di GIUSEPPE CATANIA
Le chiese di Santa Maria Maggiore e di San Pietro Apostolo furono protagoniste, nei secoli scorsi, di avvenimenti quanto mai singolari e tali da coinvolgere l'intera popolazione di Vasto.
Le due chiese, infatti, si consideravano "emule tacitamente" fra loro per motivi di priorità
nelle funzioni ecclesiastiche, ed anche, in modo particolare, per segrete ambizioni che agitavano i rispettivi capitoli.
Ad esempio, era consuetudine, ogni anno alternativamente, che il Clero di San Pietro Apostolo, nelle processioni, accedesse alla chiesa di Santa Maria Maggiore, prendesse il Capitolo e, datogli il lato destro, andasse in processione per le vie della città e, in fine, lo riportasse, nello stesso ordine, in chiesa. Ma, nel 1626, Marsilio Peruzio, che fu il primo fra gli Arcivescovi di Chieti, ad esercitare la giurisdizione spirituale in Vasto, emanò, il 26 maggio, i capitoli di ingiunzione, fra i quali si stabiliva che "il primo squillo delle sacre campane nel Sabato Santo spettasse alternativamente ad ambo le chiese, cominciandosi, in quell'anno, da S. Maria". Ma altre novità sorsero da parte del clero di Santa Maria, un po' esigente, e da quello di San Pietro che aspirava all'eguaglianza sulla questione della "ante pulsatio campanarum". Della insorta "vertenza" furono persino interessati i Tribunali di Roma e, per le nuove richieste e per gli appelli interposti, ebbe a riunirsi anche la Sacra Congregazione dei Riti in Roma fino al 1690.
In quegli anni furono emanati ben 14 decreti che riconobbero i capitoli Peruzii, confermarono le decisioni ed annullarono gli appelli, imponendo obbedienza alle due opposte fazioni.
Ma non per questo la Settimana Santa doveva trascorrere nell'atmosfera di pace e serenità, perché i due capitoli continuavano a guardarsi in "cagnesco".
Infatti, nel 1695, il Preposto di San Pietro, che era uscito in processione il Sabato Santo, "fingendosi sentirsi debole, o tale in realtà essendo, portar non volle che per pochi passi la prima asta del Baldacchino". Il clero di Santa Maria vide con dispetto questo rifiuto e ricorse a Roma che, nel 1696, minacciò scomunica e interdizione a chi avesse osato mancare alle ingiunzioni dei capitoli Peruziani.
Tra il 1707 ed il 1729, però, il clero di Santa Maria, fiancheggiato dal suo protettore Cesare Michelangelo D'Avalos, Marchese del Vasto, riuscì a procurarsi il titolo di Collegiata Insigne, conferito da Papa Innocenze III, nel 1723. La circostanza provocò la reazione dell'opposto clero che risultò, agli occhi della gente, dover subire che la Chiesa di Santa Maria, per essere maggiore, superiore e perciò più degna, desse il primo tocco di campana a Pasqua; che il clero di San Pietro uscisse di chiesa a ricevere onorevolmente quello di Santa Maria; che l'intero clero secolare e regolare si riunisse in Santa Maria per incontrare l'Arcivescovo in visita alla città.
A nulla valsero le rivendicazioni spirituali di dipendenza dal Cenobio di San Giovanni in Venere accampate dalle due chiese, giacché entrambe furono, nel 1795, a distanza di pochi giorni, dichiarate reintegrate nel regio demanio.
La città, allora, fu divisa in due fazioni. Il disaccordo regnava in seno ad una stessa famiglia. Allorché un partito riusciva a superare quello opposto non erano trascurati modi e mezzi per menarne vanto e indispettire gli animi, già esarcerbati.
Però, in tanta fazione, continuavano a celebrarsi matrimoni fra "Mariani e Petronii". Anzi, tale Sacramento legava ancora i cuori dei vastesi.
Ma un fatto nuovo ed eclatante venne a pregiudicare ancor di più la tensione che regnava fra la gente.
L'intendente della Provincia, Briot, si trovava in visita a Vasto per la Pasqua del 1807. Erano a lui noti i gravi disordini provocati dalla popolazione. Ed accadde che una persona, introdottasi segretamente nel campanile di San Pietro, le cui chiavi erano state tolte dal Prevosto, fece rintoccare i sacri bronzi della Chiesa nel Sabato Santo, prima ancora delle campana della privilegiata chiesa di Santa Maria Maggiore.
