Fu il Re che pronunciò la condanna a morte di Gabriele Rossetti
Anche a Vasto nella chiesa collegiata di San
Giuseppe, la mattina del giorno 15, a dieci giorni dalla morte e in
contemporanea con la funzione in svolgimento a Napoli, vennero celebrati
solenni e pomposi funerali, tanto da meritare un breve articolo sul Giornale del Regno delle Due Sicilie.
"Il giorno 15 del corrente",
si legge sul giornale pubblicato la settimana successiva, "sarà sempre memorando per la città del Vasto
capo luogo d'un distretto della provincia di Abruzzo Citeriore. Quella
città
che si è sempre distinta pel suo attaccamento alla regnante nostra Dinastia,
rese in quel giorno gli ultimi uffizi di pietà all'estinto amato monarca con
una solennità corrispondente a' pubblici sentimenti di amore verso l'augusta di
lui memoria. Il parato della chiesa, la sontuosa macchina che in mezzo vi si
costruì, la ricca illuminazione, la musica eseguita con particolare zelo da'
primari cittadini dilettanti, il mesto suono de' sacri bronzi, il cupo rimbombo
delle funebri salve, i componimenti poetici sulla circostanza, le prose in lode
del buon Re Ferdinando, l'intervento di quel sotto intendente con tutte le
altre autorità immerse nella più profonda tristezza, tutto contribuì a render
più vivi negli animi i sensi di quel cordoglio che quegli abitanti provarono
fin dal primo infausto annunzio della morte del Sovrano, a segno che tutti i caffè
e luoghi di pubblica riunione allora furono chiusi spontaneamente, e
spontaneamente pur si vestì il lutto da tutte le classi. Le porte della città
in segno di maggior mestizia vennero anche chiuse, durante il tempo della
lugubre funzione".
Per
l’occasione, come ricordato nell'articolo, vennero declamate poesie e prose,
come ad esempio il canto funebre scritto dal decurione D. Giuseppe Antonio
Rulli, successivamente stampato dalla Tipografia Grandoniana di Chieti. Ecco
alcuni passi delle trentatré sestine:
Spunta
l’alba del dì, squallida e mesta,
E
di pallide viole il crine ornato
Il
velo della notte à in su la testa
Ed
il serto di rose al piè sfrondato;
Rugiadosa
di lagrime ed oscura
Nuncia
si avanza di feral sciagura
E
chiude con questi versi:
Sacri
al Prence, splendor del suol natio,
Del
Sebeto al magnanimo Solone,
Al
primier che i due Regni insieme unio
al
Nestore de’ Regi, al pio Borbone
Pegno
di duol sincero, e non di fasto
Questi
suoi tetri omei tributa il Vasto.
Ferdinando
I, il cui regno è durato quasi sessantasei anni, uno dei più lunghi della
storia, viene ricordato per aver ispirato, nel bene e nel male alcune tra le
più belle poesie di Gabriele Rossetti, ma anche per aver pronunciato la sua
condanna a morte.
Nel
1820 moti insurrezionali scoppiarono in molte parti del regno per riuscire ad
ottenere la costituzione da re Ferdinando I. Il 9 luglio dello stesso anno,
entrato Guglielmo Pepe trionfante a Napoli, alla testa di settecento soldati e
molti carbonari, comparve un editto, in cui il Sovrano promise la costituzione:
"Essendosi manifestato il voto
generale della Nazione del Regno delle Due Sicilie di voler un governo
costituzionale, di piena nostra volontà vi consentiamo, e promettiamo nel corso
di otto giorni di pubblicarne le basi".
L’entusiasmo
provocò al Rossetti la felice ispirazione per una delle poesie più belle
scritte dal Tirteo d’Italia:
Sei pur bella
con gli astri al crine
Che scintillan
quai vivi zaffiri
È pur dolce quel
fiato che spiri,
Porporina
foriera del dì.
Col sorriso del
pago desio
Tu ci annunzi
dal balzo vicino
Che d’Italia
nell’almo giardino
Il servaggio per
sempre finì.
Ma nove mesi più tardi il Re, che si trovava in Austria, decise di sopprimere la costituzione, avvalendosi dell’aiuto delle truppe austriache. Accecato dall’ira, il poeta vastese scrisse:
Ma nove mesi più tardi il Re, che si trovava in Austria, decise di sopprimere la costituzione, avvalendosi dell’aiuto delle truppe austriache. Accecato dall’ira, il poeta vastese scrisse:
Re fellon che ci
tradisti,
Tu rapisci e non
racquisti:
Maledetto, o re
fellon,
Sii dall’austro
all’aquilon!
Maledetto ogni
malnato
Che ha tramato ─
insiem con te!
Maledetto ─ ogni
soggetto
Che ti lambe il
sozzo piè!
Personaggio scomodo e pericoloso, il Rossetti venne processato e condannato a morte. Con proclama datato 28 settembre 1822, venne concessa l’amnistia per coloro che avevano partecipato ai movimenti rivoluzionari, eccetto tredici persone: tra questi c’era anche il nome del poeta vastese, a dimostrazione della pericolosità dei suoi versi, che infiammavano i cuori dei giovani napoletani. Nascosto per tre mesi, con l’aiuto di lady Moore, riuscì a fuggire da Napoli, camuffato con un'uniforme da luogotenente navale britannico, a bordo della nave ammiraglia Hms Rochfort comandata da suo marito. Il Rossetti riparò prima a Malta e poi in Inghilterra dove visse esule fino alla fine dei suoi giorni.
Personaggio scomodo e pericoloso, il Rossetti venne processato e condannato a morte. Con proclama datato 28 settembre 1822, venne concessa l’amnistia per coloro che avevano partecipato ai movimenti rivoluzionari, eccetto tredici persone: tra questi c’era anche il nome del poeta vastese, a dimostrazione della pericolosità dei suoi versi, che infiammavano i cuori dei giovani napoletani. Nascosto per tre mesi, con l’aiuto di lady Moore, riuscì a fuggire da Napoli, camuffato con un'uniforme da luogotenente navale britannico, a bordo della nave ammiraglia Hms Rochfort comandata da suo marito. Il Rossetti riparò prima a Malta e poi in Inghilterra dove visse esule fino alla fine dei suoi giorni.
Lino
Spadaccini
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