Oggi è la
festa della Madonna di Pennaluce, una delle feste più sentite e attese dai fedeli
vastesi, soprattutto per la bella e suggestiva processione in mare.
Quest'anno,
a causa dell'emergenza che stiamo vivendo, tutte le celebrazioni pubbliche sono
state annullate.
Attraverso una ricca selezione di immagini storiche, che ricoprono un arco di tempo di oltre un secolo, cercheremo di far rivivere lo spirito della festa, anche con un po' di commozione nel ricordo di sacerdoti che non ci sono più come don Antonio Di Francescomarino, don Danilo Belotti e don Eugenio Marciano.
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(FORSE CI SEI PURE TU!)
PRIMI ANNI '50 |
Attraverso una ricca selezione di immagini storiche, che ricoprono un arco di tempo di oltre un secolo, cercheremo di far rivivere lo spirito della festa, anche con un po' di commozione nel ricordo di sacerdoti che non ci sono più come don Antonio Di Francescomarino, don Danilo Belotti e don Eugenio Marciano.
(FORSE CI SEI PURE TU!)
"Sopra una bella collina, a quattro miglia da
Vasto", scriveva Antonio De Nino, "sorge la chiesa della Madonna della Penna. Appiè della collina battono
le acque dell’Adriatico. La festa di questa Madonna si celebra tra aprile e
maggio: bande musicali, spari di mortaletti e processione. La statua della
Madonna si porta processionalmente in riva al mare. Un grosso battello aspetta
la regina dei Cieli. Grande emozione, quando la Madonna entra nel battello coi
preti e coi vice preti, cioè coi procuratori della festa. I marinai remano di
cuore verso Pescara; e il movimento ondulatorio del battello produce
un’illusione potentissima negli spettatori, cui la Madonna sembra persona viva".
Sorta
intorno al 1500 sulle rovine dell’antica città di Pennaluce, la chiesa della
Madonna della Penna è divenuta nel corso degli anni metà di pellegrinaggi di
devoti vastesi che accorrono numerosi all’annuale festa che si rinnova nel mese
di maggio.
Così il
Marchesani descriveva la chiesa nella Storia
di Vasto: "…Muraglia
quadrilatera più larga che alta, orlata superiormente da archetti e da
triangoli a fabbrica, ne forma il meridional prospetto. Tre aperture vi sono;
la media, priva d’imposte, introduce a stretto atrio coverto, dal quale per
basso uscio si penetra in chiesa. Unica è la nave, il di cui fondo, sormontato
da cupola tondeggiante è vestita di mattoni colorati, resta diviso per mezzo di
lapidee balaustre. In nicchia al muro dell’altra è collocata statuetta della
Vergine col Bambino in braccio. Vedesi pinto accanto all’altare lo stemma della
casa d’Avalos. A destra ed a sinistra della navetta, sono due statuette parimente
in nicchie, e dal muro pende grosso Crocifisso di legno, lavorato da un tal
Santoro nel 1744. La porticina sinistra del mentovato muro meridionale apre
l’ingresso a corridojo crollato per gran porzione, il quale serve di stalla, e
che cingendo l’edificio della chiesolina termina nell’abituro dell’eremita. Due
piani di poche, anguste e cadenti celle formano la casetta assegnata
all’eremita: in questa entrasi per la terza porticina. La piccola campana pende
da murello elevato sul canto sinistro della navetta".
La facciata
nuova con porticato venne realizzata nel 1889 su progetto del vastese Francesco
Benedetti.
Un tempo la
settimana precedente la festa, la statua della Madonna veniva portata
processionalmente a spalla da robusti contadini, fino alla chiesa di San Pietro
prima, ed a quella di Sant’Antonio di Padova poi, preceduta dalle contadinelle,
che portavano sulla fronte corone di viole, e da pellegrini con le sacre
insegne in testa. Solo dal 1997, la statua della Madonna viene portata presso la
nuova chiesa parrocchiale di San Paolo Apostolo.
Il giorno della festa la processione in mare si
svolgeva sulle paranze.
Molto bella è la descrizione del solenne imbarco, fatta
dal poeta e pittore vastese Carlo Palmili: "Le barche, con le vele rosse, bianche, arancione, si gonfiano e si
sgonfiano nell’avvicinarsi alla riva. Salire sulla barca non è facile. I
marinai sono presi dalla fretta. Si caricano sulle spalle donne, uomini e
bambini e li trasportano sulle barche. Chi denuda le gambe, chi si stringe al
collo del marinaio per timore di cadere nell’acqua; chi ride idiotamente e
rinunzia a salire a bordo. La scena si ripete fino a che non viene imbarcata la
Madonna, che viene deposta vicino all’albero della barca. La barca che reca la
Vergine è senza vela: essa viene rimorchiata dalle altre barche. Sull’albero,
in segno di distinzione, è tesa una fune con infinite banderuole, fra il suono
della banda e grida osannanti dei fedeli".
