venerdì 2 aprile 2021

PASQUA: I MESSAGGI AUGURALI DI ARTIGIANI E CONTADINI

Ripubblichiamo un articolo del compianto presidente dell'Assostampa
di Giuseppe Catania
La Pasqua, in ogni tempo, ha ispirato gli artisti di tutto il mondo. Poeti e pittori hanno immortalato nelle loro opere i simboli della Pasqua di Resurrezione, immortalandone il significato e contrassegnando così la cultura dell'umanità.
La letteratura popolare, quella più legata alle tradizioni della nostra gente, avvezza a trarre dalla terra il quotidiano sostentamento, trova sempre nei detti antichi, la saggezza ed il sapore di quanti sono ancora legati ai rituali tramandati a memoria.
I CONTADINI. A primavera, tempo della rigenerazione della terra, che poi coincide col tempo pasquale, si traggono auspici e si formulano
pronostici per il futuro.

E proprio in questo periodo i contadini sono soliti ripetere: “grane lènte, patròne cuntente”, per significare che il raccolto sarà ritardato a causa dell'inverno troppo lungo. Oppure, auspicando, dopo il lungo inverno, un marzo asciutto concluso con una pioggia provvidenziale: "Marz'assutte, Abbrile tembrate bbeate lu camparole ch'à sumendate. E vale cchiù n'acque fra magg'e 'bbrile che nu carré d'ore nghi tutte chi li tire". Ma si sa come la fatica del contadino è, come si suoi dire, sotto le stelle, cioè affidato alla Divina Provvidenza,

E poi sperare anche che il mese di marzo non sia troppo cattivo perché c'è un altro detto che dice: “Si marze s'ingràgne ti fa scuppà l'àgne” per significare che la fatica sarà dura fino a farti rodere le unghie.

C'è ancora un proverbio che è legato alle previsioni del mese di aprile e che dice: “Acche d'Abbreile, acceite lu porche e 'ngrasse la vaccile"

Ma la speranza dell'umile contadino è infinita, proprio perché " Canda Créste chiute 'na porte, n'arrépe cende " per significare che " Chi cumbide nghi Ddé cumbide n'etérne " e di conseguenza "Va dirette, ca Ddé t'aiute"

POETI POPOLARI. C'è un altro capitolo molto interessante che fa parte di quella poetica letteraria popolare. È poco nota ma è meritevole di essere" riscoperta ", proprio perché sta a significare l'irrefrenabile e intraprendente spirito di iniziativa che animava alcuni artigiani vastesi non certo privi di fervida fantasia.

È certo, dunque, che un secolo addietro e passa, la ricorrenza pasquale era contrassegnata da fermenti poetici di notevole interesse legati a quella cultura popolare, ingiustamente considerata letteratura minore.

Erano alcuni artigiani che, improvvisatisi poeti, scrivevano versi dedicati al popolo per augurare una lieta festività (per lo più a Natale ed a Pasqua), intenerire il cuore e spingerlo alla benevolenza, oltre a sollecitare una dimostrazione di tangibile munificenza.

Abbiamo le composizioni poetiche scritte da un tale Antonio Vinciguerra che si qualifica " Sciarritto " (oggi qualcuno a Vasto reca il soprannome " Sciarretta ") e da Michele Berardozzi, che si qualifica " Cazzarillo " (l'allusione è ovvia), entrambi intenti al mestiere di lustrascarpe, per la Pasqua del 1879.


C'è poi un sonetto per la Pasqua del 1880 scritto dal " factotum " della Città (come egli stesso si qualifica) firmato Michele Reale che ha un pregio tutto originale: si può leggere all'incontrario, cioè dall'ultimo al primo verso, tanta ingegnosa è la composizione, che non altera il significato.
" Sciarritto e Cazzariello " ritornano con un altro sonetto, nella Pasqua del 1884, scritto in bella grafia, dal contenuto pieno di filosofico ragionamento e adatto alla circostanza.

Erano questi libelli (e chissà quanti ancora ne esistono e magari sono " dimenticati "in qualche cassetto) poetici, che i modesti artigiani dell'epoca facevano stampare e distribuivano ai "clienti "da cui sicuramente ottenevano una adeguata mancia (e chi si sarebbe rifiutato?).
Un qualcosa che consentisse di acquistare, carne, uova e cacio fresco (allora non c'erano le leccornie di questo secolo consumistico) e, naturalmente l'immancabile universale, il ricordo del male (cioè della sofferenza e della povertà) e trascorrerla in lieta atmosfera di pace.

Giuseppe Catania

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