sabato 26 marzo 2016

Profonde riflessioni da "Vide e credette" di Giancarlo Corvino

Un interessante libro esegetico del prof. Giancarlo Corvino
L’ESPERIENZA DI FEDE NELLA RISURREZIONE VISSUTA AL SEPOLCRO DAL DISCEPOLO CHE GESU’ AMAVA


di LUIGI MEDEA 

In questo Sabato Santo, dedicato al silenzio e alla riflessione spirituale, ho tra le mani – prezioso – il libro “Vide e credette – Un problema cristologico irrisolto” (Tau Editrice) dell’amico prof. Giancarlo Corvino, docente di Teologia Biblica presso l’Istituto Teologico Abruzzese-Molisano di Chieti e impegnato Cooperatore Salesiano presso la Parrocchia di S. Giovanni Bosco di Vasto.

Un libro intenso, appassionato e coinvolgente, che affronta la descrizione e l’analisi esegetica della visita compiuta al sepolcro di Gesù da due importanti apostoli: Pietro e Giovanni (il discepolo che Gesù amava) e che aiuta i
cristiani a mettere al centro della vita il Mistero della Risurrezione di Cristo.

Ha scritto molto bene nell’Introduzione Mons. Michele Giulio Masciarelli, Prefetto degli Studi dell’Istituto Teologico-Abruzzese “Pianum”, affiliato alla Pontificia Università Lateranense di Roma: “Il libro di Corvino, anche se s’intrapone fra scienza biblica e cristologia, è un libro adatto a offrire un solido argomento al ‘continuare a credere’, per usare una cara e lucida espressione di Italo Mancini. Noi ancora abbiamo bisogno di sapere che sotto la casa cristiana non c’è un morto, il Cristo morto. Se così fosse, quella casa (cioè la Chiesa) sarebbe un obitorio. Ma sarebbe un obitorio solo la casa cristiana o anche la ‘casa dell’uomo’, espressione con cui Ernst Bloch riassume l’intera vicenda dell’uomo: la sua vita, il suo destino?”.

Il lavoro di Corvino prende in esame la pericope dell’evangelista Giovanni 20,3-10, che si inserisce all’interno del racconto del sepolcro vuoto, e, focalizzando i principali aspetti esegetici evidenziati dagli studiosi, consente un sereno approccio alla comprensione del testo.

Quattro i capitoli. Nel primo vengono riportati alcuni approfondimenti sulle usanze funebri all’epoca di Gesù (la sepoltura, il sepolcro, gli aromi, i panni mortuari, la vestizione del corpo), mentre nel secondo si affronta lo “status quaestionis” della complessità della pericope giovannea riguardante la storicità del testo, la redazione, i rapporti con i Vangeli sinottici, la struttura.

Il terzo capitolo è dedicato all’indagine esegetica, attraverso l’esame delle principali tesi interpretative, alla fine delle quali Corvino consegna ai lettori alcuni elementi di certezza, in particolare il seguente dato: “Se la presenza delle vesti funerarie era sufficiente ad escludere il trafugamento del corpo di Gesù da parte di estranei, la loro posizione, descritta con grande precisione dall’evangelista, sarà determinante per il discepolo amato per comprendere l’azione potente compiuta da Dio, Padre del Signore Gesù”.

Ma Corvino, a questo punto, tiene anche a precisare che, oltre alla testimonianza del discepolo amato, nella pericope giovannea la S. Scrittura “ci viene proposta come strumento per comprendere la necessità della risurrezione di Gesù, quale compimento dell’opera di salvezza del Padre, in quanto il brano ci dice che il senso profondo della Scrittura è la necessità della risurrezione di Gesù dai morti”.

Nelle conclusioni letterarie e teologiche, svolte nell’ultimo capitolo, l’autore tenta di fornire una possibile nuova traduzione del brano esaminato, sottolineando che, attraverso di esso, l’evangelista ci descrive il risultato dell’evento della risurrezione di Gesù, e ce lo fa diventare “storico”. In questo modo “la pericope giovannea diviene la cerniera di collegamento che induce alla dimensione metastorica delle successive apparizioni del Signore, fornendoci gli elementi storici per la loro piena comprensione”.

LUIGI MEDEA

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