1956: il crollo del Muro della Lame a ridosso della chiesa di San Pietro |
di Luigi Murolo
22 febbraio 1956: sessant’anni or sono. Avevo cinque anni e mezzo ed
ero febbricitante quando mia madre, trafelata, giungeva a casa di nonna Lucia
dove mi trovavo a giocare dicendo: «c’è la frana al Muro delle Lame». Ecco che
i miei, affacciandosi al balconcino su piazza S. Antonio, vedevano il movimento
che stava affondando la parte sud della balconata. Non capivo nulla di che cosa
stesse accadendo. Ma la preoccupazione dei miei e il forte vociare proveniente
dal basso mi avevano reso piagnucoloso, molto piagnucoloso …
22 febbraio 2016: sessant’anni dopo. La domanda che mi pongo resta
sempre la stessa: di là dai pesanti
smottamenti del 16 settembre 1955 che
avevano imposto la cautelativa installazione di sensori per il monitoraggio
della frana (di straordinaria rilevanza per evitare vittime. Da questo punto di
vista, l’evacuazione dei residenti
effettuata in precedenza si era rivelata fondamentale), abbiamo mai
sufficientemente riflettuto sulla «materia» che non ha retto ai due rovinosi
dissesti del 1956 – oltre a quello del 22 febbraio, l’altro del 29 agosto –?
Ecco il punto. Si è detto: non ha retto il Muro delle Lame. È vero. Ma
qual è stato il muro di contenimento caduto. Un muro vecchio o nuovo? Rebus sic stantibus si è trattato forse di quello completato il 13
settembre 1946, appena un decennio prima? Di un muro che non aveva nulla di
antico, ma che aveva sostituito un altro già sostitutivo di un precedente e
così via, ad libitum? (i fatti sono
noti). Già. Le due frane del 1956 erano le ultime di una sequenza distruttiva avvenuta nello stesso sito nel
torno di pochi anni. In effetti, il movimento dell’ottobre 1942 (in piena
Seconda guerra mondiale) registrava il cedimento della parte meridionale del
Muro delle Lame e di Palazzo Bernardini, interessando, tra l’altro, tanto la
ferrovia quanto la Statale 86 “Istonia”, con il risultato di interrompere
entrambe. La gravità del danno induceva,
nel successivo gennaio, l’allora Commissario Prefettizio a richiedere un
finanziamento ministeriale ad hoc di
tre milioni di lire.
Ma l’approvazione sarebbe stata prodotta (non finanziata) il 29 settembre 1943, in una
situazione drammatica dopo la fuga di Vittorio Emanuele III da Ortona, non dal
governo fascista ma dal primo governo Badoglio di stanza a Brindisi e non a
Roma. Del resto, sarebbe risultato impossibile il finanziamento dell’opera
stante l’occupazione tedesca di Vasto.
La data è sintomatica se si pensa che, in quello stesso giorno, a bordo della corazzata
inglese Nelson alla fonda di Malta,
Badoglio firmava il cosiddetto “armistizio lungo” con gli alleati. E poi, a dirla
tutta: quel benedetto Muro delle Lame di cui stiamo parlando non è forse lo
stesso che, all’altezza della chiesa di
S. Pietro, il 16 ottobre 1943 accoglie gli effetti della bomba alleata che
colpisce la Cappella del Monte dei Morti e la navata sinistra dell’edificio
religioso?
Frana e bombardamento si integravano in un mix “originale” che aveva
disarticolato l’intero costone orientale della città.
Non conosco figurazioni di quel paesaggio. Ma i guasti della bomba –
credo – siano stati così forti nell’ immaginario collettivo al punto da far
passare in secondo piano quelli provocati dal movimento franoso. In ogni caso,
tali da produrre una sorta di omologazione nelle conseguenze prodotte dai due
eventi. Certo, il 13 settembre 1946 segna la conclusione dei lavori condotti
lungo il muraglione di via Adriatica. Ed è questo probabilmente il motivo che
fa dimenticare l’altro scoscendimento del 30 maggio 1945 che investe Piazza del
Popolo.
La rimozione di questi accadimenti è davvero singolare nella comunità vastese
del 1956. Si ripropongono all’attenzione del pubblico le testimonianze
ottocentesche sulle frane di Vasto contenute nel Diario di Florindo Muzii consultabile nell’Archivio Storico
Comunale di Vasto (un modo, forse, per ribadire una storica rassegnazione nei
confronti del problema). Resta, comunque, inspiegabile il motivo per cui cade
il silenzio sulla vicenda di un decennio prima. Quasi non bastasse, si
“dimentica” perfino la frana che il 31
marzo 1942 aveva riguardato il piazzale S. Michele.
Il dibattito parlamentare sull’argomento (riportato da Spadaccini in un
intervento sul blog “Noi Vastesi” del 26 febbraio 2010)
lascia emergere in modo inequivocabile le responsabilità del “Genio Civile”
nella sistemazione del 1946. L’ostinazione nel costruire muraglioni di
contenimento senza affrontare il problema alle radici.
Crolla un muro nel 1956 con un governo che difende l’operato di un
progetto varato nel 1943 durante il primo governo Badoglio e di cui non è
responsabile. In altre parole, nel 1956 Spataro (insieme con Romita) difende
qualcosa di cui non è responsabile per il fatto che assume il sottosegretariato
alla Presidenza del Consiglio durante il
I governo Bonomi! E per quanto si voglia, non sembra essere questo il motivo
per cui l’episodio sia stato rimosso. Anzi, sarebbe dovuto risultare il
contrario per dimostrare il non coinvolgimento della DC in quello specifico
problema.
Dunque, di che cosa stiamo parlando? Di un problema che, malgrado i
decenni trascorsi, non ha ancora trovato spiegazione.
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