Una voce dalla chiesa del centro storico alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa
di Don Domenico Spagnoli, parroco di S. Maria Maggiore, Vasto
Prendendo la parola all’interno dei tre appelli ai candidati sindaco di Vasto mi permetto di ringraziare a nome personale e di don Gianfranco Travaglini le associazioni Porta Nuova e Italia Nostra che
Iniziamo subito nel chiarire che la
nostra presenza in mezzo a voi è un segno del nostro essere uomini con voi
immersi nella storia. Con le parole di Terenzio ricordo che “Homo sum: humani nihil a me alienum puto”
per cui tutto ciò che è umano non può risultarci estraneo. Tutto ciò che
riguarda la vita dell’uomo non può lasciarci indifferenti pur sapendo che non
tutto ciò che è “dell’uomo” è sempre “umano”, ossia vissuto umanamente e al
servizio del bene dell’uomo. Noi siamo qui per ricordare che o la politica
torna ad umanizzare la vita oppure rimane serva di una parte, di un interesse
privato. La Chiesa, inserita nella storia dei profeti e seguendo i passi del
Maestro Gesù, non può non avere una ricaduta politica. La vita e la
predicazione di Gesù ha intaccato la politica. La Chiesa non deve fare un suo
partito o essere di un partito (ossia di una parte) ma inevitabilmente intacca
la vita politica, ossia ciò che riguarda la Polis.
Ricordo a me e a voi carissimi che la
nostra parola questa sera vorrebbe offrire un modesto contributo all’uomo e
alla Città alla quale siamo legati. Mi piace rifarmi al Compendio della
Dottrina Sociale della Chiesa (d’ora in poi DSC), pubblicato nel 2004 dal
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che al num. 61 afferma: “Il bene comune che gli uomini ricercano e conseguono
formando la comunità sociale è garanzia
del bene personale, familiare e associativo. Per queste ragioni si origina e prende
forma la società, con i suoi assetti strutturali, vale a dire politici,
economici, giuridici, culturali. All'uomo,
« in quanto inserito nella complessa rete di relazioni delle società
moderne », la Chiesa si rivolge
con la sua dottrina sociale. « Esperta
in umanità », essa è in grado di
comprenderlo nella sua vocazione e nelle sue aspirazioni, nei suoi limiti e nei
suoi disagi, nei suoi diritti e nei suoi compiti, e di avere per lui una
parola di vita da far risuonare nelle vicende storiche e sociali dell'esistenza
umana”.
Ecco perché siamo qui.
Perché prendersi cura dell'uomo, significa, per la Chiesa, “coinvolgere anche
la società nella sua sollecitudine missionaria e salvifica. La convivenza sociale spesso determina la
qualità della vita e perciò le condizioni in cui ogni uomo e ogni donna
comprendono se stessi e decidono di sé e della loro vocazione. Per questa
ragione, la Chiesa non è indifferente a tutto ciò che nella società si sceglie,
si produce e si vive, alla qualità
morale, cioè autenticamente umana e umanizzante, della vita sociale. La società e con essa la politica, l'economia, il lavoro, il diritto, la cultura non
costituiscono un ambito meramente secolare e mondano e perciò marginale ed
estraneo al messaggio e all'economia della salvezza. La società, infatti,
con tutto ciò che in essa si compie, riguarda l'uomo. Essa è la società degli uomini, che sono « la prima fondamentale via della
Chiesa». (Cfr. DSC, n. 62)
Tra evangelizzazione e
promozione umana ci sono legami profondi:
Legami di ordine antropologico,
perché l'uomo da evangelizzare non è un
essere astratto, ma è condizionato dalle questioni sociali ed economiche.
