di LINO SPADACCINI
Il 2 dicembre del 1959 inizia la demolizione della chiesa di San Pietro a causa delle profonde lesioni riportate durante i vari movimenti franosi a partire dal 22 febbraio 1956.
Il 2 dicembre del 1959 inizia la demolizione della chiesa di San Pietro a causa delle profonde lesioni riportate durante i vari movimenti franosi a partire dal 22 febbraio 1956.
La chiesa poteva essere salvata? In molti, ancora oggi, ne
sono assolutamente convinti. Purtroppo, la
classe politica dell'epoca, non ha fatto abbastanza per salvare l'antico luogo di culto. Poteva essere ricostruito il muraglione a sostegno della chiesa, ma sarebbe stato troppo oneroso, allora meglio dare un contentino: demolire S.Pietro e creare una bella passeggiata panoramica.
classe politica dell'epoca, non ha fatto abbastanza per salvare l'antico luogo di culto. Poteva essere ricostruito il muraglione a sostegno della chiesa, ma sarebbe stato troppo oneroso, allora meglio dare un contentino: demolire S.Pietro e creare una bella passeggiata panoramica.
In un lungo articolo pubblicato sul periodico locale Histonium,il giornalista Giuseppe Catania si chiedeva "Sarà demolita la chiesa di San Pietro?". E Proseguiva: "Si è parlato di progetti per la ricostruzione
e sistemazione della parte orientale della Città travolta dalla frana.
Probabilmente sembra, che, per l'attuazione delle opere di consolidamento, si
debba provvedere ad abbattere il vetusto tempio".
Le voci sull'abbattimento
della chiesa vennero riprese anche da Il Messaggero, in data 27 agosto,
qualche giorno prima della frana che provocò il crollo del Palazzo delle Poste:
"Fra la cittadinanza… nonostante le assicurazioni dell’on. Romita al
tempo del Convegno dei Tecnici, si è diffusa la voce della demolizione del
vetusto tempio, che, caso strano, finora non cade, non precipita per le forze
oscure della natura; ma può cadere, può precipitare per l’opera dell’uomo che
teme che il sacro edificio possa crollare. Eppure si era parlato di isolamento
della chiesa! Perché ora si propina al pubblico e ai fedeli la soluzione
inattesa dell’abbattimento?".
Ancora sul quotidiano romano e sull'Histonium, Espedito Ferrara scriveva: "Ai numerosi interrogativi di tanti cittadini
non sappiamo rispondere. Finora abbiamo fermamente sperato, abbiamo resistito e
lottato con la forza dell’affetto e della fede nei destini della nostra città
millenaria; ma, ormai, dobbiamo constatare che la minaccia continua e si
estende pericolosamente. I tecnici forse non vogliono dirci la parola cruda
aspettando che la verità terribile si faccia strada nell’animo dei cittadini:
dobbiamo perciò dare un addio alla vetusta chiesa di San Pietro?".
Nella penna del giornalista traspariva tutta l’impotenza di una città lasciata
al suo triste destino, in preda alle forze della natura, che non accennavano a
desistere. Quando finiranno le frane? Dopo il Palazzo Marchesani, quale altra
porzione di Vasto cederà di schiantò? Quando inizieranno i lavori? Non c’è
proprio nulla da fare per l’antica chiesa di San Pietro? Sono queste le domande
legittime che i vastesi si ponevano, senza avere, purtroppo, nessun tipo di
risposta o certezza.
Nel 1957 don Romeo
Rucci, don Michele Ronzitti, insieme ai tre presidenti delle congreghe di San
Pietro, Angelo Barone, Nicola Raspa ed Enrico Armeno, accompagnati dall’on.
Giuseppe Spataro, si recarono dal Ministro dei Lavori Pubblici, per cercar di
salvare la chiesa. L’on. Romita, come già aveva fatto a Vasto, durante i
sopralluoghi effettuati l’anno precedente, diede ampie garanzie per il
salvataggio dell’antica chiesa. In realtà il destino della chiesa era già
segnato.
Dietro l’abside
della chiesa era rimasto circa un metro di strada. Nell’ottobre del 1959 si
formò una nuova fenditura che dalla volta della chiesa si manifestava anche nel
pavimento del presbiterio e della cripta di S. Espedito. Il Genio Civile di
Chieti ne ordinò subito l’abbattimento dietro esproprio e indennizzo di 100
milioni di lire.
Dal 2 dicembre 1959
la chiesa venne demolita pezzo per pezzo. "La notizia sparsasi immediatamente
fra la popolazione, ci ha fatto vedere un accorrere di gente nella Piazza San
Pietro", scriveva Luigi Del Greco su Il Messaggero, "Su
tutti i volti traspariva una intensa emozione, e qualcuno non nascondeva le
lacrime nello scorgere gli operai intenti a procedere allo smantellamento di un
così maestoso e caro edificio. Ci sembrava che si fosse tornati indietro nel
tempo, alle giornate di quel febbraio di tra anni orsono in cui, su tutta la
città era calata un’ombra di lutto e sembrava che il destino si fosse accanito
contro Vasto, ripetendo i dolori di cento cinquanta anni addietro. Anche allora
osservammo l’ansioso chiedere notizie, il correre affannoso o la tristezza di
chi doveva precipitosamente abbandonare la propria casa minacciata dalla frana".
