Spesso quando si parla della storica chiesa di S. Pietro
erroneamente si afferma che è crollata in seguito alla frana del '56. In realtà
la chiesa è stata demolita a causa delle profonde lesioni riportare durante i
vari movimenti franosi a partire dal 22 febbraio.
La chiesa poteva essere salvata? In molti, ancora oggi, ne
sono assolutamente convinti. Purtroppo, la classe politica dell'epoca, non ha
fatto abbastanza per salvare la chiesa. Poteva essere ricostruito il muraglione
a sostegno della chiesa, ma sarebbe stato troppo oneroso, allora meglio dare un
contentino: demolire l’antico edificio di culto e creare una bella passeggiata
panoramica.
Le voci sull'abbattimento
della chiesa vennero riprese anche da Il Messaggero,
in data 27 agosto, qualche giorno prima della frana che provocò il crollo del Palazzo delle Poste: "Fra
la cittadinanza… nonostante le assicurazioni dell’on. Romita al tempo del Convegno dei Tecnici, si è diffusa la voce della demolizione del vetusto tempio, che, caso strano, finora non cade, non precipita per le forze oscure della natura; ma può cadere, può precipitare per l’opera dell’uomo che teme che il sacro edificio possa crollare. Eppure si era parlato di isolamento della chiesa! Perché ora si propina al pubblico e ai fedeli la soluzione inattesa dell’abbattimento?".
in data 27 agosto, qualche giorno prima della frana che provocò il crollo del Palazzo delle Poste: "Fra
la cittadinanza… nonostante le assicurazioni dell’on. Romita al tempo del Convegno dei Tecnici, si è diffusa la voce della demolizione del vetusto tempio, che, caso strano, finora non cade, non precipita per le forze oscure della natura; ma può cadere, può precipitare per l’opera dell’uomo che teme che il sacro edificio possa crollare. Eppure si era parlato di isolamento della chiesa! Perché ora si propina al pubblico e ai fedeli la soluzione inattesa dell’abbattimento?".
Nel 1957 don Romeo
Rucci, don Michele Ronzitti, insieme ai tre presidenti delle congreghe di San
Pietro, Angelo Barone, Nicola Raspa ed Enrico Armeno, accompagnati dall’on.
Giuseppe Spataro, si recarono dal Ministro dei Lavori Pubblici, per cercar di
salvare la chiesa. L’on. Romita, come già aveva fatto a Vasto, durante i
sopralluoghi effettuati l’anno precedente, diede ampie garanzie per il
salvataggio dell’antica chiesa. In realtà il destino della chiesa era già
segnato.
Dietro l’abside
della chiesa era rimasto circa un metro di strada. Nell’ottobre del 1959 si
formò una nuova fenditura che dalla volta della chiesa si manifestava anche nel
pavimento del presbiterio e della cripta di S. Espedito. Il Genio Civile di
Chieti ne ordinò subito l’abbattimento dietro esproprio e indennizzo di 100
milioni di lire.
Dal 2 dicembre 1959
la chiesa venne demolita pezzo per pezzo. "La notizia sparsasi
immediatamente fra la popolazione, ci ha fatto vedere un accorrere di gente
nella Piazza San Pietro", scriveva Luigi Del Greco su Il Messaggero,
"Su tutti i volti traspariva una intensa emozione, e qualcuno non
nascondeva le lacrime nello scorgere gli operai intenti a procedere allo
smantellamento di un così maestoso e caro edificio. Ci sembrava che si fosse
tornati indietro nel tempo, alle giornate di quel febbraio di tra anni orsono
in cui, su tutta la città era calata un’ombra di lutto e sembrava che il
destino si fosse accanito contro Vasto, ripetendo i dolori di cento cinquanta
anni addietro. Anche allora osservammo l’ansioso chiedere notizie, il correre
affannoso o la tristezza di chi doveva precipitosamente abbandonare la propria
casa minacciata dalla frana".
Con scrupolosa
attenzione, si provvide a salvare gli altari, i marmi del pavimento, della
balaustra e delle due scalinate per scendere nella cripta, ma anche tutte le
statue, i quadri e i tesori. Tutti i beni in parte furono utilizzati per
l’altare e il presbiterio della chiesa di Sant’Antonio di Padova, dove si era
trasferita la parrocchia, i quadri, tra cui l’Ecce Agnus Dei di Filippo
Palizzi e Il cieco di Gerico di F. Paolo Palizzi, furono trasferiti
presso Museo Civico, altre statue di Santi furono dislocate tra le chiese di
Sant’Antonio, la Madonna delle Grazie e Santa Filomena, e ancora tante altre
suppellettili in deposito presso alcune famiglie.
Con la demolizione
della chiesa di San Pietro, era stato promesso al parroco Don Romeo Rucci prima
e don Stellerino D’Anniballe poi, la costruzione della nuova chiesa. Più volte
il vescovo mons. Bosio venne a Vasto per verificare la sede adatta,
successivamente individuata a Belvedere Romani, tra il carcere e la caserma dei
carabinieri. Gli anni passarono. Per interessamento dell’on. Remo Gaspari, si
riuscirono ad ottenere altri 150 milioni di finanziamento, ma dopo la morte del
pastore diocesano, avvenuta il 25 maggio 1967, con la venuta del nuovo vescovo,
Mons. Loris Capovilla, si decise definitivamente di non ricostruire più la
chiesa di S. Pietro, in quanto quella di Sant’Antonio poteva sopperire a tale
mancanza.
Della chiesa di San
Pietro oggi non rimane che il bel portale e tanti ricordi rinchiusi nei cuori
della gente.
O bella chiese
de San Pitre, addije,
'na grossa frane
te s'à trascinate…
E quande i'
repasse pe' 'lla vije
Lu core me se
stregne desulate!
De tutte chell'andiche
munumende
Soltande lu
purtale c'è rimaste;
e mo sta èlle a
raccundà' tremende
lu jurne che
sciahure fu pe' Vaste!
Recorde quande a
sere i' ce 'ndrave,
pe' 'nginucchiarme
a di' 'na 'Vemmarije,
e nu restore all'aneme
pruvave!
O bella chiese
de San Pitre, addije,
mo n' ce sti' chiù:
si' fatte gne la nave
che cale a
fonne! …che malingunije!
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