di GIUSEPPE CATANIA
Sui rancori che esistevano tra il clero di Santa Maria Maggiore e San Pietro a Vasto, si è molto scritto, specialmente sulle epiche ed aspre contese combattute dalle opposte fazioni per acquisire il diritto a chi spettasse di suonare il primo colpo di campana per annunciare la Resurrezione del Signore.
Contese che sfociarono nella soppressione dei due capitoli, dopo che, in data 26 maggio 1626, Marsilio Peruzzi, Arcivescovo di Chieti, emanò i "capitoli" che regolavano le rissose quistioni, pena la scomunica in caso di rifiuto. Ma non correva buon sangue in seno alle opposte fazioni ed ogni pretesto era buono per far prevalere diritti sugli altri.
I "capitoli" Peruzziani, che concedevano a Santa Maria Maggiore alcuni privilegi, produssero un'aperta ribellione nel clero di San Pietro. Fu così che,
nel marzo 1671, l'Arcivescovo, dopo aver scomunicato il clero di San Pietro, ed interdetto la chiesa, diede in carico all'economo Don Carlo De Vecchis, di costituire parrocchiale la Chiesa di Santo Spirito nel convento dei Celestini.
Una tale interdizione durò fino al 5 settembre, ma gli animi di taluni prelati erano tanto focosi da passare agli onori della cronaca, in quanto protagonisti di episodi eclatanti. Come quello accaduto il giovedì Santo (20 aprile 1723) nel corso dei Misteri della Passione che si celebravano nella Chiesa di San Pietro.
"UNA LIBBARDATA"
"La sera ci fu gran fracasso fra li Preti, et alli aiutanti, contro li Misteri col voler entrare primo de tutti alla Chiesa. E così si scambò la morte D. Domenico Di Fano, seu di Croce, e fu il Sig. Abbate Sabelli, col dargli una libbardata, essendo lui il capo di tutti" (Diego Maciano-Cronaca).
Ogni pretesto era preso a base per contestare le avverse decisioni, tanto più che Papa Benedetto XIII con breve del 18.8.1727, su voto del Cardinale Curzio Origo, nel riconoscere la superiorità della Chiesa di Santa Maria, quindi Maggiore, la considerava degna di suonare il primo colpo di campana a Pasqua.
Lo stesso re Ferdinando IV, con dispaccio del 24.3.1752, dovette intervenire per sedare un'autentica rivoluzione fra i due capitoli, per ordinare a quello di San Pietro di rimuovere dei nuovi stalli che arbitrariamente erano stati costruiti attorno all'altare maggiore, in occasione della Festa di San Marco nel 1751. Infatti, era uso che, in occasione della riunione dei due capitoli, i Preti di San Pietro, standosene in piedi, cedevano i loro posti a sedere a quelli di Santa Maria.
I DISPETTI
Era consuetudine che il Clero di San Pietro non voleva più sopportare, anche perché, durante le sacre funzioni, i canonici di Santa Maria, per far dispetto ai loro antagonisti, indugiavano per lungo tempo nelle giaculatorie e, spesso, si alzavano dai loro posti per sgranchirsi le gambe, ma anche per indispettire quelli che dovevano stare in piedi.
La "guerra" tra Petroni e Mariani scoppiò la mattina del 4 gennaio 1798. La scintilla che fece brillare la miccia della deflagrazione generale fu il decreto di re Ferdinando IV del 16.12.1779, che accordava privilegi a Santa Maria, inviando anche a Vasto un ufficiale per eseguire le disposizioni reali. Quella mattina, nei pressi di Porta Nuova, Tommaso Ruzzi, dal tetto della propria abitazione, diede mano ad una incessante graguola di tegole e mattoni sulla strada, all'indirizzo del delegato regio, provocando un fuggi fuggì generale. L'arresto del Ruzzi non potè essere eseguito perché l'uomo trovò asilo nella chiesa di San Pietro. Sugli sviluppi dell'episodio vi è una "cronaca" inedita di autore ignoto posseduta da Giovanni Laccetti (riportata da Luigi Anelli in "Ricordi di storia vastese").
