giovedì 14 novembre 2019

Francesco Paolo Votinelli e la sua "Uaste bbelle e terra d'eure", l'inno dei vastesi

di GIUSEPPE CATANIA
VOTINELLI ANNI '50


Quando i vastesi d'oltreoceano ascoltano le appassionate parole della canzone "Uaste bbelle e terra d'eure", sicuramente qualche lacrima solca il loro volto. È, infatti, un accorato, nostalgico canto di un emigrante rivolto alla sua lontana terra natia.
Questo emigrante era Francesco Paolo Votinelli (1891-1969), un uomo come tanti altri vastesi costretti ad andare all'estero per trovare lavoro e fortuna.

Della sua terra natale Francesco Paolo Votinelli aveva fatto una ragione di vita. Per più di 50 anni d'America aveva provato quanto sarebbe costato caro vivere con il ricordo struggente nel cuore per la sua bella Vasto.
 Così la passione ed il sentimento poetico, insito in un nobile e sensibile animo di cantore, gli ispirarono le parole di una bellissima canzone che desiderò ardentemente dedicare alla sua Vasto, città dove aprì gli occhi alla luce della vita.
 Una canzone che per generazioni di
Vastesi emigranti in ogni angolo del mondo, ha costituito un motivo dì spiritualità per tenerli sempre uniti alla lontana città adriatica. Francesco Paolo Votinelli, al pari di tanti altri vastesi emigranti, sentì lo strazio della lontananza e, come ogni poeta nato, volle cantarne la commozione, sublimandone il significato in una frase lapidaria: "Te putesse arevidaje" (Ti potessi rivedere!).


 Il destino, che a volte ci appare crudele quando ci riserba momenti di tristezza, ha voluto esaudire l'ardente desiderio che il poeta aveva scolpito, con tutta la sua vivida passione negli ultimi due versi del "ritornello" della sua canzone: "Ma fa prima che mme Méure /te putesse arevidaje"

 Era tornato nella sua Vasto, accolto con grande amore da parenti e da numerosissimi amici che in gioventù gli furono vicino. Rivide i luoghi della sua i fanciullezza, gli stessi che echeggiano nella sua canzone dedicata a Vasto, città che, nell'immagine poetica, non ha confronto alcuno con le altre.

 Ogni mattina era solito fissare il mare scrutando per penetrare l'orizzonte dalla balconata Adriatica, per immergersi a piena luce nell'abbraccio abbagliante del creato. E ne provava intima, immensa commozione: sentiva nel profondo del suo cuore l'arcano respiro della sua terra tanto amata.

 Ed a Vasto, volgendo il suo ultimo sguardo alla marina che spazia la maestosità del cielo e del mare, leggermente velato da soffice nebbiolina novembrina, Francesco Paolo Votinelli chiudeva per sempre gli occhi, ormai vinto dalla gioia di poter essere sepolto nel grembo della terra che 78 anni prima lo diede alla vita.

 Resta l'immagine e la memoria di Francesco Paolo Votinelli, inimitabile "poeta della lontananza", cantore autentico della struggente nostalgia della terra natia, il cui canto sopravviverà fino a che vi sarà nel mondo chi di Vasto, della Patria, serba viva l'essenza della spiritualità.

 Giuseppe Catania

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