di GIUSEPPE CATANIA
Forse occorrerebbe "riscrivere" un capitolo ancora inedito della "Storia Italiana del Risorgimento" attraverso le rare ed uniche testimonianze, tutte da meditare, per scoprirne il profondo significato, contenute ne "L'inedito carteggio Spaventa-Ciccarone (1860-1879)". Una pubblicazione che già venne data alle stampe nel 1942 da Paolo Romano, per averne avuto la disponibilità della prof. Giulia Ciccarone e che, su suggerimento del prof. Angelo Cianci, è stata fatta ristampare,
nel 1993, a cura dell'Amministrazione Comunale di Vasto, dall'Editore Arte Della Stampa-Cannarsa. Il 1993 segna il primo centenario della morte di Silvio Spaventa (nato a Bomba, in provincia di Chieti il 10 maggio 1822 e morto a Roma il 21 giugno 1893), e una serie di convegni ne hanno sottolineato l'avvenimento, alla Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, alla Biblioteca Nazionale Centrale a Roma, poi a Napoli, quindi a Bergamo, con il prezioso contributo dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e la partecipazione di illustri studiosi ed esponenti della cultura parlamentare e politica.
Una documentazione quanto mai preziosa atta a contribuire ed evidenziare la situazione socio-politico economica dell'Italia e di questo angolo dell'Abruzzo vastese in particolare, dopo l'unificazione italiana, sotto gli aspetti emergenti del "liberalismo" che fu emblema di Silvio Spaventa e di cui si ebbero echi quanto mai significativi a Vasto.
Silvio Spaventa, infatti, ebbe spirito antiborbonico che manifestò anche attraverso il giornale "II Nazionale" da lui fondato nel 1848 e che fu "una delle voci più alte del patriottismo liberale napoletano e Italiano" quando venne eletto deputato al Parlamento napoletano e dove intervenne più volte in favore dell'idea rivoluzionaria. Nel 1849, alla riapertura della Camera pronunciò due discorsi memorabili sulle illegalità del governo e il 13 marzo, sciolta definitivamente la Camera, venne arrestato il 19 marzo. L'8 ottobre 1852 venne processato e condannato a morte, ma la pena gli venne commutata con l'ergastolo e l'esilio nel penitenziario di Santo Stefano a Ventotene. Nel 1959, insieme ad altri forzati, venne deportato in America, ma riuscì a farsi sbarcare in Irlanda e da qui, dopo un breve soggiorno londinese, fece ritorno a Torino. A Firenze lavorò alla "Nazione", iniziando una intransigente campagna giornalistica antiborbonica.
Rifiutò la Cattedra di Filosofia del Diritto all'Università di Modena nel 1860, preferendo spostarsi a Bologna e a Firenze e, nel luglio, a Napoli, dopo che Francesco II ebbe a ripristinare lo Statuto. I contrasti con Garibaldi nel settembre lo riportarono a Torino. A ottobre rientrava a Napoli dove venne nominato Direttore Generale del Ministero dell'Interno e poi Consigliere del Dicastero di Polizia. Nel gennaio 1861 venne eletto deputato in due collegi abruzzesi ed a Napoli, optando per Vasto che aveva votato per lui come scriveva Silvio Ciccarone "come un solo uomo".
Dimessosi nel luglio 1861 per dissidi con il Generale Cialdini, ebbe uno scontro violento alla Camera con Giovanni Nicotera, che gli costò la nomina a Ministero dell'Interno. Nel 1862, nel Governo Farini, è Segretario del Ministero dell'Interno, e dichiarato decaduto dal mandato parlamentare, viene rieletto a Vasto. Nel 1865 perde questo collegio, ma viene rieletto in quello di Atessa e Monte- corvino (Sa), optando per il primo. È nominato Consigliere di Stato nel 1868 e da Firenze si trasferisce nel 1871 a Roma, divenuta la nuova capitale del Regno.
È Ministro dei Lavori Pubblici nel Governo Minghetti, nel 1873. Suo è il progetto di legge "Lo Stato e le Ferrovie" respinto dalla Camera e, per non Subire l’affronto dello spostamento della Sezione Interno e LL.PP. del Consiglio di Stato a quello delle Finanze, disposto dal Nicotera, preferisce dimettersi nel novembre 1876. Nel marzo dell'anno successivo veniva eletto Deputato nel Collegio di Bergamo e l'anno dopo veniva nominato al Consiglio di Stato dal Ministero Zanardelli. Memorabili i suoi discorsi su "La politica e l'amministrazione della Destra e l'opera della Sinistra", pronunciati quale presidente dell'Associazione Costituzionale romana, e su "Giustizia nell'Amministrazione" a Bergamo.
Nel 1881 polemizza con il ministero Baccelli sul bilancio della Pubblica Istruzione e sull'autonomia universitaria nel 1884. "Il potere temporale e l'Italia nuova" è l'ultimo discorso pronunciato a Bergamo il 20 settembre 1886. Il 15 dicembre 1889 lascia il mandato parlamentare per essere nominato Senatore, e, quindi, Presidente della IV sez. del Consiglio di Stato, su proposta del Presidente del Consiglio Francesco Crispi.
Una figura complessa, caparbiamente attaccata ai propri convincimenti che obbedivano ad una dirittura morale, insofferente ad ogni tentativo di sopraffazione in uno spirito liberale, votato al riconoscimento della personalità umana.
Una curiosa caricatura: Silvio Spaventa nelle vesti di "Capitan Spaventa" |
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