di Luigi Murolo
Ma
qualcuno dovrà pur dire, nel contesto del prodotto topico, se il caffè è da
considerare una bevanda secolare utilizzata nella mensa tradizionale dei
vastesi. Il caffè? Sì, proprio il caffè. Ci si è mai chiesto in quale periodo
viene sorbito per la prima volta in città? E, soprattutto, chi è stato il primo manovratore di spezie a diffondere in città
l’aroma
di questa strana bevanda di color nero in un tempo che, per noi contemporanei, rimane ancora oggi sospeso e indefinito? Insomma, possiamo riuscire a saperlo? Che
di questa strana bevanda di color nero in un tempo che, per noi contemporanei, rimane ancora oggi sospeso e indefinito? Insomma, possiamo riuscire a saperlo? Che
dire! In una
Nota degli esercenti i diversi mestieri conservata nell’Archivio Storico Comunale
di Vasto e datata 28 gennaio 1852
l’elenco (risistemato alfabeticamente) dei caffettieri, locandieri, bettolieri,
armieri si trova una nutrita presenza di
caffettieri (10 su 20. Uno in più rispetto a quelli numerati nel documento). In ordine decrescente
incontriamo i bettolieri (6/20), i locandieri (3/20), gli armieri (1/20). In
buona sostanza, almeno sulla carta, le botteghe del caffè risultano essere la
metà di tutti gli esercizi esistenti in città. Rilevante, tra l’altro, la
stessa presenza di gestione femminile delle attività commerciali (7/20).
Caffettieri
- Cesario Castelli
- Maddalena Castelli
- Errico Celano
- Michele Cieri
- Francesco Paolo de Blasiis
- Tito d’Ippolito
- Rosaria Fulvio
- Domenico Giovine
- Errica Lattanzio
- Giuseppe Moscariello
-
Locandieri
- Filippo Marino
- Giovanni Trivelli
- Gaetano Vallone
- Maria Giuseppe Bottari
- Maria Nicola Marchesani
- Maria Giacinta Miscione
- Lorenzo Orlandi
- Saverio Reale
- Maria Scodavolpe
Armieri e ferrai
- Angelantonio Muzii
Che lo si
voglia o meno, a metà Ottocento, risulta molto diffusa la pratica di gustare caffè
in un esercizio pubblico. Parlo di esercizio pubblico perché, in realtà, lo
smercio della bevanda in quello stesso periodo era praticata anche con l’ambulantato. Non so se a Vasto lo fosse
ancora nel 1852. Difficile, in ogni caso ipotizzarlo, se si tiene conto del
fatto che, al 1861, la popolazione era di 11.801 abitanti.
La
produzione in casa di caffè doveva risultare molto limitata – anzi,
limitatissima –. La complessa lavorazione della tostatura scura (o “a manto di
monaco”) invitava comunque all’acquisto dei chicchi presso il caffettiere. La
stessa cuccumella (in rame fino al
1886) doveva essere posta non su fuoco a gas – ovviamente – ma su carboni. Con
un tempo di bollitura profondamente slow.
Stando
così le cose, quale sarebbe potuta essere, allora, la procedura più seguita
tanto in ambiente domestico quanto in ambito pubblico? Sicuramente il metodo di
infusione alla turca in un samovar, dove un sacchetto di tela contenente caffè legato
con un cordoncino veniva immerso in acqua fino a ebollizione. Poi, al momento
della consumazione, veniva filtrato in un colino per evitare il fastidio della
posa in bocca.
Ma chi, chi
ha importato il caffè a Vasto? Lo si può individuare? A tal proposito, le fonti
più autorevoli restano i catasti. Dopo aver compulsato l’Onciario (1742) e il Napoleonico
(1813), quest’ultimo è l’unico in grado di fornirci una traccia sicura. Alla
sez. G, n.54, p. 325 troviamo la seguente indicazione: Salvatore Provicoli caffettiere abitante in via (rione) Genova (una
traversa di via S. Pietro franata nel 1956) in una casa con tre vani superiori
e uno terraneo con cisterna (fondamentale per la preparazione della bevanda).
Lo stato di famiglia del figlio di Salvatore, Giuseppe, segnala come suo padre provenisse da Napoli e aveva
sposato a Vasto Rosa Monteferrante. E essendo Giuseppe nato il 4 marzo 1798, si
può ben capire come Salvatore
potesse essersi trasferito in città
almeno un paio d’anni prima. Va da sé che, con questi elementi,
l’introduzione del caffè a Vasto possa essere fissata quanto meno nell’ultimo
decennio del Settecento. Provicoli
muore il 25 settembre 1817 nel corso dell’epidemia di tifo petecchiale senza
aver potuto conoscere l’invenzione della cuccumella
a Parigi (1819) a opera di Morize che sarebbe stata successivamente rielaborata
a Napoli. Dunque, il caffè che per la prima volta viene prodotto a Vasto è
quello alla turca fatto con il samovar.
Una notizia sicuramente importante per cogliere il rapporto che lega alla città
la bevanda scura.
Il caffe
ha qui un nome: Salvatore Provicoli. Posso solo dire che è stato davvero interessante
averlo potuto scoprire.
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