro sciopero venne messo in piedi da 350
attori, tra i quali, oltre ad Emilio Marchesini, troviamo Marcello Mastroianni,
Gino Cervi, Arnoldo Foà, Giorgio Abertazzi, Alberto Lupo, Paola Borboni e Nino
Manfredi, questa volta contro la Rai per il riconoscimento dei “diritti di
registrazione”.
Il
Riccardo III riuscì ad andare
finalmente in scena il 19 febbraio. Buono il successo di pubblico e di critica,
grazie anche ad un allestimento originale messo in scena dal giovane regista
Luca Ronconi.
MARCHESINI SEMPRE INSIEME AI PIU’ GRANDI ATTORI
Affermare che Emilio Marchesini abbia recitato
accanto ai più grandi attori dell’epoca non è affatto azzardato. Oltre a quelli già citati, ricordiamo
Ernesto Calindri (che molti ricorderanno nella pubblicità del Cynar), con
cui ha recitato nel 1965 nel Teatro Stabile di Genova ne Il dilemma del dottore di G. B. Shaw e in Arriva l’uomo del ghiaccio di Eugene O’Neill; Ave Ninchi, Aroldo Tieri e Renzo Palmer ne Le allegre comari di Windsor (1968); Paola Borboni e Renato Rascel in Venti zecchini d’oro (1969), uno spettacolo elaborato da Pasquale
Festa Campanile e Luigi Magni, per la regia di Franco Zeffirelli; Giancarlo Giannini in L’avventura di un povero cristiano di
Ignazio Silone (1969); Marcello
Mastroianni in Vita e morte di Re
Giovanni, tragedia in cinque atti di William Shakespeare (1973); ed ancora,
Corrado Pani, Lia Tanzi, Giuseppe
Pambieri e Carlo Giuffré, con cui recitò varie volte, stringendo anche una
buona amicizia.
Sempre in campo teatrale, tra il 1971 ed il 1972, guidò il Teatro Stabile di Catania. Protagonista delle tre opere da lui dirette, Aragoste di Sicilia di Gianni Grimaldi e Gianni Corbucci, Magia Rossa di Nichel De Ghelderode e Addio giovinezza, un promettente attore siciliano: Leo Gullotta.
Tra la metà degli anni ’60 e la fine degli anni ’70 Emilio Marchesini ha partecipato a oltre 20 radiodrammi, ovvero testi scritti appositamente per la scena radiofonica, realizzati nelle sedi RAI di Torino, Firenze e Napoli e trasmessi sui tre canali radio nazionali. Tra i lavori più significativi ricordiamo I tre moschettieri, per la regia di Andrea Camilleri, opera in 20 puntate, trasmessa dal 5 febbraio 1973; Il ritorno di Rocambole di Ponson du Terral, con Paolo Ferrari, Lilla Brignone e Leo Gullotta; La ragazza scomparsa, originale radiofonico di Francis Durbridge, con Alberto Lupo, trasmesso in dieci puntate dal 5 marzo 1974.
NON SOLO TEATRO, ANCHE CINEMA!
La
vita di Emilio Marchesini non è stata soltanto teatro. L’attore vastese si è
cimentato in undici pellicole per il grande schermo ed in numerosi telefilm, prosa
televisiva, docufilm e sceneggiati per il piccolo schermo.
L’esordio
cinematografico risale al 1957 ne I
dritti, per la regia di Mario Amendola, con Valeria Moriconi, Paolo Panelli
e Corrado Pani. Al centro della spassosa pellicola, ambientata nella Capitale,
s’intreccia l’amicizia fra un giovanotto romano e il suo coetaneo milanese.
Intorno ai due protagonisti si susseguono liti tra pescivendoli, amori di
quartiere e bravate di giovinastri.
Nel
1962 ricoprì un piccolo ruolo ne Il
commissario di Luigi Comencini, interpretato dal grande Alberto Sordi.
