lunedì 16 maggio 2016

Una voce dalla chiesa del Centro Storico alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa

L'associazione Porta Nuova e Italia Nostra del Vastese hanno organizzato tre incontri lanciando "Tre Appelli al futuro Sindaco di Vasto (chiunque egli sia)". Giovedì scorso hanno partecipato come relatori Don Gianfranco Travaglini e don Domenico Spagnoli, di cui pubblichiamo qui di seguito l'intervento in versione integrale.

Una voce dalla chiesa del centro storico alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa

di Don Domenico Spagnoli, parroco di S. Maria Maggiore, Vasto


Prendendo la parola all’interno dei tre appelli ai candidati sindaco di Vasto mi permetto di ringraziare a nome personale e di don Gianfranco Travaglini le associazioni Porta Nuova e Italia Nostra che
hanno voluto coinvolgerci. In un tempo di campagna elettorale cogliamo l’occasione per tentare di riflettere sul lavoro che una società politica deve finalizzare alla società civile. Il nostro intervento si esprimerà a due voci e sarà articolato in tre momenti. Nel primo espliciteremo il quadro fondativo delle riflessioni a partire dalle fonti della Dottrina Sociale della Chiesa e la lettera Enciclica di Papa Francesco Laudato Si’), nel secondo vorremmo tentare di riflettere sulle motivazioni della scelta dei parroci del Centro storico per la relazione. Nel terzo alcune criticità che richiedono un intervento urgente nel Centro storico per non perdere definitivamente il patrimonio storico e culturale di una Città che voglia ancora sperare in una vocazione turistica.

Iniziamo subito nel chiarire che la nostra presenza in mezzo a voi è un segno del nostro essere uomini con voi immersi nella storia. Con le parole di Terenzio ricordo che “Homo sum: humani nihil a me alienum puto” per cui tutto ciò che è umano non può risultarci estraneo. Tutto ciò che riguarda la vita dell’uomo non può lasciarci indifferenti pur sapendo che non tutto ciò che è “dell’uomo” è sempre “umano”, ossia vissuto umanamente e al servizio del bene dell’uomo. Noi siamo qui per ricordare che o la politica torna ad umanizzare la vita oppure rimane serva di una parte, di un interesse privato. La Chiesa, inserita nella storia dei profeti e seguendo i passi del Maestro Gesù, non può non avere una ricaduta politica. La vita e la predicazione di Gesù ha intaccato la politica. La Chiesa non deve fare un suo partito o essere di un partito (ossia di una parte) ma inevitabilmente intacca la vita politica, ossia ciò che riguarda la Polis.

Ricordo a me e a voi carissimi che la nostra parola questa sera vorrebbe offrire un modesto contributo all’uomo e alla Città alla quale siamo legati. Mi piace rifarmi al Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa (d’ora in poi DSC), pubblicato nel 2004 dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che al num. 61 afferma: “Il bene comune che gli uomini ricercano e conseguono formando la comunità sociale è garanzia del bene personale, familiare e associativo. Per queste ragioni si origina e prende forma la società, con i suoi assetti strutturali, vale a dire politici, economici, giuridici, culturali. All'uomo, « in quanto inserito nella complessa rete di relazioni delle società moderne », la Chiesa si rivolge con la sua dottrina sociale. « Esperta in umanità », essa è in grado di comprenderlo nella sua vocazione e nelle sue aspirazioni, nei suoi limiti e nei suoi disagi, nei suoi diritti e nei suoi compiti, e di avere per lui una parola di vita da far risuonare nelle vicende storiche e sociali dell'esistenza umana”.