Legami di ordine teologico, poiché
non si può dissociare il piano della creazione da quello della Redenzione che
arriva fino alle situazioni molto concrete dell'ingiustizia da combattere, e
della giustizia da restaurare. Legami dell'ordine eminentemente evangelico, quale è quello della carità: come infatti proclamare il comandamento
nuovo senza promuovere nella giustizia e nella pace la vera, l'autentica
crescita dell'uomo? . (Cfr DSC, n. 66)
v Il nostro essere qui vuole rispondere ad una vocazione
profetica della Chiesa, la dottrina sociale assolve infatti
un compito di annuncio e anche di denuncia. Con tale
dottrina, la Chiesa non persegue fini di strutturazione e organizzazione della
società, ma di sollecitazione, indirizzo
e formazione delle coscienze.
La dottrina sociale comporta pure un
compito di denuncia, in presenza del peccato: è il peccato
d'ingiustizia e di violenza che in vario modo attraversa la società e in essa
prende corpo. Tale denuncia si fa
giudizio e difesa dei diritti disconosciuti e violati, specialmente dei diritti
dei poveri, dei piccoli, dei deboli, degli anziani.
La
comunità politica, realtà
connaturale agli uomini, esiste per
ottenere un fine altrimenti irraggiungibile: la crescita più piena di
ciascuno dei suoi membri, chiamati a collaborare stabilmente per realizzare il
bene comune, sotto la spinta
della loro tensione naturale verso il vero e verso il bene. ( Cfr. DSC, n.
384). Il popolo non è una moltitudine amorfa, una massa inerte da manipolare e
strumentalizzare, bensì un insieme di persone, ciascuna delle quali — « al proprio posto e nel proprio modo
» — ha la possibilità di formarsi una
propria opinione sulla cosa pubblica e la libertà di esprimere la propria
sensibilità politica e di farla valere in maniera confacente al bene comune.
Si parla tanto di bene comune ma la sua
piena realizzazione richiede che la comunità politica sviluppi, nell'ambito dei
diritti umani, una duplice e complementare azione, di difesa e di promozione: « Si deve quindi evitare
che, attraverso la preferenza data alla tutela dei diritti di alcuni individui o gruppi sociali, si creino posizioni
di privilegio; e si deve pure evitare che, nell'intento di promuovere gli
accennati diritti, si arrivi all'assurdo risultato di ridurre eccessivamente o
renderne impossibile il genuino esercizio». (cfr DSC, n. 389). Il solo consenso
popolare non è infatti sufficiente a far ritenere giuste le modalità di
esercizio dell'autorità politica.
Né si può partecipare oggi all’incontro
con la sottile ironia di chi pensa che la politica è altra cosa rispetto ai
valori che possono umanizzare o disumanizzare l’uomo. Perché se la vocazione
della comunità politica è essenzialmente mettersi al servizio della società
civile e, in ultima analisi, delle persone e dei gruppi che la compongono, la società
civile non può essere considerata un'appendice o una variabile della comunità
politica: anzi, essa ha la preminenza, perché nella stessa società civile trova
giustificazione l'esistenza della comunità politica.
È così che oggi si vive nella nostra Vasto? I rapporti instaurati
tra i cittadini e le istituzioni, tra i turisti e i locali, tra i commercianti
e i residenti, tra giovani e gli adulti offrono un ambiente umanamente vivibile
o disumanizzante?
Vi sarete chiesti perché sono stati
interpellati due preti del Centro storico. Ce lo siamo chiesti anche noi. E la
risposta non è perché non vi siano persone più qualificate e preparate di noi
nel clero vastese, ma perché vivendo una responsabilità in questa porzione di
popolo più vulnerabile abbiamo diritto di parola. Papa Francesco insiste
sull’attenzione alle “periferie”, ma con lo spostamento demografico della
città, con l’invecchiamento della popolazione nei nostri antichi confini e il
conseguente svuotamento: il centro è diventato in questi ultimi tempi la vera
periferia. Eppure vi sarete mai chiesti quale zona di Vasto i nostri studenti
vengono a visitare quando vogliono marinare la scuola, vi sarete chiesti quale
zona della Città risulta trafficata per una passeggiata distensiva, quali quartieri
fate visitare agli amici che vengono da fuori, quali chiese scegliete per far
conoscere la bellezza stratificata nei secoli. A queste domande si risponde con
un'unica espressione: il Centro Storico di Vasto. Immaginate per un attimo di
cancellare con un colpo di spugna le chiese, i palazzi e le strade
caratteristiche dell’antica Histonium
e mi dovreste spiegare che cosa ha di così diverso Vasto da qualsiasi altra
città. Non posso non sottolineare la meraviglia che costituisce il nostro mare
ma anche in questo senso non farei altro che ribadire ancor più la vocazione
turistica della Città che non può fare a meno delle sue radici.
