Il gen. Pellegrini |
Presentazione del libro NOI, GLI UOMINI DI FALCONE con la presenza dell’autore ANGIOLO PELLEGRINI ed un collegamento in video via skype con Maria Falcone sorella del Magistrato.
L’animato incontro, moderato dall’avv. Antonio Cilli fondatore di Cittanet, si è svolto presso l’Auditorium del Liceo
Artistico Pantini – Pudente, davanti ad una folta platea di studenti degli istituti
superiori, di rappresentanti delle Istituzioni, di soci e di pubblico. A loro,
l’autore, ex generale dei Carabinieri, ha
raccontato della storia del suo libro, che reca un esplicito sottotitolo: “La guerra
che ci impedirono di vincere”.
In breve questa è la storia narrata nel volume: “Palermo,
gennaio 1981. Il capitano Angiolo Pellegrini assume il comando della sezione
Anticrimine dell'Arma dei Carabinieri, quando la mafia tiene la Sicilia sotto
scacco. Unica speranza, un giudice che con alcuni colleghi ha fatto della lotta
alle cosche la sua missione: Giovanni Falcone. Ha bisogno però di uomini fidati
che portino avanti le indagini. E Pellegrini non si tira indietro: mette
insieme una squadra di fedelissimi e va a infilare il naso dove nessuno ha mai
osato, guadagnandosi l'amicizia e la stima del magistrato. Il libro
ricostruisce dall'interno, a ritmo serrato, il periodo più drammatico ed eroico
della guerra a Cosa Nostra. Una guerra che, in fondo, erano davvero in pochi a
voler vincere”.
Di Scipio, Pellegrini, Cilli |
Angiolo Pellegrini durante l’incontro ha sottolineato che il suo è un testo “per
aiutare i giovani a capire l’importanza della giustizia e della legalità”. E questo
concetto è stato più volte ripreso durante la conferenza. “La mafia non si
vince solo con la repressione, ma è
necessario agire sulla cultura della gente, studiate!”. Ed ha poi riferito
molti particolari sulle molte vicende di cui è stato testimone.
Maria Falcone su skype (foto noivastesi) |
Momento di grande emozione il collegamento via skype con
Maria Falcone, che presiede la fondazione che porta il nome del fratello. Dopo
il saluto del Sindaco Francesco Menna, la sorella del magistrato ha risposto
alle domande del pubblico. “A quanti chiedevano a Giovanni del perché
continuasse a fare tutti quei sacrifici, lui rispondeva che lo faceva per lo “spirito
di servizio”, per quel senso del dovere e della professionalità che ognuno di
noi deve sempre avere per il rispetto delle istituzioni”.
foto Costanzo D'Angelo |
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