Con scrupolosa
attenzione, si provvide a salvare gli altari, i marmi del pavimento, della
balaustra e delle due scalinate per scendere nella cripta, ma anche tutte le
statue, i quadri e i tesori. Tutti i beni in parte furono utilizzati per
l’altare e il presbiterio della chiesa di Sant’Antonio di Padova, dove si era
trasferita la parrocchia, i quadri, tra cui l’Ecce Agnus Dei di Filippo
Palizzi e Il cieco di Gericodi F. Paolo Palizzi, furono trasferiti
presso Museo Civico, altre statue di Santi furono dislocate tra le chiese di
Sant’Antonio, la Madonna delle Grazie e Santa Filomena, e ancora tante altre
suppellettili in deposito presso alcune famiglie.
A tal proposito, nel 1976, sul mensile Vasto Domani, Francesco
Paolo Cieri pubblicava un interessante articolo dal titolo "Dove sono
custoditi i beni della Parrocchia di S. Pietro?".
Nel lungo articolo, oltre ai quadri più importanti, l'autore si
chiedeva dove fossero finiti i numerosi quadri che coprivano le pareti della
sagrestia, e ricordava tra questi "La strage degli innocenti", tre
bozzetti di Francescopaolo Palizzi, e i ritratti dei primi Prevosti della
Parrocchia. E si chiedeva ancora: "Dove si trovano le statue di S.
Omobono (patrono dei sarti e dei mercanti) e di S. Francesco di Paola, i preziosi
reliquiari, gli ostensori, i candelabri?... Quale fine ha fatto il monumentale
antichissimo organo? Dove sono andate a finire le antiche colonne con i
rispettivi capitelli che facevano parte del tempio pagano dedicato a Cerere?
Dove sono i leoni che adornavano l'artistico portale?".
Interrogativi
questi a cui è difficile rispondere, ancor più a sessant'anni di distanza.
Con la demolizione
della chiesa di San Pietro, era stato promesso al parroco Don Romeo Rucci prima
e don Stellerino D’Anniballe poi, la costruzione della nuova chiesa. Più volte
il vescovo mons. Bosio venne a Vasto per verificare la sede adatta,
successivamente individuata a Belvedere Romani, tra il carcere e la caserma dei
carabinieri. "L'Arcivescovo di Chieti e Vasto, mons. Giovan Battista
Bosio", si leggeva in un articolo di Giuseppe Catania, apparso su Il
Tempo del 14 novembre 1961, "in occasione della investitura
parrocchiale di San Pietro, concessa al rev. Don Stellerino D'Anniballe, ha
annunziato che al più presto l'antica chiesa, ora pressoché ridotta a rudere a
causa della frana, sarà ricostruita. Non ha detto quando, ma sarà ricostruita".
Gli anni passarono.
Per interessamento dell’on. Remo Gaspari, si riuscirono ad ottenere altri 150
milioni di finanziamento, ma dopo la morte del pastore diocesano, avvenuta il
25 maggio 1967, con la venuta del nuovo vescovo, Mons. Loris Capovilla, si
decise definitivamente di non ricostruire più la chiesa di S. Pietro, in quanto
quella di Sant’Antonio poteva sopperire a tale mancanza.
Mel 1978 fu ancora
FrancescopaoloCieri a tornare sull'argomento. Parlando del suo precedente
intervento del 1976, scrisse: "L'articolo produsse sensazione, ma
provocò soltanto la risposta di Mons. Loris Capovilla, che, dalla lontana
Loreto, tenne a precisare che, quando egli venne ad occupare la cattedra
arcivescovile di Chieti, diventando così nostro ordinario, i cento milioni
versati dallo Stato, quale indennizzo per la demolizione del tempio, erano già
stati in vario modo, utilizzati dal suo predecessore".
Della chiesa di San
Pietro oggi non rimane che il bel portale e tanti ricordi.
Chiudiamo
con i versi del M° Aniello Polsi dedicati all'antica chiesa di San Pietro.
La chiesa
franate
O bella chiese
de San Pitre, addije,
ʼna grossa frane
te s’à trascinate…
E quande i’
repasse pe’ ʼllavije
Lu core me se
stregnedesulate!
De tutte
chell’andichemunumende
Soltandelupurtale
c’è rimaste;
e mo sta èlle a
raccundà’ tremende
lujurne che
sciahure fu pe’ Vaste!
Recordequande a
sere i’ ce ‘ndrave,
pe’
ʼnginucchiarme a di’ ʼnaʼVemmarije,
e nu restore
all’anemepruvave!
O bella chiese
de San Pitre, addije,
mo n’ ce sti’
chiù: si’ fatte gne la nave
che cale a
fonne! …che malingunije!
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