lunedì 11 maggio 2020

I luoghi dell'infanzia: "Mi sono ripromesso che quest'anno coronavirus permettendo, andrò a rifarmi un bagno nella mitica Casarza!"

Fernando Fiore ci ha inviato su fb questo ricordo che volentieri rilanciamo sul blog NoiVastesi.
I miei ricordi: la mitica "Casarza".
Caro Nicola, quando ero bambino i Vastesi sfruttavano prevalentemente due possibilità per andare al mare a piedi (i mezzi di trasporto scarsissimi dell'epoca pochi se li potevano permettere).
I Vastesi abitanti nella parte Sud della Città prediligevano "Scaramurze" oppure "Cungarelle" che raggiungevano scendendo le scalette sotto il palazzo D' Avalos e quindi attraversando una stradina poderale.  Quelli della parte Nord preferivano Casarza che raggiungevano partendo dalla Madonna delle Grazie e attraversando una stradina poderale fino al mare. La mia famiglia abitante in Via Anelli (zona nord) frequentava Casarza.
Questa mitica zona balneare
aveva queste peculiarità: la "pizzella"(in dialetto antico "la pizzalle") era uno scoglio piatto a pochi metri dalla riva simile ad una pizza (donde il nome), il regno adorato dai bambini dove passavano delle ore a tuffarsi.
FERNANDO FIORE 
"Lu lagatte" (il laghetto) un piccolo specchio d' acqua circondato completamente da scogli, dove solitamente i bambini imparavano a nuotare (compreso me).
Infine "lu scojje di fere" (lo scoglio di fuori), uno scoglio un po' lontano dalla riva con un palo conficcato residuo di un trabocco. Quando noi bambini riuscivamo a raggiungerlo a nuoto esclamavamo con orgoglio: 'so' rruvete a lu scojje di fere"
Quante ore felici con la mia famiglia passate in quel posto d' estate fino agli anni '50, quando hanno realizzato uno scarico fognario diretto a mare (dismesso nei primi anni '60 con la realizzazione dei depuratori), fatto che ha impedito a noi Vastesi di usufruire di Casarza.
Mi sovvengono due episodi che evidenziano il radicamento della frequentazione estiva di quel tratto di mare. A quell'epoca mia madre dopo le operazioni di mietitura del grano portava sempre me e mio fratello Michele (di tre anni più grande) nella masseria ubicata a metà strada tra Petacciato e Guglionesi di mia zia Rosa (una sorella di mia mamma). Lì andavamo per raccogliere le spighe di grano residuate a terra dalla mietitura, che poi mia madre portava a Vasto per la molitura (erano tempi durissimi subito dopo la guerra e tutto era utile). Durante una di quelle permanenze nella masseria mio fratello Michele era diventato insofferente e non voleva più starci, cosicchè decise di andarsene da solo a piedi per tornare a Vasto (forse poteva avere 9 anni). Quando se ne accorse mia madre incaricò i miei cugini di andarlo a cercare. Lo trovarono alle porte di Petacciato a circa 7 chilometri dalla masseria. La sua giustificazione: doveva tornare a Vasto per andare a fare i tuffi alla "pizzella" di Casarza. L'altro episodio è  del 1966.
Mio fratello Alfonso, primogenito nato nel 1930, era partito emigrato per l' Argentina nel 1949 (a 19 anni) e tornò appunto la prima volta nel 1966 (dopo 17 anni).
Dopo qualche giorno dal suo ritorno mi chiese di accompagnarlo a fare un bagno a Casarza. Gli spiegai il problema dello scarico che era stato dismesso da alcuni anni ma non volle sentire ragioni. Del resto era comprensibile, lì  c' erano tutti i suoi ricordi estivi dell'infanzia, dell' adolescenza e della sua giovinezza. Così l'accompagnai e ci facemmo il bagno nuotando fino allo scoglio di fuori, rendendo mio fratello un uomo felice per avergli fatto rivivere un bagno nella mitica Casarza.
L' anno scorso mi sono fermato con l'auto nel parcheggio che lì hanno realizzato ed ho rivisitato quel tratto di mare dopo tantissimi anni. E' sempre bellissimo c' è ancora "la pizzella" ovviamente corrosa dalle mareggiate, il laghetto ed anche lo scoglio di fuori.
Mi sono ripromesso che quest'anno coronavirus permettendo, andrò a rifarmi un bagno nella mitica Casarza.
foto Lino Spadaccini
  



Giustiniano Zimarino su fb ha aggiunto “A proposito di Scaramurze, ricordate che c’era un vecchio albero d’ulivo – che chiamavamo “La Vicchie”- posto all’imbocco delle scalette che portavano a “Lu palazze”, con un vuoto nella parte centrale del tronco, ove noi “scazzamaurille” affaticati e sudati della risalita dalla strada poderale, ci soffermavamo un attimo per riprendere fiato, e nel frattempo buttavamo un sasso nel suo ventre cavo in segno di saluto di rispetto, come appunto lo si deve ad una persona anziana”.

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