di Luigi
Murolo
Correva
il 23 gennaio 1592 quando notar Berto de Bertolinis, nel convento di S.Agostino
di Vasto, rogava in enfiteusi una vigna del beneficio della chiesa di S. Sisto
in Vasto, grancia dell’abbazia di S. Maria d’Arabona (localizzata nel comune di
Manoppello). L’atto, conservato nella sezione di Archivio di Stato di Lanciano
(notar B. de Bertolinis, Protocolli,
ms., vol. I, c. 3 v), è fino a oggi l’unica testimonianza nota di una presenza
cistercense nel territorio di Vasto. Un atto – va detto – che, sconosciuto alle
Storie della città, spiega la funzione del singolare edificio ancora oggi
esistente e di cui si ignorava tutto. Prima Viti e poi Marchesani (da cui lo
storico ottocentesco desume l’informazione) parlano esclusivamente di
«beneficio semplice rurale».
Con tale
sintagma s’intende la chiesa consacrata in proprietà dove si dice messa e in
cui non si esercita la «cura d’anime» (vale a dire, battesimi, matrimoni ecc.).
E’ ciò che, in altri termini, si definisce «sinecura». Nello stesso è tempo è
«grancia», cioè una struttura originariamente adibita alla conservazione di
grani e sementi. I due livelli (terra e primo sono originari. L’ultimo è
posticcio) corrispondono storicamente alle due funzioni (stando a quanto è precisato
nel documento notarile). Salvo poi esser attestata esclusivamente come
«beneficio» (secondo quanto afferma lo storico seicentesco Nicola Alfonso
Viti).
Nella
geografia delle abbazie cistercensi d’Abruzzo (Santa Maria di Casanova, Santa
Maria Arabona, Santo Spirito di Ocre, Santi Vito e Salvo, Santa Maria della
Vittoria), San Sisto costituisce l’estremo punto meridionale delle proprietà
araboniane nell’Abruzzo Chietino. Da questo punto di vista, pone un problema di
estremo interesse nell’analisi della distribuzione fondiaria di quest’ordine
soprattutto in rapporto alla grande abbazia cistercense di S. Vito (coincidente
con l’attuale centro urbano di S. Salvo).
Allo
stato attuale non si conoscono documenti in grado di spiegare tale relazione.
Ciò che interessa, al presente, è soffermarsi sulla struttura vastese.
Il Catasto onciario (1742) ne esclude ogni
riferimento. Il che implica già a quella data la cessazione di ogni attività
funzionale con la conseguente vendita della proprietà. Gli abati commendatari
di S. Maria Arabona dismettono, dopo il 1799, perfino la stessa abbazia,
cedendola alla famiglia Zambra di Chieti (che nel 1968 la dona all’odierna
Arcidiocesi di Chieti-Vasto). Si può ben capire quanto il singolare organismo
architettonico fosse stato assimilato, già nel corso del Seicento, a una
qualsiasi casa colonica, in questo senso, di difficile accertamento nei primi
registri catastali. Non sappiamo nemmeno se confinasse con la proprietà
d’Avalos di Ginese (o Torre Mozza) cui risponde verso est. La presenza del
vallone anticamente detto «Fonte dell’Oppio» (il lòppio (opulus) è l’acero campestre posto a sostegno delle viti) rende
ancora più complessa l’identificazione. Una cosa però è certa. Tale
localizzazione pone la tardomedievale grancia di S. Sisto fuori dal districtus di Vasto che era l’originario
territorio comunale della città.
Ora, di
là dai quasi esclusivi problemi che connotano siffatto organismo, si tratta
comunque di porre all’attenzione la sua tutela. Salvare San Sisto (SSS)
significa salvare l’unica traccia cistercense storicamente attestata in città.
La compresenza in un unico complesso verticale di chiesa e magazzino
costituisce un ottimo argomento di indagine su cui discutere. Ma la vera
questione è un’altra. È capire come mai la disastrosa urbanizzazione in cui il
manufatto è inscritto non abbia alterato il fascino del suo unicum ambientale.
Visitare per credere. Ecco perché si tratta innanzitutto di bloccare l’urbanizzazione
in quell’area.
Purtroppo
non ho potuto visitare l’interno. Ma lo stato esterno dell’organismo, per
quanto degradato, consente di guardare con realismo a un
suo possibile restauro. Di certo non si trova nelle condizioni di estremo
abbandono in cui versa, ad esempio, villa Frutteto. Né in quelle che hanno
recentemente interessato Santa Lucia. Cerchiamo di evitare che il peggio
accada.
Io ho
posto semplicemente un problema. Chi è disponibile, con me, ad affrontarlo?
1 commento:
Salve, sono residente qui a Vasto da Giugno 2018 e sono venuto a vivere fisso qui soltanto dal 16 Marzo scorso. Passo spesso correndo assieme a mio padre accanto a questo sito ed anch'io vorrei veder questo sito restaurato e ridonato alla Comunità vastese, magari prevedendo la costruzione di un annessa stazione di Bike Sharing, Bicigrill o una Ciclofficina ma di queste cose dovrebbe interessarsene il Comune, ma non vedo molto interesse da parte loro, per cui uniamoci in un'associazione, troviamo dei fondi regionali o europei e salviamo questo luogo. Sono disponibile a parlarne, mi contatti via mail e poi ci sentiamo per telefono.
Dott. Alessio Brancaccio CSEN Abruzzo
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