Ebbe a sudare molto l'Intendente Briot per riappacificare gli animi e ridurli all'obbedienza, con opere di persuasione, prima pubblicamente e poi singolarmente presso ognuno dei più accaniti canonici o partigiani.
Allora il Capitolo di Santa Maria Maggiore ritenne menomati i propri privilegi e ricorse direttamente a Napoli, presso il Sovrano.
Sarebbe riuscito ad acquisire e consolidare tali privilegi, se un nuovo episodio non doveva porre termine, ed in modo imprevisto, alla dibattuta questione.
Infatti, il 15 agosto 1807, nella ricorrenza del natalizio di Napoleone, ogni Collegiata venne invitata ad esporre in un trono adorno l'immagine del regnante.
La chiesa di Santa Maria ne era priva e, dopo ricerche nelle collezioni di ritratti di sovrani e generali, fu ingannata da un quadro raffigurante, in splendida divisa, dall'aspetto imponente, il generale russo Suwaiow (era in atto la guerra fra Russia e Francia e con questa nazione il Regno di Napoli era alleato!).
Il Briot, allora, imputò il capitolo di Santa Maria di ribellione cui segui il decreto reale dei 13 gennaio 1808 che soppresse i due capitoli e ne compone uno solo nella chiesa di San Giuseppe.
Oltre 200 anni sono trascorsi da quest'ultimo avvenimento e, con l'andare del tempo, sembra essere sopita quella segreta lotta che agitava le opposte fazioni di Vasto, anche se si è potuto notare che il primo tocco di campana, nel giorno della Resurrezione, venisse, inaspettatamente, battuto con molto antìcipo, sull'orario prescritto, forse a ricordo di quell'antico orgoglio di antecedenza.
Oggi le campane di San Pietro tacciono, non per volere degli uomini, ma per la calamità della frana del 1956 che ha determinato la demolizione del tempio e del suo campanile. Eppure chi, nel giorno radioso della Pasqua si trovasse a Vasto e sentisse echeggiare il suono dai sacri bronzi, noterebbe la mancanza di una nota; non potrebbe far a meno di volgere il guardo alle campane di S.Pietro poste in uno spazio via Adriatica Rimpiangerebbe, dimesso ogni antico rancore e sopito l'odio di un tempo, il dolce rintocco tanto caro al cuore di tutti.
GiuseppeCatania
Le chiese di Santa Maria Maggiore e di San Pietro Apostolo furono protagoniste, nei secoli scorsi, di avvenimenti quanto mai singolari e tali da coinvolgere l'intera popolazione di Vasto.
Le due chiese, infatti, si consideravano "emule tacitamente" fra loro per motivi di priorità
nelle funzioni ecclesiastiche, ed anche, in modo particolare, per segrete ambizioni che agitavano i rispettivi capitoli.
Ad esempio, era consuetudine, ogni anno alternativamente, che il Clero di San Pietro Apostolo, nelle processioni, accedesse alla chiesa di Santa Maria Maggiore, prendesse il Capitolo e, datogli il lato destro, andasse in processione per le vie della città e, in fine, lo riportasse, nello stesso ordine, in chiesa. Ma, nel 1626, Marsilio Peruzio, che fu il primo fra gli Arcivescovi di Chieti, ad esercitare la giurisdizione spirituale in Vasto, emanò, il 26 maggio, i capitoli di ingiunzione, fra i quali si stabiliva che "il primo squillo delle sacre campane nel Sabato Santo spettasse alternativamente ad ambo le chiese, cominciandosi, in quell'anno, da S. Maria". Ma altre novità sorsero da parte del clero di Santa Maria, un po' esigente, e da quello di San Pietro che aspirava all'eguaglianza sulla questione della "ante pulsatio campanarum". Della insorta "vertenza" furono persino interessati i Tribunali di Roma e, per le nuove richieste e per gli appelli interposti, ebbe a riunirsi anche la Sacra Congregazione dei Riti in Roma fino al 1690.
In quegli anni furono emanati ben 14 decreti che riconobbero i capitoli Peruzii, confermarono le decisioni ed annullarono gli appelli, imponendo obbedienza alle due opposte fazioni.
Ma non per questo la Settimana Santa doveva trascorrere nell'atmosfera di pace e serenità, perché i due capitoli continuavano a guardarsi in "cagnesco".
Infatti, nel 1695, il Preposto di San Pietro, che era uscito in processione il Sabato Santo, "fingendosi sentirsi debole, o tale in realtà essendo, portar non volle che per pochi passi la prima asta del Baldacchino". Il clero di Santa Maria vide con dispetto questo rifiuto e ricorse a Roma che, nel 1696, minacciò scomunica e interdizione a chi avesse osato mancare alle ingiunzioni dei capitoli Peruziani.
