Contro ogni barbarismo, noi siamo per la lingua madre, la nostra, quella italiana, s'intende, ma non nascondiamo che nutriamo una predilezione per il "vernacolo".
Perché, da qualche tempo a questa parte, il dialetto sembra si sia presa una "rivincita" su quanti ne avevano già recitato il de profundis.
Infatti, si moltiplicano le iniziative per far varare alcuni provvedimenti in materia, per esempio, nella segnaletica stradale, la proposta è di scrivere
insieme alle indicazioni in lingua, anche la traduzione in dialetto.
Nessuna difficoltà? Sembra di no, anche perché a Napoli (si sa, i napoletani sono quanto mai estrosi), alcuni hanno anticipato i tempi scrivendo alcuni segnali in triplice lingua: in napoletano, in italiano e in inglese (anche in tedesco), superando ogni concezione globale. Per quanto ci riguarda più direttamente, la lingua vastareule (infatti, noi insistiamo nel ritenerla una lingua), è destinata ad avere una rivalutazione, tornando al vernacolo scritto che auspichiamo venga introdotto negli atti ufficiali. Non si tratta di una barzelletta.
Quello del "bilinguismo" è un problema che è stato risolto nelle regioni dell'alta Italia, ed anche altrove, in Sardegna.
A Cagliari è stato costituito T'Uffiziu de sa lingua sarda" incaricato di introdurre l'uso della lingua sarda negli atti amministrativi, previo accordo già stipulato con i '58 comuni del comprensorio cagliaritano.
E tanto allo scopo di valorizzare il dialetto. Fallito il tentativo di introdurre il dialetto nei programmi scolastici, ora si apre una nuova strada.
E auguriamoci che la Provincia di Chieti sia interessata a percorrerla contribuendo, in tal modo, a difendere il dialetto, affinchè non scompaia il vernacolo, ridotto ormai a comparire sporadicamente solo in certami poetici, minato da tante assurde innovazioni che vengono già impiegate con il beneplacito delle compiacenti commissioni giudicatrici.
Giuseppe Catania
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