venerdì 4 dicembre 2015

Il corpo di S. Teodoro giunse a Vasto il 4 dicembre 1751: subito acclamato Patrono della Città

La Città dei Vasto ha avuto come santo protettore il martire Teodoro di Amasea , acclamato con particolare devozione dalla popolazione.
Esiste ancora, ma è in disuso, la cappella votiva all'ingresso di via San Francesco d'Assisi (traversa di corso del Plebiscito, fondata da Carlo de Nardis seniore, fratello, insieme all'altro germano Giuseppe, che fu restauratore della chiesa di S.Antonio (ove è sepolta la famiglia).
 Le spoglie di San Teodoro, provenienti da Roma, vennero accolte a Vasto il 4 dicembre 1751, e all'ingresso del corteo a Porta Nuova il parlamento vastese, presentando le chiavi della Città, lo acclamò protettore della Città. L'episodio
è narrato nel libro della Confraternita della SS.Annunziata di Vasto,autenticato dal notaio Giovan Battista Sorge. La cappella di San Teodoro ha un altare dove era custodito il corpo del Martire e vi si celebravano le feste (il 22 aprile) unitamente alla Vergine Addolorata. Nel secolo scorso il corpo di San Teodoro venne trasportato nella chiesa della Madonna del Carmine, nel 1970, ove è nell'urna posta nell'altare del transetto sulla destra. San Teodoro ("Dono do Dio”) vescovo del VII secolo, secondo quanto si narra nel martirologio, ancora giovane, si ritirò in preghiera in una grotta sotto la cappella di San Giorgio. La sua presenza destò la curiosità della gente, giacchè nella buia grotta accadevano abbaglianti episodi miracolosi. Teodoro venne adottato dal Vescovo di Anastasiopoli e, non ancora in età canonica, lo ordinò sacerdote, pur continuando a trascorrere una vita da penitente. Andò in pellegrinaggio in Terra Santa, visitando monasteri, cenobi, celle di anacoreti nel deserto. Dopo aver indossato l'abito religioso, unendosi ad alcuni seguaci, animò una comunità di penitenti, sotto la protezione di San Giorgio. Il popolo, all'unanimità lo elesse vescovo di Anastasiopoli e, accettando tale carica con obbedienza, chiese di esserne esonerato. Fu Vescovo per dieci anni e per intervento dell’Imperatore e del Patriarca di Costantinopoli venne restituito alla sua cella di monaco. La folla dei devoti lo seguiva invocando le sue preghiere e il suo intervento nelle difficoltà. Si spogliò della dignità episcopale, circondato da una vivissima atmosfera miracolistica, ne visse gli effetti, moltiplicandoli per il bene del prossimo e per la salvezza dei peccatori. Morì nel 613 onorando il suo nome “dono di Dio” per il popolo e per la Chiesa.
 GIUSEPPE CATANIA

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