Fino al 1872 esistevano:
Largo S. Anna (chiamato poi Piazza Lupacchino); 1°, 2°, 3° vico S.Anna (denominati poi via De Sanctis, via Pachia e via Aurelia).
VISITA AL LARGO S. ANNA
di Luigi Murolo
Se dovessi accompagnare un gruppo di visitatori vastesi in questo luogo
mi sentirebbero dire: «ecco, questo è
Largo S. Anna! E a sinistra della casa
qui rappresentata, troviamo un vicolo la cui intitolazione è Vico S. Anna».
Nulla di più. «Ma come – sottolineerebbe qualcuno –, non ci troviamo forse in
Largo Lupacchino con il vicolo che, movendo da qui, si chiama oggi Vico de
Sanctis?». «Giusto, aggiungerei! Solo che i miei concittadini interessati
dovrebbero sapere che questa località era chiamata S. Anna».
«Sant’Anna? Ma sei
sicuro di ciò che stai dicendo?
Non si trova forse in un’altra parte della città?»
«Certo che sono sicuro. Se leggi il verbale di delibera di consiglio comunale
sulla toponomastica pubblicato sull’albo pretorio in data 2 novembre 1872 il
cui titolo recita Modificazione alle
leggende nelle etichette stradali ti accorgerai che i punti 15, 16, 17, 18
dello stradario registrano questo cambiamento».
Ecco il tema da sviluppare.
La deliberazione in questione viene
approvata nella seduta consiliare del 16 ottobre 1872 sotto la sindacatura di
Silvio Ciccarone sr. Con il contributo dei seguenti consiglieri: Francesco Saverio Cianci, Giacinto Casilli,
Domenico de Luca, Filippo della Guardia, Alessandro Giacomucci, Ermindo
Barbarotta, Cesare Ruggieri, Antonio Mucci, Domenico Giovine, Pompeo Ciccarone,
Francesco Saverio Marchesani, Giacinto Barbarotta, Giuseppe Nicola Pietrocola,
Giuseppe della Guardia. Relatore della commissione risulta essere Giuseppe
Nicola Pietrocola. Dall’elenco delle centotrenta vie menzionate estraggo i
quattro punti precedentemente riferiti.
Ma perché la denominazione S. Anna, nell’attuale Largo Lupacchino?
Una
riflessione va condotta sull’inventario dei beni di S. Maria Maggiore redatto
da Francesco Carideo nel 1740 e da me pubblicato nel 2001. Si legge, infatti,
che la cappella di S. Anna posta sullo pseudoportico orientale viene realizzata
dalla “quondam Teodora Fantini”.
La donna in questione è della famiglia di
notar Alessandro Fantini che, proveniente da Atessa, opera a Vasto nella prima
metà del Seicento. Stando così le cose si può capire come, prima di tale data,
la cappella non esistesse in S. Maria.
Ma per essere accettata, doveva essere necessariamente situata in altro luogo.
Da questo specifico
punto di vista, ciò che sarebbe accaduto nella prima parte del Seicento si
sarebbe dovuto configurare come traslazione iuspatronale della precedente
cappella. Non esistono tracce di questa vicenda nelle storie pubblicate.
Marchesani, addirittura, tace completamente sull’inventario di Carideo, al contrario, ben conservato
nella chiesa di S. Maria (a tal
proposito, lo storico registra la sola esistenza della cappella di S. Anna
nella chiesa senza aggiungere altro).
Ora, noi sappiamo che casa Fantini passa ai Mattioli (nessuna relazione con la
famiglia del Presidente della Comit). Il Catasto onciario del 1742 già dimostra
l’avvenuta acquisizione dell’abitazione (la stessa che troviamo segnalata al n.
16 della mappa topografica pubblicata in appendice alla Storia di Marchesani
(1838-1841). Non sappiamo però se la proprietà risulta pervenuta a
titolo oneroso o ereditario. In ogni caso, la piazzetta antistante porta ancora
oggi l’indicazione toponomastica
“Mattioli”). I pochi dati messi a confronto lasciano emergere un fatto:
la cappella di S. Anna nell’attuale
largo Lupacchino doveva essere la cappella iuspatronale di notar
Fantini.
Ancora una considerazione. Stando alla famosa pianta a volo d’uccello
del 1793, la chiesa di S. Maria risulta libera da ogni relazione con le
abitazioni limitrofe. Solo nel 1865, con lo sfondamento della cappella delle
Anime del Purgatorio, viene recuperata alla chiesa una parte della strada, a
sua volta, incorporata all’ edificio
religioso. La mappa di Marchesani, al contrario, offre un’indicazione
radicalmente diversa (preciso che gli autori sono Giacomo Tommasi e Filippo
Molino).
In primo luogo, lascia emergere l’incuneamento di una cuspide di
muratura verso la chiesa (realizzata quando?). In secondo luogo, esclude
incredibilmente vico Pachia (fino al 1872, vico 2° S. Anna). Da Piazza Mattioli
a vico Aurelia (fino al 1872, vico 3° Anna) risulta indicato un unico blocco
edilizio. Di sicuro ci troviamo di fronte a un vistosissimo errore. Malgrado
ciò, risulta interessante per un motivo. Lascia intendere che tutta l’area
compresa tra Piazza Mattioli (nord), Vico de Sanctis (fino al 1872, vico 1° S.
Anna), Largo Lupacchino (fino al 1872, Largo S. Anna) est, Vico Aurelia (vico
3° S. Anna) sud, sia
interamente caratterizzata dal nome della madre di Maria.
Che cosa significa tutto questo? Che l’antica cappella aveva dovuto
rappresentare un centro di profonda organizzazione identitaria all’interno di
Contrada Castello (o di S. Maria). Che proprio per tale ragione, la
conservazione del nome risulta vissuta fino al 1872.
Piazza Lupacchino (ora largo B. Cellini) |
In quale luogo sarebbe dovuta essere localizzata? Non vi sono dubbi: in
Largo S. Anna. E in quale sito? Certamente all’angolo di Vico 3° S. Anna che la
limita sul versante meridionale. Non solo. Ma la visita all’abitazione qui
segnalata riserva una grande sorpresa. La cantina, infatti, altro non
costituisce che l’ingresso originario, oggi rialzato rispetto all’antico piano
stradale. È interessante notare la porta
chiusa, tamponata da un successivo apparecchio murario. Purtroppo non sono mai
riuscito a fotografare il piccolo ambiente.
L’amico Piero ha sempre nicchiato. Mi
rivolgo alla sorella Carmela perché “interceda”. In ogni caso sarebbe bello che
gli abitatori dell’antico Largo Amblingh – oggi Largo Piave – (parlo di Maria,
Gino, Nicola) facessero “qualcosa” per sbloccare la situazione.
Questo è un modo “diverso” per conoscere la storia topografica della
città. Speriamo di poter ottenere qualche buon risultato. Devo dire che sento
la nostalgia di un personaggio sui
generis che ci ha recentemente lasciato: Francesco Paolo Molino. Da tutti
conosciuto come “Paoluccio lo Scatenato”, ha svolto uno straordinario ruolo di
tutela della sua contrada. A Lui va il mio reverente saluto.
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