Eppure queste radici hanno bisogno di
essere nutrite. Sono radici nascoste come quelle di una quercia ma se non
vengono rassodate rischiano di non poter offrire frutti per il futuro.
Attenzione la questione non è relativa al Centro storico ma alla Città che
perderebbe di credibilità e di affidabilità per il futuro. Se gli episodi di
vandalismo e se l’idea preminente che emerge è che tutto è lecito in una zona
che ormai non appartiene a nessuno. Sul biglietto da visita della Città un
qualsiasi turista troverebbe scritto città pericolosa, città trascurata, città
da evitare.
A questo punto con molta umiltà ma con
spirito profetico ci pare di dover porre l’attenzione su alcune urgenze da
affrontare da parte di chiunque se si vogliono custodire delle relazioni
umanizzanti e restituire fiducia al cittadino. Le nostre sottolineature non
possono essere né di destra né di sinistra perché pongono al centro l’uomo che
vuole vivere in relazione.
Tra le urgenze da tenere in considerazione
riteniamo fondamentale:
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Ripartire da una capacità progettuale nella consapevolezza che risolvere i
problemi collettivi, e non il destino dei singoli, migliora le condizioni di
tutti. E' indubbio che il Centro Storico di
una città esprima l'identità e l'anima di un territorio. Ciò comporta la
necessità di operare scelte che da un lato esaltino la bellezza esistente e
dall'altro creino le condizioni perché quella bellezza sia vissuta. Il primo
profilo attiene al recupero ed alla valorizzazione
del patrimonio artistico del nostro centro, con interventi di restauro, conservativi ma anche con direttive di tipo urbanistico (con
apposito regolamento) che evitino scempi attualmente presenti come ad esempio i
condizionatori d'aria a vista dei negozi o altro.
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Umanizzare. La
scommessa del futuro e riguarda un processo di umanizzazione del territorio, ossia le persone. In
questo ambito è necessario appurare innanzitutto qual è la realtà del
centro storico in termini di abitanti, quindi è ora di eseguire una mappatura per
sapere non tanto quanti abitanti vi sono ma quanti anziani vi abitano, quante
famiglie, quanti stranieri... e ciò per avere un quadro chiaro
circa i bisogni e le esigenze da soddisfare.
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Creare le basi per un incremento di abitatività. È innegabile,
infatti, che solo la presenza di
famiglie residenti assicuri vitalità in tutti i campi (economico, sociale,
di vigilanza e cura, ecc...). Pertanto
sono auspicabili misure atte a facilitare il recupero degli immobili in gran parte
disabitati, inventare servizi che rendano meno oneroso mantenere attività
commerciali in questa zona, creare più reti per i servizi
comuni e anche di terzo settore - parrocchie comprese - per la cura e
l'assistenza delle categorie più disagiate quali gli anziani.