Cinque anni più tardi, lo ritroviamo in LSD
– Inferno per pochi dollari, per la regia di Massimo Mida, mentre l’anno
successivo, nel ruolo di Antonio, recitò in Commandos, per la regia di Armando
Crispino con l’attore americano Lee Van Cleef, noto soprattutto per
l’interpretazione in tanti film western.
Nel
1969 ricoprì il ruolo dell’oste nel famoso film Nell’anno del Signore, per la regia di Luigi Magni, con un cast
d’eccezione formato da Nino Mandredi, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Claudia
Cardinale.
Dopo
il cult Il gatto a nove code, per la
regia di Dario Argento, nel ruolo del Dr. Mombelli, insieme a Karl Malden,
James Franciscus e Catherine Spaak, Marchesini si dedicò al filone della
commedia boccaccesca o decamerotica, molto in voga nei primi anni ’70.
Nella
prima pellicola, Decamerone 300, per
la regia di Renato Savino e sceneggiata dalla stesso Savino ed Emilio
Marchesini, troviamo la bellissima Rosalba Neri, nella parte di Fenicia,
nutrice della bionda Fioralba (Christa Linder), che insieme a un servo, Toro
(Emilio Marchesini), e ad uno sciupa femmine, Falcotto (Osvaldo Ruggieri), deve
scortare la pulzella a Empoli perché venga sottoposta a ispezione che ne
testimoni l’illibatezza prima del matrimonio. La pellicola, uscita nell’estate del
1972, venne messa per alcuni mesi sotto sequestro “per oscenità” dalla Procura
di Roma.
Il
23 agosto dello stesso anno, uscì nelle sale la pellicola Quando le donne si chiamavano Madonne, per la regia di Aldo
Grimaldi, con la bellissima Edwige Fenech, Vittorio Caprioli, Mario Carotenuto e
Don Bachy. Emilio Marchesini appare nelle battute iniziali del film, quando dà
un passaggio con il suo carretto a tre giovani, diretto a Prato per assistere
al processo a carico di Giulia, rea di aver tradito il marito Romildo, per cui,
nei confronti della donna, è prevista la condanna al rogo.
Ultima
pellicola della serie boccaccesca il film Come
fu che Masuccio Salernitano,
fuggendo con le brache in mano, riuscì a
conservarlo sano, liberamente tratto dall’opera Il Novellino, pubblicata postuma nel 1476 e attribuita appunto a
Masuccio Salernitano. Distribuita dal novembre del 1972, la pellicola diretta
da Silvio Amadio, è sviluppata in quattro episodi, il primo dei quali vede
protagonista l’attore vastese, nei panni del marito credulone, che viene
raggirato da un frate per permettere alla moglie incontri amorosi con il suo
giovane amante.
Le
ultime due pellicole, che videro la partecipazione di Emilio Marchesini, furono
Le cinque giornate, nel ruolo di un
prigioniero, per la regia di Dario Argento, con Adriano Celentano, Enzo
Cerusico e Marilù Tolo, e Bisturi – La
mafia bianca, nel ruolo del dott. Azzina, per la regia di Luigi Zampa, con
Gabriele Ferzetti, Enrico Maria Salerno, Santa Berger e Luciano Salce.
ED INFINE LA TELEVISIONE!
Come
abbiamo accennato in precedenza, nella carriera di Emilio Marchesini c’è stata anche
tanta televisione, prodotta e messa in onda sui due canali nazionali. Rimandando
l’approfondimento ad altra occasione, ci soffermeremo solo sulle produzioni più
significative.
L’esordio
sul piccolo schermo risale al 16 ottobre del 1959, con la messa in onda della
commedia in due atti di Giovanna di
Lorena, del drammaturgo statunitense Maxwell Anderson, per la regia di
Mario Ferrero, con Rossella Falk, Massimo Girotti e Gastone Moschin. Una
compagnia teatrale sta facendo le prove per portare in scena un dramma sulla
vita di Giovanna d’Arco. Jimmy Masters (Massimo Girotti), il regista, aiutato
da Al, direttore di scena (Emilio Marchesini), fa del suo meglio per preparare
al meglio il cast alla prima, ma alcuni degli attori fanno fatica con il testo.