Interessante è anche la descrizione riportata su Il Giornale d'Italia pubblicata nel
1929: "Partono di buon mattino le
paranze dal lido di Vasto per recarsi al Seno Lotta; qui la Madonna, portata a
spalla da quattro contadini scelti a sorte, viene deposta sulla barca che la
porterà al largo, facendole fare un giro dal braccio sud al braccio nord
dell'insenatura e viceversa. A coppie le barche formano il corteo seguendo la
barca della Madonna, che è senza vela, poiché sull'albero libero è stato
improvvisato l'altarino con relativi pennoni, e che viene rimorchiata
dall'altra barca gemella. La folla dei fedeli e dei paesani si reca numerosa ad
attendere la Madonna, sia al braccio sud che al braccio nord. Molte sono le
barche che accompagnano la processione sul mare e sulla riva è tutta una festa
di colori e di luce".
L’origine
della processione in mare è da ricondursi probabilmente al ricordo di una
leggenda tramandata dai marinai, che parla del trafugamento della statua della
Madonna da parte dei Turchi, poi ritrovata in chiesa, mentre la loro barca
andava a fondo, e del suono di una campana, adagiata sul fondo del mare, che si
ode suonare il lunedì dopo Pasqua.
Questa
leggenda è ricordata molto bene in una poesia scritta da Rosa Marcantonio,
pubblicata negli anni ’50 sul periodico Histonium
diretto da Espedito Ferrara:
Leggenda di Punta Penna
Così narrano i vecchi marinai:
Vennero i Turchi e alla chiesetta nostra
Involaron la statua prodigiosa
Della Vergine Santa. Era di Pasqua
Il dì seguente. I saraceni ladri
Tolsero su dal tetto la campana
E rifuggiron per la via del mare.
Vogavan lesti sopra l’acque nostre
Quando videro alzarsi sopra loro
Un vapor bianco e ritta sopra quello
La statua di Maria. Ella i suoi figli
Non volle lasciar per gl’infedeli crudi
E con gli angeli suoi torna alla chiesa.
Raggia la nube lume non terreno,
L’acqua si ferma dove passa Lei
Tremula, riverente, impallidita…
Sbigottirono i Turchi alto levando
Le roche voci e di vendetta in tema
La pia campana ascosero nel mare.
Ora, al dì dopo Pasqua, si solleva
Dal fondo mar la tinnula campana
Per ricordare agli uomini il prodigio.
E l’acqua che mirò passar Maria,
Commossa ancor tanto avvenimento,
Impallidisce e t’indica la via.
Un
paesaggio d'incanto come quello di Punta Penna, soprattutto prima della
costruzione del Porto, quando c'era ancora "luscojje spaccate", ha
stimolato i versi di molti poeti locali. Seppur meno conosciuta della
precedente, merita di essere riproposta una vecchia poesia scritta da Ermindo
Colangelo di Pollutri. Risalente al 1911, quando il maestro pollutrese
insegnava nelle scuole di Vasto, i versi decantano Punta Penna con i suoi
scogli e il suo splendido mare:
Punta
Penna
Vecchi
Titani, de le vostre lotte
col
Ciel Cadder qui l'armi: (de l'orrendo
tonfo
non forse ancor per le marine
l'eco rimbomba?)
scogli
immani che dan le creste ai venti,
rocce
che san la calma ed il naufragio,
seni
e caverne rumorose, eccelsi
picchi. Gli scogli
precipiti
sull'onda come folli
demoni
scatenati a la rovina
pender
vedi, sinistri, minacciando
un cataclisma!
Tutto
intorno è silenzio; lene l'onda
ai
mostri lambe i fianchi; un rifiorire
bianco
di sali li corona e luccica
al sol di maggio.
Sul
mar le vele rosse e bianche e gialle;
fra
i sassi, a riva, lento uno sciacquio,
fra
scoglio e scoglio un defluire roco
d'acqua che scherza.
Nel
fondo de la cupa onda un viluppo
di
cose vive: un popolo di granchi
di
conchigliette di meduse e valve
iridescenti.
Le
alghe in misteriosi avvolgimenti
di
vita fan foreste, e su la grassa
preda
bramosi allungano i tentacoli
viscidi i
polpi.
Vecchia
Buca che dormi in fondo al mare
qui
tutto è bello, tutto è grande, tutto
richiama
la tua degna gloria antica
in sogno nuovo!
O
bello al sole vasto pian giocondo,
o
dolce seno in cui come gazzelle
pel
dirupo clivio van gioiose
le marinare…
Salvete!
Poco lungi Istonio nuova
al
ciel le torri, per il mondo i torti,
nei
cuor gli sguardi de le sue fanciulle
lancia e
sorride!
Sorride
all'avvenire e lo prepara;
e
già sul pian di Punta Penna, auspicio,
arra
sicura fra la industria gente,
s'aderge il Faro!
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