Sessanta anni fa, il 2 dicembre del 1959, iniziava la demolizione della chiesa di San Pietro a causa delle profonde lesioni riportare durante i vari movimenti franosi a partire dal 22 febbraio 1956.
Sono ancora oggi in molti ad affermare che la chiesa poteva
essere salvata, ma la classe politica dell'epoca, non ha fatto abbastanza per l'antico luogo di culto. Poteva essere ricostruito il
muraglione a sostegno della chiesa, ma sarebbe stato troppo oneroso, allora
meglio dare un contentino: demolire S.Pietro e creare una bella passeggiata
panoramica.
Sull'Histonium, Espedito Ferrara scriveva: "Ai numerosi interrogativi di tanti cittadini non sappiamo rispondere. Finora
abbiamo fermamente sperato, abbiamo resistito e lottato con la forza
dell’affetto e della fede nei destini della nostra città millenaria; ma, ormai,
dobbiamo constatare che la minaccia continua e si estende pericolosamente. I
tecnici forse non vogliono dirci la parola cruda aspettando che la verità
terribile si faccia strada nell’animo dei cittadini: dobbiamo perciò dare un
addio alla vetusta chiesa di San Pietro?". Nella penna del giornalista
traspariva tutta l’impotenza di una città lasciata al suo triste destino, in
preda alle forze della natura, che non accennavano a desistere.
LA CHIESA DI SAN PIETRO ERA GRANDE COME S. MARIA MAGGIORE |
Dietro l’abside
della chiesa era rimasto circa un metro di strada. Nell’ottobre del 1959 si
formò una nuova fenditura che dalla volta della chiesa si manifestava anche nel
pavimento del presbiterio e della cripta di S. Espedito. Il Genio Civile di
Chieti ne ordinò subito l’abbattimento dietro esproprio e indennizzo di 100
milioni di lire.
Dal 2 dicembre 1959
la chiesa venne demolita pezzo per pezzo. "La notizia sparsasi
immediatamente fra la popolazione, ci ha fatto
vedere un accorrere di gente nella Piazza San Pietro", scriveva Luigi Del Greco sul quotidiano Il Messaggero, "Su tutti i volti traspariva una intensa emozione, e qualcuno non nascondeva le lacrime nello scorgere gli operai intenti a procedere allo smantellamento di un così maestoso e caro edificio. Ci sembrava che si fosse tornati indietro nel tempo, alle giornate di quel febbraio di tra anni orsono in cui, su tutta la città era calata un’ombra di lutto e sembrava che il destino si fosse accanito contro Vasto, ripetendo i dolori di cento cinquanta anni addietro. Anche allora osservammo l’ansioso chiedere notizie, il correre affannoso o la tristezza di chi doveva precipitosamente abbandonare la propria casa minacciata dalla frana".
vedere un accorrere di gente nella Piazza San Pietro", scriveva Luigi Del Greco sul quotidiano Il Messaggero, "Su tutti i volti traspariva una intensa emozione, e qualcuno non nascondeva le lacrime nello scorgere gli operai intenti a procedere allo smantellamento di un così maestoso e caro edificio. Ci sembrava che si fosse tornati indietro nel tempo, alle giornate di quel febbraio di tra anni orsono in cui, su tutta la città era calata un’ombra di lutto e sembrava che il destino si fosse accanito contro Vasto, ripetendo i dolori di cento cinquanta anni addietro. Anche allora osservammo l’ansioso chiedere notizie, il correre affannoso o la tristezza di chi doveva precipitosamente abbandonare la propria casa minacciata dalla frana".
Con scrupolosa
attenzione, si provvide a salvare gli altari, i marmi del pavimento, della
balaustra e delle due scalinate per scendere nella cripta, ma anche tutte le
statue, i quadri e i tesori. Tutti i beni in parte furono utilizzati per
l’altare e il presbiterio della chiesa di Sant’Antonio di Padova, dove si era
trasferita la parrocchia, i quadri, tra cui l’Ecce Agnus Dei di Filippo
Palizzi e Il cieco di Gerico di F. Paolo Palizzi, furono trasferiti
presso Museo Civico, altre statue di Santi furono dislocate tra le chiese di
Sant’Antonio, la Madonna delle Grazie e Santa Filomena, e ancora tante altre
suppellettili in deposito presso alcune famiglie.
Della chiesa di San
Pietro oggi non rimane che il bel portale e tanti ricordi.
Lino Spadaccini
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