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Prendere coscienza della realtà del
centro storico segnata dal vandalismo e dalle difficoltà per chi vi abita che
vuole certo sicurezza ma anche idonei servizi che consentano di
vivere il proprio quartiere in maniera dignitosa. Di qui la necessità di
approntare un efficace sistema di video sorveglianza, incentivare la
presenza delle forze dell'ordine, aree di sosta per i residenti, oppure
agevolazioni negli attuali spazi o al multipiano
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Se si investe nel decoro urbanistico è
chiaro che occorre attenzione nel rispetto delle normative già in vigore sulla
vivibilità del Centro storico. A volte si assiste in una fiscalità nel
comminare multe per accesso in zona a traffico limitato (ovviamente giuste) ma nulla si fa perché ci sia un traffico
sereno a piedi anche la sera o la notte. Le multe non possono essere fatte
solo di giorno ma anche di notte quando non si rispetta la somministrazione degli alcolici, quando non si rispetta il decoro,
quando i livelli di decibel superano quelli consentiti e poi… quando
uscendo con il proprio cane non si tengono puliti i marciapiedi della Città.
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Creare periodicamente momenti in cui
convocare o almeno ascoltare i comitati
di quartiere che certamente possono aiutare gli amministratori ad avere il
polso della situazione.
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Curare la manutenzione periodica delle
strade. Non si offre un buon biglietto da visita se i cittadini rischiano la
loro incolumità per il semplice fatto di inciampare in una buca sul marciapiede
o sull’asfalto.
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Creare economia e lavoro investendo le risorse sul territorio
per la manutenzione ordinaria delle strade e dei giardini anche cercando le
possibilità che la legge offre per l’impiego
delle forze locali o degli immigrati ospiti anche nelle nostre strutture.
1 commento:
Le considerazioni, le riflessioni culturali e dottrinali, gli impliciti inviti a operare nella polis per una civiltà autentica e soprattutto umana, sono quelle giuste e, direi, in cero senso risapute. Francamente non capisco, in campagna elettorale, dove si possa a andare a parare, se non si interviene nello specifico, nel chiarire, denunciare nel caso, dove, ad opera di chi e perchè tutte le esigenze (relative al bene comune)qui espresse non siano state e non vengano compiute e praticate.
Ad un certo punto il relatore ecclesiastico, assai concretamente si chiede:
"È così che oggi si vive nella nostra Vasto? I rapporti instaurati tra i cittadini e le istituzioni, tra i turisti e i locali, tra i commercianti e i residenti, tra giovani e gli adulti offrono un ambiente umanamente vivibile o disumanizzante?".
Interrogativi che restano poi senza risposta, e ben si comprende il perchè. Perchè un uomo di Chiesa, sia pure con una sua visione del sociale, ha da evitare di "prendere parte". Ma la "campagna elettorale" per il rinnovo di una Amministrazione comunale (per il Governo della città) è per la gente il momento delle scelte, il momento in cui si ha da confermare o bocciare degli uomini e le loro idee, di scegliere eventualmente (in libertà e democrazia, nel legittimo esercizio dell'alternanza)altri uomini della comunità, per altre e diverse idee, in virtù della chiara considerazione e indicazione all'elettore di chi e in che modo le esigenze della polis e dei suoi cittadini siano possibili realizzare o avverare.
Restare all'enunciazione del "princìpi" è pur sempre lodevole cosa, è questione di "formazione" di chi si propone ad essere uomo pubblico, dell’uomo e del cittadino non meno, da farsi sempre e comunque, mentre questo è il momento del dire "pane al pane", di affermare con onestà e chiarezza chi, dei vari "Cesari" candidati, questi valori civici, civili e umani, possa essere in grado di portare nella Comunità urbana. Di certo - ripeto e lo capiamo - non può essere un sacerdote a farlo... Ma allora, "cui prodest" un tale intervento in questo momento di azione per il voto, per la scelta di questo o quello, di un programma amministrativo (concreto, necessariamente contingente) o piuttosto di un altro? Questo è quel che oggi si chiede ed è giusto aspettarsi dal cittadino, questo è il momento di schierarsi, o di qua o di là. Altri discorsi, nella fase pubblica attuale - non me ne vorrà l'ecclesiastico - è un ...pestare 'politicamente' acqua nel mortaio.
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