Il Giovedì Santo, dopo cena, specialmente se il tempo è bello, migliaia di persone si riversano in centro storico per fare di cosiddetto “giro delle sette chiese” (7 sono i
dolori della Madonna), non mancando di visitare le chiesette di S. Filomena e della Nunziatella in via Anelli nella zona di Porta Nuova.Vige il silenzio: le luci sono spente, le campane legate; l’atmosfera è mesta, si parla a bassa voce. Si entra in chiesa, si visita l'altare della Reposizione, dove è riposta e conservata l'Eucarestia, e si sosta per una preghiera. Gli altari sono addobbati in modo solenne, con scene e luci particolari, con composizioni floreali e altri simboli.
Negli ultimi anni, però, da noi si è persa (o quasi) l’antica usanza di addobbare i Sepolcri con tanti piatti pieni di germogli di grano, cicerchia, lenticchie e altri legumi, cresciuti al buio “sotto la tina”.
Una tradizione nata per simboleggiare il passaggio dalle tenebre (morte di Gesù) alla luce della Resurrezione.
Erano gli stessi fedeli, almeno quelli più vicino alla parrocchia, che provvedevano a seminare all’inizio della quaresima le piantine dentro piatti fondi, e curarle fino alla crescita, innaffiandole ogni paio di giorni. Si trattava di un dono ed un simbolo povero ed umile offerto dal sentimento religioso popolare sul sepolcro di Cristo.
Abbiamo nostalgia di questa tradizione: gli addobbi di oggi con costosi fiori sono anche belli, ma il calore e la delicatezza di quelle piantine poste sugli altari invitavano ad una maggiore tenerezza nei nostri cuori e ad una più profonda riflessione sul dolore universale, in attesa della Santa Pasqua.
Non si sa mai, a volte le tradizioni tornano: può anche darsi che i germogli di grano cresciuti al buio, tornino di moda in futuro!
Nicola D'Adamo
da LA NOTIZIA, periodico dell'Università delle Tre Età, aprile 2017.
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