Tra il 1707 ed il 1729, però, il clero di Santa Maria, fiancheggiato dal suo protettore Cesare Michelangelo D'Avalos, Marchese del Vasto, riuscì a procurarsi il titolo di Collegiata Insigne, conferito da Papa Innocenze III, nel 1723. La circostanza provocò la reazione dell'opposto clero che risultò, agli occhi della gente, dover subire che la Chiesa di Santa Maria, per essere maggiore, superiore e perciò più degna, desse il primo tocco di campana a Pasqua; che il clero di San Pietro uscisse di chiesa a ricevere onorevolmente quello di Santa Maria; che l'intero clero secolare e regolare si riunisse in Santa Maria per incontrare l'Arcivescovo in visita alla città.
A nulla valsero le rivendicazioni spirituali di dipendenza dal Cenobio di San Giovanni in Venere accampate dalle due chiese, giacché entrambe furono, nel 1795, a distanza di pochi giorni, dichiarate reintegrate nel regio demanio.
La città, allora, fu divisa in due fazioni. Il disaccordo regnava in seno ad una stessa famiglia. Allorché un partito riusciva a superare quello opposto non erano trascurati modi e mezzi per menarne vanto e indispettire gli animi, già esarcerbati.
Però, in tanta fazione, continuavano a celebrarsi matrimoni fra "Mariani e Petronii". Anzi, tale Sacramento legava ancora i cuori dei vastesi.
Ma un fatto nuovo ed eclatante venne a pregiudicare ancor di più la tensione che regnava fra la gente.
L'intendente della Provincia, Briot, si trovava in visita a Vasto per la Pasqua del 1807. Erano a lui noti i gravi disordini provocati dalla popolazione. Ed accadde che una persona, introdottasi segretamente nel campanile di San Pietro, le cui chiavi erano state tolte dal Prevosto, fece rintoccare i sacri bronzi della Chiesa nel Sabato Santo, prima ancora delle campana della privilegiata chiesa di Santa Maria Maggiore.
Ebbe a sudare molto l'Intendente Briot per riappacificare gli animi e ridurli all'obbedienza, con opere di persuasione, prima pubblicamente e poi singolarmente presso ognuno dei più accaniti canonici o partigiani.
Allora il Capitolo di Santa Maria Maggiore ritenne menomati i propri privilegi e ricorse direttamente a Napoli, presso il Sovrano.
Sarebbe riuscito ad acquisire e consolidare tali privilegi, se un nuovo episodio non doveva porre termine, ed in modo imprevisto, alla dibattuta questione.
Infatti, il 15 agosto 1807, nella ricorrenza del natalizio di Napoleone, ogni Collegiata venne invitata ad esporre in un trono adorno l'immagine del regnante.
La chiesa di Santa Maria ne era priva e, dopo ricerche nelle collezioni di ritratti di sovrani e generali, fu ingannata da un quadro raffigurante, in splendida divisa, dall'aspetto imponente, il generale russo Suwaiow (era in atto la guerra fra Russia e Francia e con questa nazione il Regno di Napoli era alleato!).
Il Briot, allora, imputò il capitolo di Santa Maria di ribellione cui segui il decreto reale dei 13 gennaio 1808 che soppresse i due capitoli e ne compone uno solo nella chiesa di San Giuseppe.
Oltre 200 anni sono trascorsi da quest'ultimo avvenimento e, con l'andare del tempo, sembra essere sopita quella segreta lotta che agitava le opposte fazioni di Vasto, anche se si è potuto notare che il primo tocco di campana, nel giorno della Resurrezione, venisse, inaspettatamente, battuto con molto antìcipo, sull'orario prescritto, forse a ricordo di quell'antico orgoglio di antecedenza.
Oggi le campane di San Pietro tacciono, non per volere degli uomini, ma per la calamità della frana del 1956 che ha determinato la demolizione del tempio e del suo campanile. Eppure chi, nel giorno radioso della Pasqua si trovasse a Vasto e sentisse echeggiare il suono dai sacri bronzi, noterebbe la mancanza di una nota; non potrebbe far a meno di volgere il guardo alle campane di S.Pietro poste in uno spazio via Adriatica Rimpiangerebbe, dimesso ogni antico rancore e sopito l'odio di un tempo, il dolce rintocco tanto caro al cuore di tutti.
GiuseppeCatania
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