venerdì 30 ottobre 2020

Dal taccuino di Angelo Del Moro: C’E' UN MALATO IN TERAPIA INTENSIVA DI CUI SI PARLA POCO.

 C’E' UN MALATO IN TERAPIA INTENSIVA DI CUI SI PARLA POCO.

di Angelo Del Moro

Ha una certa età, diversi secoli di vita, e di recente ha subito un paio dì colpi pesanti per via della pandemia, che lo hanno definitivamente steso.

E’ un italiano, anzi è l'italiano per eccellenza, ossia la nostra lingua.

Per lui dovrebbe essere un anno di gloria per via di un imminente anniversario tondo, i 700 dalla morte di suo padre, un certo Dante. Ma tutto sembra concorrere a rovinargli la festa.

La settimana scorsa è saltato un altro anniversario tondo, la XX Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, appuntamento che ha lo scopo di promuovere la conoscenza dell'italiano e dell'Italia all'estero.

 In questi ultimi mesi tuttavia , anziché contagiare gli altri Paesi con la nostra lingua, siamo stati noi invasi da espressioni straniere che hanno mortificato la ricchezza dell'italiano.

Il tempo del Covid ha introdotto nel nostro vocabolario e nel nostro parlato anglismi superflui, termini come lockdown, facilmente sostituibile con "chiusura" O "blocco totale" , smart working che potrebbe essere meglio chiamate "telelavoro", "lavoro agile", "lavoro flessibile" o, in maniera più puntuale, "lavoro da casa" (curiosamente nel mondo anglosassone l'espressione smartworking non si usa, ma si privilegiano working from home o remote working, cioè "lavoro da lontano") .

Ancora, abbiamo assistito all'abuso di formule salvifiche come recovery pian e recovery fund (puntualmente chiamato  "faund"  da   molti   politici   ignorantoni),   che   in   italiano   si   possono tradurre nel modo più comprensibili la ripresa" e " fondo per la ripresa"; oppure all'adozione di parole, prese in prestito un po' dall'inglese un po' dalla scienza, tipo droplet, che altro non sono che le goccioline respiratorie, e test drive-through, ossia test rapidi al volante. Ci siamo convinti che, essendo la pandemia globale, anche noi dovessimo sembrare "internoscional" , utilizzando espressioni molto cool, in quanto inglesi. Senza accorgerci di essere tremendamente provinciali...

 Per non parlare poi di acronimi che hanno ridotto la nostra lingua ad una specie di singhiozzo, di frasario sincopato, togliendoci le vocali (si pensi agli orribili, per nome e per contenuto, Dpcm), oppure hanno condensato meccanismi complessi in poche letterine misteriose (Mes), o hanno testimoniato la dolorosa rinuncia a consultare i menu di carta , a favore dei QR Code, cioè codici a barre bidimensionali. A questo scenario desolante si aggiunge la crisi degli istituti che materialmente e meritoriamente concorrono alla diffusione della nostra lingua nel mondo.

 Andrea Riccardi, il presidente della Società Dante Alighieri, uno dei principali istituti impegnati nel promuovere la conoscenza dell'italiano oltreconfine, ha raccontato gli effetti della pandemia sullo stato di salute della nostra lingua. Il "51% dei nostri comitati", ha avvertito, "ha sospeso le attività di insegnamento. La crisi è seria non solo per la Dante ma per tutte le scuole di lingua che stentano o chiudono". Considerando che al momento la Dante Alighieri vanta ben 401 comitati distribuiti in 80 Paesi, significa che almeno 200 di essi hanno dovuto chiudere i battenti.

Vasto 20 ottobre 2020

 

2 commenti:

Vincenzo Di Lello ha detto...

Hai ragione Angelo ! Meriti un applauso da tutti gl'Italiani, meno che dai politici che sono i primi ad adottare questi inglesismi. Bravo !

Vincenzo Di Lello ha detto...

Hai ragione Angelo ! Meriti un applauso da tutti gl'Italiani, meno che dai politici che sono i primi ad adottare questi inglesismi. Bravo !