C'È SEMPRE UNA CURA: ANCHE PER CHI E' INSODDISFATTO
di Angelo Del Moro
La vita dovrebbe di per sé essere intervallata da gioie e dolori, sconfitte e trionfi, sorrisi e bronci, ma chi soffre di questa patologia fa della sua esistenza un perenne training volto ad allenarsi alla performance successiva, nell'aspettativa che sia più conforme alla perfezione della precedente.
Il proverbiale "mai 'na gioia" per l'atelofobico, è pertanto un principio di vita dal quale è incapace di emanciparsi, e questo a dispetto dei risultati, delle lodi e degli encomi ricevuti: chi inneggia al valore della sua prestazione o alla seduttività della sua avvenenza è probabile che lo stia facendo, secondo lui, per consolarlo dalle inevitabili lacune da cui è distinto.
Non ci crede, insomma. E l'angoscia rimane.
Non di rado, poi, il malato di atelofobia decide di sospendere l'attività nella quale era impegnato, paventando il rischio di non portarla a termine secondo il suo ideale di eccellenza: se non può giungere al traguardo al meglio, preferisce non arrivarci del tutto, volgendosi a nuove sfide in cui si ripresenterà lo stesso copione.
E' il serpente che si morde la coda: comunque, vivere di fianco a una persona che soffre di questo disturbo può risultare davvero insopportabile. Perché questi, aspettandosi di assoggettare il partner alle proprie smanie di compiutezza, finisce col metterne a dura prova la pazienza, fino a costringerlo all'inesorabile addio.
Ecco allora che il malato sprofonda una volta ancora, in quegli stati d'animo in cui ama crogiolarsi: pessimismo, sfiducia e delusione. Non è del tutto chiaro che cosa contribuisca allo sviluppo di un temperamento atelofobico, ma sembra più che probabile che le basi all'insorgenza della patologia siano gettate durante i periodi dell'infanzia e dell'adolescenza: aspettative genitoriali deluse, traumi infantili e ricordi tormentati potrebbero rappresentare delle plausibili concause, tuttavia non è da escludere l'ipotesi di un'indole già di per sé votata al perfezionismo.
E' comunque difficile guarire senza il supporto di uno specialista delegato, una volta per tutte, a risolvere la paura patologica di non essere a livello degli standard che ci prefissa.
La cura dell'atelofobico, in primo luogo, dovrebbe passare attraverso la salvifica consapevolezza che la perfezione non esiste, ragione per cui è inutile cercare di raggiungerla.
Vasto, 13.09.2019
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