Ecco perché siamo qui. Perché prendersi cura dell'uomo, significa, per la Chiesa, “coinvolgere anche la società nella sua sollecitudine missionaria e salvifica. La convivenza sociale spesso determina la qualità della vita e perciò le condizioni in cui ogni uomo e ogni donna comprendono se stessi e decidono di sé e della loro vocazione. Per questa ragione, la Chiesa non è indifferente a tutto ciò che nella società si sceglie, si produce e si vive, alla qualità morale, cioè autenticamente umana e umanizzante, della vita sociale. La società e con essa la politica, l'economia, il lavoro, il diritto, la cultura non costituiscono un ambito meramente secolare e mondano e perciò marginale ed estraneo al messaggio e all'economia della salvezza. La società, infatti, con tutto ciò che in essa si compie, riguarda l'uomo. Essa è la società degli uomini, che sono « la prima fondamentale via della Chiesa». (Cfr. DSC, n. 62)

Tra evangelizzazione e promozione umana ci sono legami profondi:  Legami di ordine antropologico, perché l'uomo da evangelizzare non è un essere astratto, ma è condizionato dalle questioni sociali ed economiche. Legami di ordine teologico, poiché non si può dissociare il piano della creazione da quello della Redenzione che arriva fino alle situazioni molto concrete dell'ingiustizia da combattere, e della giustizia da restaurare. Legami dell'ordine eminentemente evangelico, quale è quello della carità: come infatti proclamare il comandamento nuovo senza promuovere nella giustizia e nella pace la vera, l'autentica crescita dell'uomo? . (Cfr DSC, n. 66)

v  Il nostro essere qui vuole rispondere ad una vocazione profetica della Chiesa, la dottrina sociale assolve infatti un compito di annuncio e anche di denuncia. Con tale dottrina, la Chiesa non persegue fini di strutturazione e organizzazione della società, ma di sollecitazione, indirizzo e formazione delle coscienze.

La dottrina sociale comporta pure un compito di denuncia, in presenza del peccato: è il peccato d'ingiustizia e di violenza che in vario modo attraversa la società e in essa prende corpo. Tale denuncia si fa giudizio e difesa dei diritti disconosciuti e violati, specialmente dei diritti dei poveri, dei piccoli, dei deboli, degli anziani.

La comunità politica, realtà connaturale agli uomini, esiste per ottenere un fine altrimenti irraggiungibile: la crescita più piena di ciascuno dei suoi membri, chiamati a collaborare stabilmente per realizzare il bene comune, sotto la spinta della loro tensione naturale verso il vero e verso il bene. ( Cfr. DSC, n. 384). Il popolo non è una moltitudine amorfa, una massa inerte da manipolare e strumentalizzare, bensì un insieme di persone, ciascuna delle quali  « al proprio posto e nel proprio modo »  ha la possibilità di formarsi una propria opinione sulla cosa pubblica e la libertà di esprimere la propria sensibilità politica e di farla valere in maniera confacente al bene comune.

Si parla tanto di bene comune ma la sua piena realizzazione richiede che la comunità politica sviluppi, nell'ambito dei diritti umani, una duplice e complementare azione, di difesa e di promozione: « Si deve quindi evitare che, attraverso la preferenza data alla tutela dei diritti di alcuni individui o gruppi sociali, si creino posizioni di privilegio; e si deve pure evitare che, nell'intento di promuovere gli accennati diritti, si arrivi all'assurdo risultato di ridurre eccessivamente o renderne impossibile il genuino esercizio». (cfr DSC, n. 389). Il solo consenso popolare non è infatti sufficiente a far ritenere giuste le modalità di esercizio dell'autorità politica.

Né si può partecipare oggi all’incontro con la sottile ironia di chi pensa che la politica è altra cosa rispetto ai valori che possono umanizzare o disumanizzare l’uomo. Perché se la vocazione della comunità politica è essenzialmente mettersi al servizio della società civile e, in ultima analisi, delle persone e dei gruppi che la compongono, la società civile non può essere considerata un'appendice o una variabile della comunità politica: anzi, essa ha la preminenza, perché nella stessa società civile trova giustificazione l'esistenza della comunità politica.

È così che oggi si vive nella nostra Vasto? I rapporti instaurati tra i cittadini e le istituzioni, tra i turisti e i locali, tra i commercianti e i residenti, tra giovani e gli adulti offrono un ambiente umanamente vivibile o disumanizzante?   