L'ASSALTO AI SAGRESTANI
Mentre alcuni sagrestani di Santa Maria (Cesario Be-nedetti e Luigi Castelli) portavano in una conca dell'acqua benedetta per distribuirla nelle case, vicino al convento di S. Antonio "furono all'improvviso assaliti ed insultati dall'altro temerario e capo sollevatore, motore di tutti gli eccessi, Giuseppe Vallone, alias Calamarillo, il quale premeditatamente, in odio al suddetto capitolo di Santa Maria ed in disprezzo degli ordini reali che a suo favore erano pubblicati, armato di un lungo pezzo di legno, comunemente detto "stavaglione", minacciandoli col dire: "Andatevi a far..., a voi e chi vi manda, che portate l'acqua degli stregoni per le case..." incominciò a battere furiosamente con detto pezzo di legno; e dopo aver posto in fuga i due poveri sagristani tutti pesti, per disprezzo buttò giù per le "Lame" la suddetta conca ripiena di acqua benedetta../”.
Ed ancora, la sera della vigilia di San Marco, il Diacono Don Nicola Bevi lacqua, udendo le campane di Santa Maria, affacciandosi alla finestra, "tutto curioso e festeggiante si pose a dire: "Mo' sona la campana di S. Maria per l'invito alla Processione; venite, venite, ca ni vulete cuntà di mazzate; a da corri la strimunzione; e se no basta quello di S. Pietro si va a piglià l'altra a lu Cummende di li Cappuccini".
IL CRISTO DI S. MARIA, UN CRISTO "NEMICO"
È ricordato, inoltre, l'episodio che mise in fuga la processione del 25 aprile 1798 ad opera di alcuni scal-manati che, raggiunto il "pennello" (cornicione superiore del campanile di S.Pietro) al grido: "Venite, venite!" incominciarono a scagliare ogni sorta di pietre, tanto che "ogni fratello, per timore di essere offesi dalle suddette pietre che tuttavia si scagliavano, si posero a fuggire chi per una strada, chi per un'altra".
Il fatto venne severamente punito con l'arresto dei responsabili e con pene severissime. Ci fu una donna di S. Pietro, sorpresa a versare olio bollente da una finestra contro chi reggeva il Crocifisso e che, interrogata dal Giudice sulla gravità del gesto, rispose che aveva infierito contro l’uomo perché portava il Cristo di Santa Maria, il “Cristo nemico”!
Giuseppe Catania
Contese che sfociarono nella soppressione dei due capitoli, dopo che, in data 26 maggio 1626, Marsilio Peruzzi, Arcivescovo di Chieti, emanò i "capitoli" che regolavano le rissose quistioni, pena la scomunica in caso di rifiuto. Ma non correva buon sangue in seno alle opposte fazioni ed ogni pretesto era buono per far prevalere diritti sugli altri.
I "capitoli" Peruzziani, che concedevano a Santa Maria Maggiore alcuni privilegi, produssero un'aperta ribellione nel clero di San Pietro. Fu così che,
nel marzo 1671, l'Arcivescovo, dopo aver scomunicato il clero di San Pietro, ed interdetto la chiesa, diede in carico all'economo Don Carlo De Vecchis, di costituire parrocchiale la Chiesa di Santo Spirito nel convento dei Celestini.
Una tale interdizione durò fino al 5 settembre, ma gli animi di taluni prelati erano tanto focosi da passare agli onori della cronaca, in quanto protagonisti di episodi eclatanti. Come quello accaduto il giovedì Santo (20 aprile 1723) nel corso dei Misteri della Passione che si celebravano nella Chiesa di San Pietro.
"UNA LIBBARDATA"
"La sera ci fu gran fracasso fra li Preti, et alli aiutanti, contro li Misteri col voler entrare primo de tutti alla Chiesa. E così si scambò la morte D. Domenico Di Fano, seu di Croce, e fu il Sig. Abbate Sabelli, col dargli una libbardata, essendo lui il capo di tutti" (Diego Maciano-Cronaca).
Ogni pretesto era preso a base per contestare le avverse decisioni, tanto più che Papa Benedetto XIII con breve del 18.8.1727, su voto del Cardinale Curzio Origo, nel riconoscere la superiorità della Chiesa di Santa Maria, quindi Maggiore, la considerava degna di suonare il primo colpo di campana a Pasqua.