L’11
marzo del 1962, sul primo canale nazionale andò in onda il primo dei sei
episodi del dramma I Giacobini per la
regia di Edmo Fenoglio, con Alberto Lupo e Sylva Coscina.
Il
3 settembre dello stesso anno, sul secondo programma, andò in onda la commedia
in tre atti La conversione del Capitano
Brassbound, per la regia di Mario Ferrero, con Enzo Liberti, Sergio Fantoni
e Glauco Onorato. Marchesini ricopre il ruolo del Cadì.
Mario
Ferrero fu anche il regista della tragedia Atalia,
trasmesso sul secondo programma il 13 maggio 1964. Nel ruolo di Abal, recitò
accanto ad attori del calibro di Massimo Girotti, Alberto Lupo, Glauco Mari e
Lilla Brignone.
Significativa
per la carriera di Emilio Marchesini fu il rapporto di profonda amicizia con il
regista e sceneggiatore abruzzese Anton Giulio Majano, che diresse in molte
occasioni. Ricordiamo La maschera e la
grazia del 1963, accanto a Massimo Girotti, Anna Miserocchi e Milla
Sannoner; La fiera della vanità del
1967, trasmesso dal 12 novembre al 24 dicembre; E le stelle stanno a guardare del 1971, nove puntate con Orso Maria
Guerrini, Giancarlo Giannini, Anna Maria Guarnieri e Loretta Goggi; Catigo, miniserie TV in quattro puntate,
trasmesso dal 27 novembre al 18 dicembre 1977, con Alberto Lionello ed Eleonora
Giorgi; L’eredita della priora, nel
ruolo di Don Ciccio, con Alida Valli e Carlo Giuffrè, andato in onda dal 13
aprile 1980; Esami di maturità, nel
ruolo di Adam, andato in onda su Rai 1 l’8 settembre del 1981 e Quell’antico amore: Carlo III, miniserie
in cinque puntate, andate in onda dal 13 dicembre dello stesso anno, nel ruolo
di Ward, accanto a Giuseppe Pambieri, Lia Tanzi e Alida Valli; ne L’amante dell’Orsa maggiore, sceneggiato
in sette puntate, trasmesso dal 20 marzo del 1983, interpretò il ruolo del
Topo, che è da considerarsi tra i ruoli di maggior rilievo interpretati da
Emilio Marchesini, accanto a Ray Lovelock, Ida Di Benedetto e Alberto Lupo. L’ultima
interpretazione sotto la direzione di Majano, fu nel 1986, nella mini serie in
quattro puntate dal titolo Strada senza
uscita, nel ruolo di Banks, un poliziotto della centrale di Edinburgo.
