sabato 27 febbraio 2016

Speciale 60°(6/6): frana di Vasto, LA TRISTE DEMOLIZIONE DELLA CHIESA DI SAN PIETRO

 di Lino Spadaccini

Spesso quando si parla della storica chiesa di S. Pietro erroneamente si afferma che è crollata in seguito alla frana del '56. In realtà la chiesa è stata demolita a causa delle profonde lesioni riportare durante i vari movimenti franosi a partire dal 22 febbraio.
La chiesa poteva essere salvata? In molti, ancora oggi, ne sono assolutamente convinti. Purtroppo, la classe politica dell'epoca, non ha fatto abbastanza per salvare la chiesa. Poteva essere ricostruito il muraglione a sostegno della chiesa, ma sarebbe stato troppo oneroso, allora meglio dare un contentino: demolire l’antico edificio di culto e creare una bella passeggiata panoramica.


Le voci sull'abbattimento della chiesa vennero riprese anche da Il Messaggero,
in data 27 agosto, qualche giorno prima della frana che provocò il crollo del Palazzo delle Poste: "Fra
la cittadinanza… nonostante le assicurazioni dell’on. Romita al tempo del Convegno dei Tecnici, si è diffusa la voce della demolizione del vetusto tempio, che, caso strano, finora non cade, non precipita per le forze oscure della natura; ma può cadere, può precipitare per l’opera dell’uomo che teme che il sacro edificio possa crollare. Eppure si era parlato di isolamento della chiesa! Perché ora si propina al pubblico e ai fedeli la soluzione inattesa dell’abbattimento?".
Nel 1957 don Romeo Rucci, don Michele Ronzitti, insieme ai tre presidenti delle congreghe di San Pietro, Angelo Barone, Nicola Raspa ed Enrico Armeno, accompagnati dall’on. Giuseppe Spataro, si recarono dal Ministro dei Lavori Pubblici, per cercar di salvare la chiesa. L’on. Romita, come già aveva fatto a Vasto, durante i sopralluoghi effettuati l’anno precedente, diede ampie garanzie per il salvataggio dell’antica chiesa. In realtà il destino della chiesa era già segnato.
Dietro l’abside della chiesa era rimasto circa un metro di strada. Nell’ottobre del 1959 si formò una nuova fenditura che dalla volta della chiesa si manifestava anche nel pavimento del presbiterio e della cripta di S. Espedito. Il Genio Civile di Chieti ne ordinò subito l’abbattimento dietro esproprio e indennizzo di 100 milioni di lire.
Dal 2 dicembre 1959 la chiesa venne demolita pezzo per pezzo. "La notizia sparsasi immediatamente fra la popolazione, ci ha fatto vedere un accorrere di gente nella Piazza San Pietro", scriveva Luigi Del Greco su Il Messaggero, "Su tutti i volti traspariva una intensa emozione, e qualcuno non nascondeva le lacrime nello scorgere gli operai intenti a procedere allo smantellamento di un così maestoso e caro edificio. Ci sembrava che si fosse tornati indietro nel tempo, alle giornate di quel febbraio di tra anni orsono in cui, su tutta la città era calata un’ombra di lutto e sembrava che il destino si fosse accanito contro Vasto, ripetendo i dolori di cento cinquanta anni addietro. Anche allora osservammo l’ansioso chiedere notizie, il correre affannoso o la tristezza di chi doveva precipitosamente abbandonare la propria casa minacciata dalla frana".
Con scrupolosa attenzione, si provvide a salvare gli altari, i marmi del pavimento, della balaustra e delle due scalinate per scendere nella cripta, ma anche tutte le statue, i quadri e i tesori. Tutti i beni in parte furono utilizzati per l’altare e il presbiterio della chiesa di Sant’Antonio di Padova, dove si era trasferita la parrocchia, i quadri, tra cui l’Ecce Agnus Dei di Filippo Palizzi e Il cieco di Gerico di F. Paolo Palizzi, furono trasferiti presso Museo Civico, altre statue di Santi furono dislocate tra le chiese di Sant’Antonio, la Madonna delle Grazie e Santa Filomena, e ancora tante altre suppellettili in deposito presso alcune famiglie.
Con la demolizione della chiesa di San Pietro, era stato promesso al parroco Don Romeo Rucci prima e don Stellerino D’Anniballe poi, la costruzione della nuova chiesa. Più volte il vescovo mons. Bosio venne a Vasto per verificare la sede adatta, successivamente individuata a Belvedere Romani, tra il carcere e la caserma dei carabinieri. Gli anni passarono. Per interessamento dell’on. Remo Gaspari, si riuscirono ad ottenere altri 150 milioni di finanziamento, ma dopo la morte del pastore diocesano, avvenuta il 25 maggio 1967, con la venuta del nuovo vescovo, Mons. Loris Capovilla, si decise definitivamente di non ricostruire più la chiesa di S. Pietro, in quanto quella di Sant’Antonio poteva sopperire a tale mancanza.
Della chiesa di San Pietro oggi non rimane che il bel portale e tanti ricordi rinchiusi nei cuori della gente.
Chiudiamo con l'emozionante sonetto scritto dal M° Aniello Polsi dal titolo "La chiesa franate":

O bella chiese de San Pitre, addije,
'na grossa frane te s'à trascinate…
E quande i' repasse pe' 'lla vije
Lu core me se stregne desulate!

De tutte chell'andiche munumende
Soltande lu purtale c'è rimaste;
e mo sta èlle a raccundà' tremende
lu jurne che sciahure fu pe' Vaste!

Recorde quande a sere i' ce 'ndrave,
pe' 'nginucchiarme a di' 'na 'Vemmarije,
e nu restore all'aneme pruvave!

O bella chiese de San Pitre, addije,
mo n' ce sti' chiù: si' fatte gne la nave
che cale a fonne! …che malingunije!

























Nessun commento: