lunedì 13 dicembre 2021

LA FESTA DI S. LUCIA TRA DEVOZIONE E RICORDI

A Vasto, sin dai tempi antichi, grande devozione per S. Lucia. Cappelle dedicate a Lei, diversi quadri e statue presenti nelle chiese locali.

di LINO SPADACCINI 

Il 13 dicembre la Chiesa Cattolica festeggia S. Lucia Vergine e Martire cristiana, morta decapitata durante le persecuzioni di Diocleziano a Siracusa nel 304 d.C.

Il corpo della santa, prelevato in epoca antica dai Bizantini a Siracusa, è stato successivamente trafugato dai Veneziani quando conquistarono Costantinopoli, l’attuale Istanbul. Oggi il corpo è conservato e venerato nella chiesa di San Geremia a Venezia.S. Lucia è considerata dai devoti la protettrice degli occhi, degli oculisti, degli elettricisti e degli scalpellini e viene spesso invocata nelle malattie degli occhi.

Per questa festività, Espedito Ferrara ricordava questo proverbio:

Sanda Lucì
Lu jurne cchìu ccorte che cce sìje.
Sanda Lucì
Natale trìdece dì
E cchi sa ben cundà
A vendicinghe se ne va.
Sanda Lucìje
Nu passe de halline.

A Vasto, sin dai tempi antichi, è sempre stata molto alta la devozione a S. Lucia, basti pensare ai diversi quadri e statue presenti nelle chiese vastesi, senza dimenticare anche l’esistenza di alcune cappelle dedicate alla Vergine e Martire.


Singolare è la storia della Torretta di S. Lucia di cui si sono perse le tracce. Luigi Marchesani riferisce che nell’incontro delle due vecchie strade che da Porta Palazzo e da Porta S. Maria conducevano verso la Marina, era presente una torretta quadrilatera "tutta piena, non molto alta", che veniva chiamata Torretta di S. Lucia. Ai piedi della torretta si notavano alcuni ruderi di un edificio "stretto e quadrato", forse appartenenti ad un’altra cappella intitolata a S. Lucia

Nota a tutti invece è la chiesetta di S. Lucia che dà anche il nome all'omonima via.  Luigi Marchesani nella sua Storia di Vasto così scriveva: "Il Palazzino di S. Lucia, che comprende la Cappella dedicata a questo martire ed è fiancheggiato da murati giardini, fa tuttora bella mostra di se nel nord-est della città, dall’altro capo della valle dell’Angrella. Fu casino de’ Canonici di Tremiti, che a Cesare Michelangelo d’Avalos lo venderono, e questi in vaga villa lo ridusse, piena di Cedrati venuti da Roma, e da Firenze".

Nella stessa zona, già nella metà del '500 esisteva il convento di S. Maria in Valle, successivamente denominato Grancia di S. Lucia, da non confondersi con la cappella di S. Lucia di proprietà del Marchese Don Cesare Michelangelo d’Avalos, che vi istituì le cappelle con altari dedicati a Santa Lucia e alla Madonna.

Nella prima metà dell’Ottocento, la chiesa era in condizioni piuttosto precarie e veniva aperta solo nei giorni festivi per celebrare qualche messa con elemosine raccolte da qualche devoto.

Fino alla seconda metà degli anni ’60 il complesso era ancora di proprietà dei d’Avalos ed era abitato da quattro nuclei familiari. La famiglia di Fernando D’Annunzio, apprezzato poeta e cultore di tradizioni locali, vi abitava già dagli anni ’30. 

Dopo l’abbattimento della chiesa di S. Pietro, in seguito alla frana del 1956, e l’istituzione della nuova parrocchia di S. Giovanni Bosco, la chiesa di S. Lucia fu sede provvisoria della nuova parrocchia. Il parroco, don Stellerino D’Anniballe, si occupò della ristrutturazione della chiesa sostituendo il vecchio pavimento e dando una risistemata generale. Negli anni ’60 si verificò il cedimento di un lungo tratto del muro di recinzione del giardino e poi il distacco della volta della chiesa, che venne chiusa al culto.

Il complesso venne venduto nel 1973 ad una nota impresa locale, la quale non aveva nessun interesse ad eseguire la manutenzione straordinaria del complesso. Le famiglie furono invitate a lasciare i locali.

Ormai il destino e il futuro della chiesa di S. Lucia erano segnati: con la chiesa aperta al culto, i vincoli di interesse storico, artistico e architettonico erano inviolabili; al contrario, con la cappella chiusa, poteva essere messo in pratica il piano tendente a cancellare i vincoli.

Ad occuparsi della vicenda, si mosse anche L’Espresso, con un lungo articolo pubblicato nel 1975. “Estate 1974”, si leggeva sul noto settimanale, “Poco a poco, dai muri di cinta, scompaiono le merlature che avevano resistito ai secoli. Il primo dei nostri scalcagnati eroi, tale Fiore, osa fare per questo una denuncia alla Procura, ovviamente ignorata. Pochi giorni dopo, sparisce il campanile della chiesa. Sissignori, è andata proprio così: i napoletani del dopoguerra sapevano far fuori una nave Liberty dal porto. Oggi, nella piccola Vasto, gli uomini della speculazione edilizia sanno far fuori un campanile pressappoco della stessa stazza e sottoposto a vincoli precisi. Primi di settembre. Arriva un bel bulldozer, che in un giorno abbatte il torrione principale delle mura. Le sue fondamenta vengono accuratamente ricoperte di ghiaia. Chi non lo ha visto prima coi suoi occhi, 24 ore dopo fa fatica a credere che esso sia mai esistito”.

Nelle settimane successive, la chiesa venne spogliata dei quadri, altare, arredi e stucchi.

Con il decadimento dei vincoli, nonostante le proteste di associazioni e cittadini, l’impresa vastese riuscì a costruire i due palazzi sede oggi dell’Ufficio del Registro e della Finanza.

Nel 2015 molti ricorderanno il crollo del muro ed il puntellamento per evitare danni peggiori. Poi qualche vana promessa e niente più.

Ma torniamo alla Festa di  Santa Lucia. 

Un tempo la festa era molto sentita nella chiesa di S. Maria Maggiore, grazie alla devozione e all’interessamento della confraternita del Gonfalone e della Schola Cantorum, che intonava il Te Deum del Perosi. Tre erano le messe celebrate nell'arco della giornata e per l'occasione venivano benedette e distribuite ai fedeli due rosette piccole di pane azzimo chiamati "l'ucchiucilli di sanda Lucì".

Nella chiesa di S. Francesco di Paola (o Addolorata) è presente un bel quadro del 1718, opera del pittore vastese Giovan Battista de Litiis (1693-1780). Un quadro di modeste dimensioni, di autore ignoto, è presente lungo la navata centrale della chiesa di Sant’Onofrio, mentre una statua di buona fattura è presente nella chiesa di Sant’Antonio di Padova.

Nella chiesa di S. Filomena a Porta Nuova, nella prima cappella di destra è presente un bel quadro devozionale, dipinto dall’artista Achille Carnevale, dove è rappresentato Giuseppantonio Rulli, in ginocchio, mentre implora la grazia a S. Lucia.

Chiudiamo con la bella e suggestiva poesia, in dialetto abruzzese, del poeta Fernando D’Annunzio:

 Sanda Lucì’

 Sanda Lucì’... La vije a ndo’ so’ nnate,

…la case, lu curtìle, la luggette...

Quanta ricurde i’ ci so’ lassàte!

Quanta prihìre dentr’a la cchisette!

 

Tutte la ggiuvindù ci so’ passàte,

vindiquattr’anne sott’a chilu tette.

M’arcorde lu ciardìne arizzilàte

e la campàne ‘n cime a la turrette.

 

Ma chilu sone dôce e argindìne

pe’ la vallàte, mo, cchiù nin zi sente.

Che štrazie arividè chili ruvine,

 

chila fineštre che sbatt’a lu vente,

‘ndo’ nu ragge di sole, la matine,

jav’ a svijjià nu cìtele cuntente.













 

 

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