Ricordiamo
anche le partecipazioni a Lo squarciagola
(1966) per la regia di Luigi Squarzina con Paolo Ferrari e Giancarlo Giannini; Tenente Sheridan, nell’episodio Paura delle bambole, trasmesso il 27
ottobre del 1967; Non cantare… spara,
lo sceneggiato musicale con la partecipazione del Quartetto Cetra; una breve
apparizioni in groppa ad un cavallo, nei panni di una guardia civica, in Nero Wolfe (1969), nell’episodio Circuito Chiuso, con Tino Buazzelli, nei
panni dell’investigatore e Paolo Ferrari nel ruolo del suo assistente Archie
Goodwin; La rivolta dei decabristi
(1970), nel ruolo del generale Golicyn, con Gabriele Lavia e Lou Castel; Una coccarda per il Re (1970) con Mario
Valgoi, Gastone Moscin e Anna Miserocchi; Ipotesi
sulla scomparsa di un fisico atomico (1972), con Orso Maria Guerrini nei
panni di Enrico Fermi; La porta sul buio:
Il Tram (1973) per la regia di Dario Argento, con Enzo Cerusico; Signora Ava (1975), nel ruolo di Michele
Tucci, miniserie TV in tre puntate con Amedeo Nazzari e Romina Power; Manon (1976), per la regia di Sandro
Bolchi, con Monica Guerritore, dove è presente anche un’altra attrice vastese,
Adriana Di Guilmi; Paganini (1976),
sceneggiato in quattro puntate, trasmesso dal 2 al 23 dicembre, dove interpretò
il ruolo del padre del grande violinista; Saturnino
Farandola (1977), la divertente serie trasmessa su Rai 2 all’interno della
TV dei ragazzi, dove interpretò il ruolo di Mandibola. Per chiudere ricordiamo
anche La mosca di maggio (1980), uno
sceneggiato girato in Bretagna realizzato per la televisione svizzera di lingua
italiana, tratta dal racconto a sfondo ecologico Se il fiume muore di Elena Wullschleger Daldini. Un lavoro che
entusiasmò molto l’attore vastese, che tornò innamorato della Bretagna e
dell’Oceano Atlantico, che aveva avuto l’opportunità di navigare interpretando
il ruolo di un pescatore. Quasi un tuffo nei ricordi della sua Vasto, quando da
giovane tornava spesso, soprattutto d’estate, durante le pause dalle tournée, e
andava in barca e fare immersioni o ritirare le nasse per la pesca delle
seppie, insieme a Leonardo Fiore.
MARCHESINI DOPPIATORE
Grazie
alla sua caratteristica voce, Emilio Marchesini è stato anche un ottimo
doppiatore e direttore di doppiaggio. Tra i personaggi più famosi ricordiamo Il
giudice Monteverdi (Marc Allégret) ne Il
sangue e la rosa (1960), La Creatura / Herr Schneider (David Prowse) in Frankenstein e il mostro dell’inferno (1970),
Isaiah Edwards, nella famosa serie La
casa nella prateria, il Capitano O’Hara della serie Batman, andata in onda tra il 1966 ed il 1968, Ron Harvey (Paul
Smith) in Doris Day Show, trasmesso
per cinque stagioni dal 1980; Leopoldo (Oscar Morelli), nella soap Guadalupe, prodotta dalla televisione
messicana Televisa; alcuni personaggi dei cartoni animati quali Ken Falco il super bolide, L’invincibile robot Trider G7 e Star Blazers.
Tra
le direzioni del doppiaggio ricordiamo Project
U.F.O., trasmesso dal 1979, Megaloman,
31 episodi andati in onda nel 1980, e China
Beach, una serie ambientata durante la guerra del Vietnam, trasmesso dal
1990 su Italia 1.
Insieme
alla moglie, Anna Rosa Garatti, costituì una società di edizioni
cinematografie, la M.G. Spettacoli, che gli permise di lavorare molto,
soprattutto con Mediaset. «Sono un
miracolato, ho incontrato San Berlusconi – dichiarò Marchesini nel 1986 al
giornalista di Paese Sera, in
occasione della presentazione della Meteora
di Dürrenmatt al teatro Colosseo di Roma – ho
una società di edizioni cinematografiche per lui, guadagno bene, ma dei soldi
non so che farmene. E torno in scena».
«Papà è sempre e stato un anarchico di nome e
di fatto – ricorda la figlia Antonella – Un papà un po’ diverso da quelli che la domenica fumavano la pipa e
portavano le pastarelle a casa. Non aveva orari viveva la notte e dormiva di
giorno. Per ovvie ragioni, viveva molto tempo lontano da casa, quando era
in tournée. Spesso con mamma lo raggiungevamo o lo seguivamo durante il periodo
estivo. Ricordo con piacere le rappresentazioni che papà ha fatto anche
con Giuseppe Pambieri e Lia Tanzi».
