L'uomo desidera
il bene, ma è attratto dal male
Intervista
al prof Guido Brunetti di Anna Gabriele
Il Natale da oltre duemila anni possiede la
magia di generare sempre nuove emozioni, sentimenti di generosità, momenti di
gioia e ricordi struggenti. Sono momenti, attimi fuggenti, poiché l’essere
umano, come ha ricordato in questi giorni Papa Francesco, è sospeso tra il bene
e il male, egoismo e
altruismo.
E’ un argomento affascinante che ben si
inserisce nell’incantesimo e nel mistero del Natale e che cerchiamo di
approfondire con il professor Guido Brunetti.
“Il bene e il male- risponde il noto
scrittore- sono le due forze che muovono da sempre l’umanità e sono al centro
degli studi di filosofia, letteratura, psicoanalisi e, soprattutto negli ultimi
anni, neuroscienze.
Infatti, secondo una vasta letteratura che va dai primi
filosofi agli autori moderni e contemporanei, bene e male sono i due principi
fondamentali che governano la vita, e sono pertanto presenti nello spirito di
tutti gli esseri umani. Essi sono in
perenne lotta fra loro e corrispondono alle pulsioni originarie teorizzate da
Freud: eros e thanatos, amore e odio, vita e morte”.
Hanno
dunque una lunga storia?
“ Sono state le religioni, la filosofia e la
teologia ad aver iniziato ad indagare il mistero del male, un problema che da sempre suscita
nell’uomo un senso di angoscia e tormento, e rappresenta una sfida alla ragione
e alla scienza.
Gli studiosi hanno fornito le risposte più
varie. Sono stati chiamati in causa la volontà divina, i sentimenti morali,
l’ordine del cosmo, la libertà soggettiva, la ragione, la cultura,
l’evoluzione, l’architettura del cervello.
Le grandi religioni hanno fatto riferimento
all’esistenza di un Dio del bene e di un Dio del male (Zoroastrismo) o al
dolore come elemento costitutivo dell’esistenza umana (Buddismo e Taoismo). Per
il Confucianesimo, il male nasce dalla
materia, mentre l’Islamismo fa risalire l’origine del male alla ribellione di
Sanata e fonda la distinzione tra bene e male sulla legge rivelata (Corano) e
sull’obbedienza a Dio. A sua volta, l’Ebraismo attribuisce la radice del male
ad una caduta primitiva. Il Cristianesimo infine fa perno sul peccato originale
e sulla redenzione”.
Filosofi
e scrittori, che cosa pensano?
“ Il pensiero antico, già con Omero, Esiodo
e Sofocle, rivela una coscienza molto intensa dell’angosciosa presenza del male
nel mondo. L’idea del male come antitesi del bene e dell’essere, ossia come
non-essere in filosofia si trova a partire dalla concezione stoica, la quale
asserisce che il male non esiste in sé in quanto è privazione del bene. Per
Socrate, il male è ignoranza, assenza cioè di principi etici, mentre il bene è
conoscenza, cultura, sapienza. Platone, Aristotele e sant’Agostino considerano
il male metafisico come una “privazione” di essere, come il “non-essere”. Il
male è una proprietà congenita della natura umana, sintomo di un uso
disordinato del libero arbitrio. Il male – precisa sant’Agostino – è punizione
di una colpa, di una trasgressione. Questa teoria ha influenzato tutta la
filosofia cristiana”.
Qual è l’approccio degli autori moderni e
contemporanei?
“Nella filosofia moderna, il male è inteso
come imperfezione, “disvalore”, in opposizione ai sistemi normativi ed
assiologici. L’uomo è “cattivo per natura” (Hegel), mentre il bene è lo scopo
ultimo del mondo, in quanto libertà realizzata. E’ un male “radicale” visto come “impurità” della
nostra coscienza morale e come “un’inclinazione naturale, innata, dell’essere
umano” (Kant).
Una delle opere fondamentali del pensiero
contemporaneo è “Al di là del bene e del male” di Nietzsche, un autore che per
tutta la vita fu tormentato dal problema del male. Il dolore - egli dice – “ci
scava nel profondo e ci costringe a discendere nelle nostre profondità”. La sua
concezione si pone come “negazione totale del pensiero occidentale e dei grandi
valori della cultura, come la verità, il progresso, la scienza e la religione
per la loro mancanza di fondamento e per la loro natura di “mera finzione”.
L’umanità, per il filosofo tedesco,
percepisce un “senso di vuoto” davanti alla scoperta che il mondo è un “caos
irrazionale”. “Dio è morto. E noi – dichiara – l’abbiamo ucciso”. Dalla miseria
del dolore e del male e dalla disperazione del nichilismo nasce il bisogno
dell’affermazione di “un uomo veramente uomo”, un “uomo nuovo” proiettato verso
“altezze future” e “possibilità eterne” con
“nuove tabelle di valori” e una “religione nuova, una religione delle anime
più libere, più alte, più liete”.
La “morte di Dio” di Nietzsche in realtà è
la manifestazione di un’ansia religiosa, l’aspirazione dell’essere umano a
imprimere nella sua esistenza l’immagine dell’eternità, lo splendore di un più
alto modello di uomo e la creazione di un nuovo sistema valoriale.
Il male – il dolore – come limitazione
dell’essere e dell’esserci, e come tragicità della condizione umana è presente anche nelle opere di Schopenhauer,
Jaspers e Heidegger. Nelle pagine di questi autori, la vita è intesa come un
eterno soffrire, come miseria e afflizione. “Noi ci illudiamo continuamente –
scrive Schopenhauer – che l’oggetto voluto possa porre fine alla nostra
volontà. Invece, l’oggetto voluto assume, appena conseguito, un’altra forma e
sotto di essa si ripresenta. Esso è il vero demonio. Ogni soddisfacimento
genera un nuovo desiderio”. E’ un incubo, è ossessiva coazione a ripetere, è
nevrosi individuale e nevrosi cosmica.