Lo stesso re Ferdinando IV, con dispaccio del 24.3.1752, dovette intervenire per sedare un'autentica rivoluzione fra i due capitoli, per ordinare a quello di San Pietro di rimuovere dei nuovi stalli che arbitrariamente erano stati costruiti attorno all'altare maggiore, in occasione della Festa di San Marco nel 1751. Infatti, era uso che, in occasione della riunione dei due capitoli, i Preti di San Pietro, standosene in piedi, cedevano i loro posti a sedere a quelli di Santa Maria.
I DISPETTI
Era consuetudine che il Clero di San Pietro non voleva più sopportare, anche perché, durante le sacre funzioni, i canonici di Santa Maria, per far dispetto ai loro antagonisti, indugiavano per lungo tempo nelle giaculatorie e, spesso, si alzavano dai loro posti per sgranchirsi le gambe, ma anche per indispettire quelli che dovevano stare in piedi.
La "guerra" tra Petroni e Mariani scoppiò la mattina del 4 gennaio 1798. La scintilla che fece brillare la miccia della deflagrazione generale fu il decreto di re Ferdinando IV del 16.12.1779, che accordava privilegi a Santa Maria, inviando anche a Vasto un ufficiale per eseguire le disposizioni reali. Quella mattina, nei pressi di Porta Nuova, Tommaso Ruzzi, dal tetto della propria abitazione, diede mano ad una incessante graguola di tegole e mattoni sulla strada, all'indirizzo del delegato regio, provocando un fuggi fuggì generale. L'arresto del Ruzzi non potè essere eseguito perché l'uomo trovò asilo nella chiesa di San Pietro. Sugli sviluppi dell'episodio vi è una "cronaca" inedita di autore ignoto posseduta da Giovanni Laccetti (riportata da Luigi Anelli in "Ricordi di storia vastese").
L'ASSALTO AI SAGRESTANI
Mentre alcuni sagrestani di Santa Maria (Cesario Be-nedetti e Luigi Castelli) portavano in una conca dell'acqua benedetta per distribuirla nelle case, vicino al convento di S. Antonio "furono all'improvviso assaliti ed insultati dall'altro temerario e capo sollevatore, motore di tutti gli eccessi, Giuseppe Vallone, alias Calamarillo, il quale premeditatamente, in odio al suddetto capitolo di Santa Maria ed in disprezzo degli ordini reali che a suo favore erano pubblicati, armato di un lungo pezzo di legno, comunemente detto "stavaglione", minacciandoli col dire: "Andatevi a far..., a voi e chi vi manda, che portate l'acqua degli stregoni per le case..." incominciò a battere furiosamente con detto pezzo di legno; e dopo aver posto in fuga i due poveri sagristani tutti pesti, per disprezzo buttò giù per le "Lame" la suddetta conca ripiena di acqua benedetta../”.
Ed ancora, la sera della vigilia di San Marco, il Diacono Don Nicola Bevi lacqua, udendo le campane di Santa Maria, affacciandosi alla finestra, "tutto curioso e festeggiante si pose a dire: "Mo' sona la campana di S. Maria per l'invito alla Processione; venite, venite, ca ni vulete cuntà di mazzate; a da corri la strimunzione; e se no basta quello di S. Pietro si va a piglià l'altra a lu Cummende di li Cappuccini".
IL CRISTO DI S. MARIA, UN CRISTO "NEMICO"
È ricordato, inoltre, l'episodio che mise in fuga la processione del 25 aprile 1798 ad opera di alcuni scal-manati che, raggiunto il "pennello" (cornicione superiore del campanile di S.Pietro) al grido: "Venite, venite!" incominciarono a scagliare ogni sorta di pietre, tanto che "ogni fratello, per timore di essere offesi dalle suddette pietre che tuttavia si scagliavano, si posero a fuggire chi per una strada, chi per un'altra".
Il fatto venne severamente punito con l'arresto dei responsabili e con pene severissime. Ci fu una donna di S. Pietro, sorpresa a versare olio bollente da una finestra contro chi reggeva il Crocifisso e che, interrogata dal Giudice sulla gravità del gesto, rispose che aveva infierito contro l’uomo perché portava il Cristo di Santa Maria, il “Cristo nemico”!
Giuseppe Catania
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