Vi sarete chiesti perché sono stati interpellati due preti del Centro storico. Ce lo siamo chiesti anche noi. E la risposta non è perché non vi siano persone più qualificate e preparate di noi nel clero vastese, ma perché vivendo una responsabilità in questa porzione di popolo più vulnerabile abbiamo diritto di parola. Papa Francesco insiste sull’attenzione alle “periferie”, ma con lo spostamento demografico della città, con l’invecchiamento della popolazione nei nostri antichi confini e il conseguente svuotamento: il centro è diventato in questi ultimi tempi la vera periferia. Eppure vi sarete mai chiesti quale zona di Vasto i nostri studenti vengono a visitare quando vogliono marinare la scuola, vi sarete chiesti quale zona della Città risulta trafficata per una passeggiata distensiva, quali quartieri fate visitare agli amici che vengono da fuori, quali chiese scegliete per far conoscere la bellezza stratificata nei secoli. A queste domande si risponde con un'unica espressione: il Centro Storico di Vasto. Immaginate per un attimo di cancellare con un colpo di spugna le chiese, i palazzi e le strade caratteristiche dell’antica Histonium e mi dovreste spiegare che cosa ha di così diverso Vasto da qualsiasi altra città. Non posso non sottolineare la meraviglia che costituisce il nostro mare ma anche in questo senso non farei altro che ribadire ancor più la vocazione turistica della Città che non può fare a meno delle sue radici.

Eppure queste radici hanno bisogno di essere nutrite. Sono radici nascoste come quelle di una quercia ma se non vengono rassodate rischiano di non poter offrire frutti per il futuro. Attenzione la questione non è relativa al Centro storico ma alla Città che perderebbe di credibilità e di affidabilità per il futuro. Se gli episodi di vandalismo e se l’idea preminente che emerge è che tutto è lecito in una zona che ormai non appartiene a nessuno. Sul biglietto da visita della Città un qualsiasi turista troverebbe scritto città pericolosa, città trascurata, città da evitare.
A questo punto con molta umiltà ma con spirito profetico ci pare di dover porre l’attenzione su alcune urgenze da affrontare da parte di chiunque se si vogliono custodire delle relazioni umanizzanti e restituire fiducia al cittadino. Le nostre sottolineature non possono essere né di destra né di sinistra perché pongono al centro l’uomo che vuole vivere in relazione.

Tra le urgenze da tenere in considerazione riteniamo fondamentale:
-          Ripartire da una capacità progettuale nella consapevolezza che risolvere i problemi collettivi, e non il destino dei singoli, migliora le condizioni di tutti. E' indubbio che il Centro Storico di una città esprima l'identità e l'anima di un territorio. Ciò comporta la necessità di operare scelte che da un lato esaltino la bellezza esistente e dall'altro creino le condizioni perché quella bellezza sia vissuta. Il primo profilo attiene al recupero ed alla valorizzazione del patrimonio artistico del nostro centro, con interventi di restauro, conservativi ma anche con direttive di tipo urbanistico (con apposito regolamento) che evitino scempi attualmente presenti come ad esempio i condizionatori d'aria a vista dei negozi o altro.
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-          Umanizzare. La scommessa del futuro e riguarda un processo di umanizzazione del territorio, ossia le persone. In questo ambito è necessario appurare innanzitutto qual è la realtà del centro storico in termini di abitanti, quindi è ora di eseguire una mappatura per sapere non tanto quanti abitanti vi sono ma quanti anziani vi abitano, quante famiglie, quanti stranieri... e ciò per avere un quadro chiaro circa i bisogni e le esigenze da soddisfare.
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-          Creare le basi per un incremento di abitatività. È innegabile, infatti, che solo la presenza di famiglie residenti assicuri vitalità in tutti i campi (economico, sociale, di vigilanza e cura, ecc...). Pertanto sono auspicabili misure atte a facilitare il recupero degli immobili in gran parte disabitati, inventare servizi che rendano meno oneroso mantenere attività commerciali in questa zona, creare più reti  per i servizi comuni e anche di terzo settore - parrocchie comprese - per la cura e l'assistenza delle categorie più disagiate quali gli anziani.
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-          Prendere coscienza della realtà del centro storico segnata dal vandalismo e dalle difficoltà per chi vi abita che vuole certo sicurezza ma anche idonei servizi che consentano di vivere il proprio quartiere in maniera dignitosa. Di qui la necessità di approntare un efficace sistema di video sorveglianza, incentivare la presenza delle forze dell'ordine, aree di sosta per i residenti, oppure agevolazioni negli attuali spazi o al multipiano
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-          Se si investe nel decoro urbanistico è chiaro che occorre attenzione nel rispetto delle normative già in vigore sulla vivibilità del Centro storico. A volte si assiste in una fiscalità nel comminare multe per accesso in zona a traffico limitato (ovviamente giuste) ma nulla si fa perché ci sia un traffico sereno a piedi anche la sera o la notte. Le multe non possono essere fatte solo di giorno ma anche di notte quando non si rispetta la somministrazione degli alcolici, quando non si rispetta il decoro, quando i livelli di decibel superano quelli consentiti e poi… quando uscendo con il proprio cane non si tengono puliti i marciapiedi della Città.
-          Creare periodicamente momenti in cui convocare o almeno ascoltare i comitati di quartiere che certamente possono aiutare gli amministratori ad avere il polso della situazione.
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-          Curare la manutenzione periodica delle strade. Non si offre un buon biglietto da visita se i cittadini rischiano la loro incolumità per il semplice fatto di inciampare in una buca sul marciapiede o sull’asfalto.
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-          Creare economia e lavoro investendo le risorse sul territorio per la manutenzione ordinaria delle strade e dei giardini anche cercando le possibilità che la legge offre per l’impiego delle forze locali o degli immigrati ospiti anche nelle nostre strutture.

