E' stato presidente del Tribunale di Vasto. Ed anche candidato sindaco.
riceviamo e pubblichiamo
Mario Della Porta è sempre stato il Presidente, anche quando reggeva la scala perché non cadessi durante la raccolta delle squisite ciliegie che offrivano gli alberi della sua casa. E se Matteo dice che dai frutti si riconosce l'albero, quell'albero aveva radici profonde, capiva di uomini, sapeva pesarli e soppesarli. Ne aveva giudicati tanti nella lunga carriera dentro i tribunali. Adesso, da saggio buono e leale, lo trovavo in poltrona a leggere, soprattutto biografie e libri intorno al potere della Chiesa. Era rimasto deluso, nel 2011, dalla corsa a Sindaco di Vasto finita male. Era rimasto sui banchi dell'opposizione per cinque anni condividendo poco o nulla di quanto ascoltava, ma sempre composto, signorile, disincantato. Come Lista civica di Alleanza per Vasto ci apparentammo al ballottaggio certi della sconfitta. Lo facemmo soltanto per rispetto dell'uomo. Dopo la sconfitta scrissi un comunicato per proporlo Presidente del Consiglio comunale. Sarebbe stato non un ottimo presidente, ma il Presidente. Le piccinerie e le miserie umane della politica, ovviamente, fecero decidere secondo prassi e l'Aula perse una grande occasione. Dopo l'esperienza politica, quando la solitudine avvolge anche chi è stato riverito e ossequiato per decenni, sono andato spesso a trovarlo. Le ciliegie erano buone ma il profumo della vita stava andando via. Il Presidente ci lascia molto di più del ricordo. L'Aula degli ultimi tre anni non è quella del quinquennio precedente. Ci sono uomini destinati a passare lasciando traccia indelebile del passaggio. Lui è uno di questi.
Davide D'Alessandro
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