I LEGAMI DI MARCHESINI CON VASTO
Ancora oggi, Antonella e la mamma, tornano spesso a
Vasto. La mente ritorna ai periodi dell’infanzia, quando la famiglia, d’estate,
durante le pause lavorative, tornava a Vasto per le vacanze. «Il ricordo più bello che conservo di quel
periodo – prosegue Antonella Marchesini – è quando durante i temporali estivi papà mi portava a
vedere i fulmini sul mare dalla soffitta di zia Anna: era un luogo meraviglioso
sia dentro, pieno di conserve e cose antiche messe via, che fuori, da dove si
dominavano i meravigliosi tetti di Vasto e il mare».
L’ultima volta che Emilio Marchesini è tornato a Vasto
è stato nel 1988, prima
dell’intervento di amputazione della gamba. Da quel momento, per ovvie
complicazioni, non è riuscito più a tornare. «Papà non aveva, un carattere semplice – ricorda la figlia – era un grande fumatore e questo vizio gli ha
comportato non pochi problemi: prima un infarto e successivamente altre
complicazioni che, come epilogo, comportarono all'amputazione di una gamba. Ma
anche dopo questo tragico evento, papà non si è perso d’animo ed ha continuato a
lavorare nel doppiaggio fino all'ultimo, con la sua solita grinta e il suo
amore per la libertà».
Anche Concezio Luciani, cugino da parte di madre e soprattutto amico,
ricorda che Emilio tornava spessissimo a Vasto e s’intratteneva anche a Torino
di Sangro, perché molto legato alla madre Dina Amicucci. «Emilio era davvero un ottimo attore, ma non si sapeva vendere –
ricorda Luciani – altrimenti avrebbe
fatto ancora di più carriera. Era un tipo piuttosto riservato, ma quando era
con gli amici era sempre molto allegro, un compagnone. Quando giravo l’Italia
per lavoro, ho avuto spesso modo d’incontrarlo. Una volta a Roma, al termine
della rappresentazione al Teatro Eliseo, siamo andati a cena con Ernesto
Calindri. Un’altra volta ho avuto modo di vederlo a Modena. Prima di andare in
scena sono passato a salutarlo e gli ho presentato un mio amico regista. Al
termine della rappresentazione, il mio amico mi ha confessato che Emilio era un
ottimo attore e sapeva anche truccarsi molto bene».
PERCHE’ NON INTITOLARE UNA STRADA A EMILIO MARCHESINI?
Nonostante la sua intensa
carriera, il suo legame con Vasto non è mai svanito, anzi si è rafforzato
sempre più, tanto da esprimere il desiderio di essere sepolto nella terra che
lo aveva visto nascere, dove spesso si rifugiava per respirare il profumo del
mare e tuffarsi nelle splendide acque trasparenti dell’Adriatico.
È un dovere ricordare oggi
Emilio Marchesini. Anzi, il mio auspicio è che l’Amministrazione Comunale si
attivi presto per intitolare una via o una piazza alla memoria e in ricordo di questo
grande attore.
In ultimo, mi preme rivolgere
un sentito ringraziamento all’amico Dino Fioretti, per avermi fatto conoscere
questo straordinario personaggio, a Concezio Luciani, per la sua testimonianza,
ad Antonella Marchesini e alla mamma Anna Rosa, per il loro prezioso
contributo.
Lino Spadaccini
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3 commenti:
Gentilissimo,
Sono Mauro Ballerini.
Ho visto che ha citato un mio articolo sui Nistri e i D'Antoni.
Su Marchesini ha fatto un lavoro spettacolare! Le faccio i miei complimenti.
Mi piacerebbe poter comunicare con lei.
Spero di ricevere presto una sua risposta.
Un caro saluto
Grazie mille, sig. Ballerini!!!, Merito è del nostro storico Lino Spadaccini . IL suo email è
linospadaccini@libero.it
Casinò di San Remo, per lo spettacolo teatrale
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