Venendo alla nostra epoca, c’è da dire
–commenta Brunetti- che molti autori esprimono il profondo bisogno di “una
rinnovata filosofia dei valori”. La filosofia, nata con Socrate per tradurre in
conoscenza l’esperienza dei valori, ha dato – afferma Roberta De Monticelli nel
suo libro “Al di qua del bene e del male” (Einaudi) – “le dimissioni da questo
suo compito”. Un ragionamento che richiama “La banalità del male”, un libro
scritto da H. Arendt, nel quale la malvagità dell’uomo è considerata come
espressione della “spaventosa, indicibile e inimmaginabile banalità del male”.
Il male come “banalità” sta ad indicare l’aspetto di “inconsapevolezza” non del
“fatto”, ma del “valore negativo” che i responsabili di mali estremi hanno
delle loro azioni. Mostrando in tal modo una condizione di “cecità morale”.
Quali
le altre cause?
“ Dunque, Unde malum? Sono variegate,
molteplici e complesse le origini del male. D’accordo con autorevoli studiosi,
riteniamo -spiega Brunetti- che le cause
di questo male dilagante risiedano nell’appiattimento dei valori, che sono la
vera essenza della vita mentale umana e
nel cedimento della nostra coscienza.
Oggi, siamo entrati nella contorta e
difficile età dell’insicurezza e dell’incertezza, dove affiora il
disincanto della ragione, assieme allo
scetticismo assiologico e al senso di un
fallimento esistenziale. L’asfissia della ragione rischia di soffocare
l’umanità. La società postmoderna è una
società “liquida”, come la definisce Bauman. Si sono “liquefatti” i valori, i
legami affettivi familiari, interpersonali, sociali e le istituzioni normative.
Emergono la “latitanza e la irrilevanza” del pensiero filosofico di matrice
umanistica e illuministica, insieme con il sogno di una Europa generatrice di
civiltà e umanità. L’erosione dell’idealità riguarda i comportamenti di tutti, comprende
l’etica personale insieme con l’etica pubblica.
Una società che non è come dovrebbe essere
non è un “bene” e una società che è come non dovrebbe essere è un “male”. E’ il
volto di un “mondo piatto” caratterizzato da una condizione di atrofia e
indifferenza al male, la quale finisce per colpire i principi ideali e i valori
propugnati da tanti pensatori a partire da Socrate. E’ uno stato d’animo
collettivo susseguente a una “perdita di
fiducia” nel futuro di questa civiltà. E’ sfiducia nelle istituzioni, dalle
scuole all’Università, agli ospedali e via via in tutti i livelli
dell’organizzazione politica.
“Se le classi dirigenti, in particolare
quelle politiche, del nostro Paese – scrive De Monticelli – paiono tanto
mediocri, tanto incapaci di sollevare questioni di fini o veri progetti di
società, tanto disperatamente privi di una visione del futuro, così
miserabilmente abituati a vivere alla giornata e attendere al proprio particolare, a raccattare consensi in
cambio di favori e a governarci con il ricatto continuo dell’emergenza, una
parte di colpa non sarà la nostra di educatori? Di cattivi educatori, che hanno
tradito Socrate, avviando un processo di auto disfacimento della libertà
interiore, di decostruzione dell’etica, di nichilismo assiologico e
agnosticismo”.
Qual
è il contributo delle neuroscienze?
“ Le scoperte delle neuroscienze -dichiara
Brunetti- hanno confermato queste ipotesi, dimostrando che il cervello è una
combinazione di bene e male, amore e odio, eros e thanatos. La parte più antica del cervello è il luogo
dell’aggressività e della violenza, la sede degli istinti ancestrali e più
profondi dell’essere umano.
Bene e male sono dunque profondamente
radicati nel cervello, in particolare nell’area sinistra, hanno una solida base
biologica, innata, e si sono evoluti durante milioni di anni. Bene e male sono
valori fissati nel nostro cervello, che sono esistiti fin dall’inizio dei tempi
e derivano da modi di agire e di sentire già presenti in altri mammiferi.
In particolare, il male si fonda su un
solido insieme di impulsi cerebrali istintivi, una tendenza “amplificata”
dall’ambiente socio-culturale. Anche il bene può essere ricondotto a una
tendenza istintiva influenzata dai neuroni specchio, dalla dopamina, dagli oppioidi
e dall’ossitocina. Altre ricerche
indicano che volere e fare il bene a qualcuno è un comportamento che attiva
aree del cervello associate a gratificazione e benessere. Il fare bene fa
sentir bene”.
Come
concludere, professor Brunetti?
“La natura del male, sia male fisico, sia
male morale, sia male metafisico, è da sempre
un mistero. Un enigma in verità che è “familiare” a ciascuno, poiché nel
corso della nostra vita noi tutti ne facciamo triste esperienza. L’essere umano
desidera il bene, ma è attratto dal male..
Sono le neuroscienze, come abbiamo notato,
che stanno appena cominciando ad esplorare i meccanismi neurali e cerebrali
delle emozioni e dei sentimenti che sono alla base dei nostri comportamenti.
Occorre lavorare in questa direzione,
produrre conoscenza e coscienza e sperare nel risveglio della ragione per
entrare in un nuovo Zeitgeist, nello
spirito di un tempo nuovo, riducendo la distanza tra particolarismo ottuso e
universalismo astratto”.
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