1 commento:

Unknown ha detto...

Le considerazioni, le riflessioni culturali e dottrinali, gli impliciti inviti a operare nella polis per una civiltà autentica e soprattutto umana, sono quelle giuste e, direi, in cero senso risapute. Francamente non capisco, in campagna elettorale, dove si possa a andare a parare, se non si interviene nello specifico, nel chiarire, denunciare nel caso, dove, ad opera di chi e perchè tutte le esigenze (relative al bene comune)qui espresse non siano state e non vengano compiute e praticate.

Ad un certo punto il relatore ecclesiastico, assai concretamente si chiede:
"È così che oggi si vive nella nostra Vasto? I rapporti instaurati tra i cittadini e le istituzioni, tra i turisti e i locali, tra i commercianti e i residenti, tra giovani e gli adulti offrono un ambiente umanamente vivibile o disumanizzante?".
Interrogativi che restano poi senza risposta, e ben si comprende il perchè. Perchè un uomo di Chiesa, sia pure con una sua visione del sociale, ha da evitare di "prendere parte". Ma la "campagna elettorale" per il rinnovo di una Amministrazione comunale (per il Governo della città) è per la gente il momento delle scelte, il momento in cui si ha da confermare o bocciare degli uomini e le loro idee, di scegliere eventualmente (in libertà e democrazia, nel legittimo esercizio dell'alternanza)altri uomini della comunità, per altre e diverse idee, in virtù della chiara considerazione e indicazione all'elettore di chi e in che modo le esigenze della polis e dei suoi cittadini siano possibili realizzare o avverare.

Restare all'enunciazione del "princìpi" è pur sempre lodevole cosa, è questione di "formazione" di chi si propone ad essere uomo pubblico, dell’uomo e del cittadino non meno, da farsi sempre e comunque, mentre questo è il momento del dire "pane al pane", di affermare con onestà e chiarezza chi, dei vari "Cesari" candidati, questi valori civici, civili e umani, possa essere in grado di portare nella Comunità urbana. Di certo - ripeto e lo capiamo - non può essere un sacerdote a farlo... Ma allora, "cui prodest" un tale intervento in questo momento di azione per il voto, per la scelta di questo o quello, di un programma amministrativo (concreto, necessariamente contingente) o piuttosto di un altro? Questo è quel che oggi si chiede ed è giusto aspettarsi dal cittadino, questo è il momento di schierarsi, o di qua o di là. Altri discorsi, nella fase pubblica attuale - non me ne vorrà l'ecclesiastico - è un ...pestare 'politicamente' acqua nel mortaio.