S. Pietro, prima della frana |
Per capire la posizione del prof. Luigi Murolo bisogna specificare quanto segue: don Stellerino parroco di San Pietro in S. Antonio nei giorni scorsi aveva annunciato una cerimonia per la benedizione di una copia della Sacra Sindone e per l'elevazione della sua parrocchia a Santuario della Divina Misericordia. "Misteriosamente" la cerimonia fu disertata dalle autorità ecclesiastiche, civili e militari. Motivo del contendere era che per diventare "Santuario" la parrocchia ha bisogno dell'autorizzazione del Vaticano: Murolo, carte alla mano, afferma che San Pietro in S. Antonio "Santuario" lo è sempre stato perchè sede di Giubileo (con tanto di bolla papale), vale a dire come luogo dove si può lucrare l'indulgenza.
Ecco i dettagli con tutti i suoi riferimenti storici.
DI UN SANTUARIO, DI UN LAICO E DI
MISTERI
di Luigi
Murolo
Non
avrei pensato di sviluppare brevemente un tema come quello che segue. Da laico
(e perché no,
da anticlericale, bella parola demodèe) non rientra nelle mie corde. Ma dato che investe la storia
della città non mi sottraggo alla questione. Dico soltanto che una discussione
sul tema dell’esistenza di un santuario in quel di Vasto mi pare del tutto
speciosa. Se non fosse per la polemica suscitata in questi giorni non me ne
sarei affatto occupato. Per tale ragione entro subito in medias res.
Inizio
da una bolla pontificia del 12 dicembre 1777 (Pius PP. VI) relativa alla
Collegiata di S. Pietro che recita testualmente (cito solo le parti che interessano):
Ad perpetuam rei memoriam […] omnibus et
singulisutriusquesexusChristifidelibus vere poenitentibus et confessisac sacra
communionerefectis […] Collegiatam et ParochialemEcclesiam S. Petri oppidi
civitatisnuncupatae del Vasto, TheatinaeDioecesis, tertia dominica Ianuarii a
primis vesperisusque ad occasumsolisdieihujusmodisingulisannis devote
visitaverint […] ad Deumpraeceseffuderintplenariam omnium peccatorumsuorumindulgentiam et remissionemmisericorditer in domino
concedimus […].
Il
testo qui pubblicato restituisce grosso modo il seguente significato. «Che a
tutti i fedeli in Cristo dell’uno e dell’altro sessopenitenti, confessati e risanati dalla sacra comunione concediamo, dopo aver devotamente
visitato, rivolgendo preghiere a Dio, la Chiesa collegiata e parrocchiale di S.
Pietro del Vasto, tutti gli anni, nel solo giorno della terza domenica di
gennaio, indulgenza plenaria e remissione dei peccati». Come si vede, sono
tutti atti che conducono alla configurazione di un santuario.
Ora
come tutti sanno – perfino un laico e profano come chi scrive – manca qualsiasi
definizione di Santuario nel Codice di Diritto Canonico del 1917. Un fatto
davvero singolare che consentiva a tutti i luoghi sacri con particolari
caratteristiche di definirsi santuari. Per superare tale situazione (per la
chiesa davvero incresciosa), nel 1956 la Sacra
Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi proponeva a Pio
XII la seguente definizione approvatadal pontefice il 22 dicembre 1955 e
inviata agli ordinari diocesani sotto forma diResponsum l’8 febbraio 1956:
«Sanctuarii nomine intelligitur
ecclesia, seuaede sacra, divino cultuipubliceexercenda dicata,
quaeobpeculiarempietatiscausam (ex.gr. obimmaginemsacramibiveneratam,
obreliquiamibiconditam, obmiraculumquod Deus ibioperatus est, obpeculiaremindulgentiamibilucrandam),
a fidelibusconstituitur meta peregrinationum ad gratiasimpetrandasvel vota
solvenda» (in X.
Ochoa (a c. di),LegesEcclesiae post
codicemiuris canonici editae, vol. II, Romae 1969, p. 3455, n.2558).
Che
cosa significa? La traduzione dal latino è pressappoco la seguente: «Per
santuario s’intende una chiesa o un edificio sacro destinato all’esercizio del
culto pubblico che, per un particolare motivo di pietà (per es. un’immagine
sacra lì venerata, per un miracolo che lì Dio ha operato, o per una particolare indulgenza da lucrare),
è costituita dai fedeli meta di pellegrinaggi per chiedere grazie o per sciogliere
voti». Ciò vuol dire che sono i fedeli a determinare con il loro pellegrinaggio
la qualità giuridica di santuario senza alcun riconoscimento da parte
dell’Ordinario diocesano. Le parti indicate in neretto sottolineano l’aspetto
che concerne il punto della chiesa vastese di S. Pietro. Non solo. Ma ancora
sul finire degli anni Settanta del Novecento uno studioso come Arturo Carlo
Jemolo riteneva come quello di santuario
non fosse un «termine tecnico del diritto canonico» (A. C. Jemolo, Lezioni di diritto ecclesiastico,
Milano, Giuffré, 19795, p. 349). Per cui, solo con il canone 1230
del Codice di Diritto canonico promulgato da Giovanni Paolo II il 25 gennaio
1983 ed entrato in vigore il 27 novembre
dello stesso anno viene dichiarato:
Con il nome di santuario si intendono la
chiesa o altro luogo sacro ove i fedeli, per un peculiare motivo di pietà, si
recano numerosi in pellegrinaggio con l’approvazione dell'Ordinario del luogo.
Ecco
allora il punto. Solo con i nuovi santuari si rientra in questa norma. Ma tutto
ciò che era prima – e la chiesa di S. Pietro in quella data lo era già da 206
anni (diconsi duecento sei anni; a oggi duecento trentanove) – lo è per sua
natura, sulla base dello stesso Responsum
del 1956, decretato sull’allora vigente Codice di Diritto canonico del 1917.
Tutto
questo significa una cosa. Che salvo voler attuare la retroattività della legge
(inammissibile in diritto), l’atto proclamato dal vecchio parroco don
Stellerino D’Anniballe rientra coerentemente nella storia della chiesa di S.
Pietro e della sua indulgenza plenaria lucrabile fin dal 1777. Vale a dire,
nessun riconoscimento formale da parte dell’Ordinario diocesano.
Nulla
da aggiungere.
Non
ho titoli da esibire. Non ho cariche pubbliche. Sono un semplice laico (e come
tutti i laici, ignoranti delle cose sacre) che, avendo i piedi piantati sulla
terra, ha gli occhi che non sanno andare oltre le nuvole. Non sono dotato della
Sapienza dei chierici, ma solo possessore di qualche notizia rabberciata qua e
là dalla lettura en passant di
qualche libro. So bene di non esserne all’altezza. Ma non nascondo mi
piacerebbe ascoltare il fervorino di un predicatore che mi spiegasse il motivo
per cui la chiesa di S. Pietro non deve essere considerata santuario. E,
soprattutto, gradirei sapere il motivo perché i titolari di cariche pubbliche,
sempre presenti nelle cerimonie religiose, abbiano disertato l’invito di un
vecchio parroco prossimo ai novant’anni che poteva dichiarare la presenza di un
santuario attivo da 239 anni.
Davvero
“misteri della fede”! E come può un laico e profano come me riuscire a capire
cotanti “misteri”?
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