di Luigi Murolo
Ho già detto che questa sera porterò il Capodanno a Gianna Spadaccini (alle h. 21. Siete tutti invitati di fronte alla cappella della Madonna del Soccorso). Ma devo dire che questa volta non so decidere. In altre parole, non so se portare quello antico (che cantano in pochissimi) oppure l’altro antico testo (sempre con la stessa melodia) raccolto e trascritto da Espedito Ferrara, ma praticamente dimenticato.
Probabilmente porterò il primo cui mi sento affettivamente legato (non foss’altro perché lo cantava, con qualche variante, mia nonna paterna Lucia). Ma il mio pensiero reverente sarà sempre rivolto al carissimo rag. Ferrara o, se volete, don Espedito (padre dei miei amici Mauro, Pucci e Sergio) che, tanti e tanti anni fa, mi aveva introdotto ai mysteria dei manoscritti della Biblioteca Comunale di Vasto.
Non so se Gianna sa che la casa di via dell’Ospedale vecchio era di Vincenzo Principe dove, con lui, viveva Giovanni Spadaccini, suo nonno (cui è rimasto il soprannome di Principe). Ho trovato il dato sul Censimento di Vasto del 1901. Ma la cosa più bella (per me) è stata quella di aver scoperto, sempre nello stesso documento, che, nell’abitazione immediatamente successiva (a est), viveva Luigi Murolo con sua moglie Lucia e i primi due figli (morti bambini).
Tanti e tanti sentimenti si affollano nella mia «mammuriә» – e il caro Nicola D’Adamo, direttore di «Noi Vastesi» lo sa bene –. E se sarò solo a intonare il Capodanno (cosa probabilissima), il mio pensiero sarà rivolto a quanti, oggi scomparsi, hanno lasciato una traccia nella mia vita.
Non mi rimane altro che lasciarvi il Buon Capodanno. Ma in questo caso, quello raccolto da Espedito Ferrara, pubblicato su «Histonium», a. III – nn. 8 – 10 gennaio 1949.
Ho già detto che questa sera porterò il Capodanno a Gianna Spadaccini (alle h. 21. Siete tutti invitati di fronte alla cappella della Madonna del Soccorso). Ma devo dire che questa volta non so decidere. In altre parole, non so se portare quello antico (che cantano in pochissimi) oppure l’altro antico testo (sempre con la stessa melodia) raccolto e trascritto da Espedito Ferrara, ma praticamente dimenticato.
Probabilmente porterò il primo cui mi sento affettivamente legato (non foss’altro perché lo cantava, con qualche variante, mia nonna paterna Lucia). Ma il mio pensiero reverente sarà sempre rivolto al carissimo rag. Ferrara o, se volete, don Espedito (padre dei miei amici Mauro, Pucci e Sergio) che, tanti e tanti anni fa, mi aveva introdotto ai mysteria dei manoscritti della Biblioteca Comunale di Vasto.
Non so se Gianna sa che la casa di via dell’Ospedale vecchio era di Vincenzo Principe dove, con lui, viveva Giovanni Spadaccini, suo nonno (cui è rimasto il soprannome di Principe). Ho trovato il dato sul Censimento di Vasto del 1901. Ma la cosa più bella (per me) è stata quella di aver scoperto, sempre nello stesso documento, che, nell’abitazione immediatamente successiva (a est), viveva Luigi Murolo con sua moglie Lucia e i primi due figli (morti bambini).
Tanti e tanti sentimenti si affollano nella mia «mammuriә» – e il caro Nicola D’Adamo, direttore di «Noi Vastesi» lo sa bene –. E se sarò solo a intonare il Capodanno (cosa probabilissima), il mio pensiero sarà rivolto a quanti, oggi scomparsi, hanno lasciato una traccia nella mia vita.
Non mi rimane altro che lasciarvi il Buon Capodanno. Ma in questo caso, quello raccolto da Espedito Ferrara, pubblicato su «Histonium», a. III – nn. 8 – 10 gennaio 1949.
LU CAPEDANNE
(testo raccolto e trascritto da Espedito Ferrara)
I so’ partite da lundàne paése
Vinghe a la casa tò nghe ‘sson e ccande
Me c-i-ha purtate na stèlla lucènde
M’ ha ccumbagnate Ddije nghe le sande.
L’Angele me le dá le sù’ talènde
Sande Micchéle m’ha ‘le sù’ cummande.
Prime salute la mamm’ e lu patre
L’amice e le parinde a ppoche a ppoche.
Doppe salut’ a tté, rosa ‘ncarnate:
Vù séte la cchiù bbèlle de stu foche.
Canda camine nghe sse scarpe a pponde
Si piccirille e ppére na ggihande.
Palazze fabbricate de bbellezze
Sta martellate de cendrèlle d’ ore.
E cce spassegge dendre na ricchezze:
‘Mma ne le porte ddijamande e ore.
Che possa rèsse Rreje de la Spagne,
La sposa tò reggine de la Sardègne.
Le poss’ avé nu fije masculine
Che ppossa cummannà tutta Messine.
Le poss’ avéje n’addre bbélle done:
Prime de ll’anne a rrèsse mbjratore.
Che ssu palazze se possa nnazzaje
Tande gné lu palazze de Sansone.
Se vvu rrapìj’ e ffarce cumblemènde
Séme poche pirsone e bbona ggènde
Fate preste e nen tardate
Ca la strade é llarghe e llonghe
E nnù avèm’ a ccaminá
Quèste le diche e le diche candanne:
A ….. lu bbon brincipie d’anne
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