BARTALI A VASTO IN MOLTE OCCASIONI |
13^ di 13 ULTIMA PUNTATA
di LINO SPADACCINI
Terminiamo
il nostro viaggio sul Giro d'Italia con il ricordo di due grandi corridori del
passato: Gino Bartali e Alessandro Fantini.
Il primo è senz'altro una leggenda
del ciclismo insieme a Fausto Coppi, l'altro è considerato il più grande
ciclista abruzzese (insieme a Vito Taccone, "il camoscio d'Abruzzo"),
prematuramente scomparso all'età di 29 anni in seguito ad una caduta durante la
sesta tappa del Giro di Germania.
Gino
Bartali (1914-2000) è stato uno dei più grandi ciclisti italiani. Professionista
dal 1934 al 1954, vinse tre Giri d'Italia (1936, 1937 e 1946) e due Tour de
France (1938 e 1948), oltre a numerose gare internazionali tra le quali
spiccano quattro Milano-Sanremo e tre Giri di Lombardia.
Particolarmente
affezionato alla nostra regione, veniva spesso in vacanza a Fossacesia, e
diverse volte è stato invitato a Vasto in occasione di manifestazioni sportive,
come dimostrano le foto accanto al comm. Silvio Petroro e alle forze
dell'ordine.
Alessandro
Fantini è nato a Fossacesia il 1° gennaio del 1932. Professionista dal 1954 al
1961 ha vinto sette tappe al Giro d'Italia e due al Tour de France.
Fantini,
con le sue imprese, ha fatto sognare tutto l'Abruzzo.
"Abbiamo conosciuto Alessandro Fantini al
Velodromo dell'Aragona di Vasto", si leggeva sulle colonne dell'Histonium nel giugno del 1956,"accanto agli azzurri della velocità, alle
frecce del ciclismo mondiale. Il suo ingresso è stato salutato dall'entusiasmo
di tutti gli sportivi". Il cronista ricordava le Gare ciclistiche internazionali in programma il 3 maggio 1955
all'Aragona, che videro la partecipazioni di importanti nomi del ciclismo come
Filippi, Rigoni, Gismondi, Maspes, Fantini e il grande Fausto Coppi.
Le
due vittorie al Giro d'Italia del 1955 (la Sanremo-Acqui Terme e Lido di Jesolo-Trieste)
e la dodicesima tappa del Tour de France, la Avignone-Millau, ed ancora le due
vittore al Giro del 1956 e soprattutto nove giorni in maglia rosa, accrebbero
ancor più la popolarità del giovane ciclista abruzzese. "Lo
ritroviamo, nuovamente, al Giro d'Italia", si leggeva ancora sull'Histonium, "confuso dapprima tra i tanti nomi dei girini, fra le numerose maglie delle squadre, balzato poi d'impeto, di forza, di slancio, come una strofe epica, al comando di tutti i generosi cavalieri delle strade d'Italia, fasciato dal miraggio della maglia rosa, gran premio del fervido torneo delle ruote silenziose. Fantini, Fantini, Fantini!... Lungo l'asfalto e la polvere dei percorsi, al termine delle tappe acclamanti, il suo nome, tratto dallo stupore dell'interrogativo, è volato con ali di falco davanti alla sua pedalata, alla sua velocità, alla sua resistenza per conquistare il cuore e la simpatia delle folle, che ama gli atleti, i quali illuminano improvvisamente il cielo dello sport con una abbagliante sciabolata di luce. È un abruzzese, han detto frettolosamente i grandi organi sportivi un po' sgomenti davanti alla potente invadenza d'un meridionale, gelosi d'un primato scosso energicamente. Un abruzzese, aggiungiamo, modesto, tenace, coriaceo come la sua terra, che si apre la strada col duro piccone della propria volontà, che si porta con se, come le radici divelte, parte della sua terra per sentirsi fresco della profondità alimentata da vene sotterranee".
ritroviamo, nuovamente, al Giro d'Italia", si leggeva ancora sull'Histonium, "confuso dapprima tra i tanti nomi dei girini, fra le numerose maglie delle squadre, balzato poi d'impeto, di forza, di slancio, come una strofe epica, al comando di tutti i generosi cavalieri delle strade d'Italia, fasciato dal miraggio della maglia rosa, gran premio del fervido torneo delle ruote silenziose. Fantini, Fantini, Fantini!... Lungo l'asfalto e la polvere dei percorsi, al termine delle tappe acclamanti, il suo nome, tratto dallo stupore dell'interrogativo, è volato con ali di falco davanti alla sua pedalata, alla sua velocità, alla sua resistenza per conquistare il cuore e la simpatia delle folle, che ama gli atleti, i quali illuminano improvvisamente il cielo dello sport con una abbagliante sciabolata di luce. È un abruzzese, han detto frettolosamente i grandi organi sportivi un po' sgomenti davanti alla potente invadenza d'un meridionale, gelosi d'un primato scosso energicamente. Un abruzzese, aggiungiamo, modesto, tenace, coriaceo come la sua terra, che si apre la strada col duro piccone della propria volontà, che si porta con se, come le radici divelte, parte della sua terra per sentirsi fresco della profondità alimentata da vene sotterranee".
Per
il giovane corridore abruzzese il destino fu avverso. Alessandro Fantini cessò
di vivere il 5 maggio del 1961 a Treviri, in Germania, in seguito alla frattura
del cranio riportata nella volata conclusiva della sesta tappa del Giro di
Germania. Una tragedia che sconvolse tutto il mondo del
ciclismo, primo fra tutti Alfredo Binda, che lo aveva selezionato nelle
nazionali schierate al Tour del '55 e '56 dandogli la soddisfazione di vincere
due tappe.
Lino
Spadaccini
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