Nella maggior parte dei Paesi europei, Italia inclusa, si sta verificando da tempo un fenomeno inquietante e suscettibile di sviluppi imprevedibili. Giovani di estrazione medio borghese e spesso con buoni studi alle spalle, dopo un percorso di duro confronto con le Istituzioni del proprio Paese e di condanna senza appello degli usi, costumi, credi religiosi e quant’altro ha costituito il nucleo portante della cultura in cui sono cresciuti, decidono di trasferirsi in qualche Paese mediorientale, preferibilmente nelle file di associazioni fondamentaliste, che promettono una palingenesi della società mondiale con una lotta senza quartiere all’Occidente e ai suoi alleati, visti come il regno della corruzione e del peggiore degrado morale.
I giovani che decidono una svolta esistenziale così radicale e talora improvvisa, spesso non sono colti da un raptus catartico, tanto meno sono dei superficiali innamorati dell’avventura, ma si considerano gli esponenti di una corrente di pensiero che, con “ferocia” critica, sottopone a revisione l’intero assetto culturale, economico, religioso, in una parola antropologico, dell’Occidente. L’espansionismo coloniale con i dolorosi corollari dello schiavismo e dello sfruttamento economico, gli equivoci rapporti di alcuni governi occidentali con taluni Stati mediorientali e soprattutto africani, l’eterna questione ebraica, l’ultima guerra irachena con l’assurdo proposito di imporre, in un Paese islamico, il modello di democrazia dell’Occidente, eccetera; l’elenco è lungo, tutto viene rivisitato criticamente e contribuisce a far salire in quei giovani anche il livello di rabbia e risentimento per l’alta dose di ottusità che ha contraddistinto tante “imprese” occidentali. Questa lettura della storia occidentale degli ultimi secoli è già vasta e diffusa e si percepisce con chiarezza, soprattutto nelle sue dimensioni, anche solo “navigando”, come usa dire, in internet o leggendo i commenti dei lettori dei grandi quotidiani qui in Italia e in Europa e, dagli anni settanta del secolo scorso, anche negli Stati Uniti.
Ma se tutto questo è vero e l’Occidente fa fatica a nascondere la propria coscienza sporca, non viene colta dagli ipercritici dell’Occidente, e da chi si fa tentare dall’attuale azione di reclutamento e “proselitismo armato”, la profonda differenza della situazione attuale rispetto al precedente movimento di Al Quaeda, una centrale caratterizzata dal terrorismo e dalla ricerca della purezza coranica, che quindi poteva apparire come uno strumento di vendetta nei confronti dell’Occidente ed un ritorno alla purezza e semplicità di vita disegnata dal Corano, almeno nella loro lettura strumentale.
Oggi il movimento inventato da Bin Laden non esiste più, è stato sostituito dal Califfato che dispone di un agguerrito esercito ed ampi mezzi finanziari garantiti dagli Emirati che così si garantiscono la tranquillità interna, una volta affidata al protettorato americano.
I teorici del Califfato hanno scatenato una “guerra santa”, rivolta innanzitutto alla conquista dell’Iraq e della Siria, dove impongono la “conversione” con la violenza e consumano un feroce massacro di cristiani e Sciiti. L’espansione del Califfato, nei loro disegni , dovrebbe interessare, poi, tutti i Paesi mediterranei. Il seguito è facilmente immaginabile.
La loro è sostanzialmente una guerra culturale, condotta con metodi terroristici, ora interna e poi esterna, contro le “deviazioni” occidentali dei Paesi mediorientali e, naturalmente, contro l’Occidente in generale. La loro scelta identitaria viene enfatizzata con la proposta di un impianto socioeconomico e politico del Califfato volutamente religioso, con l’oscena spettacolarizzazione delle esecuzioni, e scevro da qualsiasi elemento di laicità.
Se questa è l’ IS, la sigla del Califfato, hanno poco senso le proposte di dialogo, le dotte e stucchevoli analisi sulle responsabilità dell’Occidente e la ricerca di vendette, pur rilanciate, ma timidamente, dopo l’ 11 settembre del 2001, e acquista un significato sinistro qualsiasi discorso giustificazionista, mentre, al limite, appaiono più “giustificate” (si fa per dire), dal punto di vista culturale, le partenze dei giovani convertiti, desiderosi di combattere la “Guerra Santa” per la palingenesi del Mondo.
NICOLANGELO D’ADAMO
I giovani che decidono una svolta esistenziale così radicale e talora improvvisa, spesso non sono colti da un raptus catartico, tanto meno sono dei superficiali innamorati dell’avventura, ma si considerano gli esponenti di una corrente di pensiero che, con “ferocia” critica, sottopone a revisione l’intero assetto culturale, economico, religioso, in una parola antropologico, dell’Occidente. L’espansionismo coloniale con i dolorosi corollari dello schiavismo e dello sfruttamento economico, gli equivoci rapporti di alcuni governi occidentali con taluni Stati mediorientali e soprattutto africani, l’eterna questione ebraica, l’ultima guerra irachena con l’assurdo proposito di imporre, in un Paese islamico, il modello di democrazia dell’Occidente, eccetera; l’elenco è lungo, tutto viene rivisitato criticamente e contribuisce a far salire in quei giovani anche il livello di rabbia e risentimento per l’alta dose di ottusità che ha contraddistinto tante “imprese” occidentali. Questa lettura della storia occidentale degli ultimi secoli è già vasta e diffusa e si percepisce con chiarezza, soprattutto nelle sue dimensioni, anche solo “navigando”, come usa dire, in internet o leggendo i commenti dei lettori dei grandi quotidiani qui in Italia e in Europa e, dagli anni settanta del secolo scorso, anche negli Stati Uniti.
Ma se tutto questo è vero e l’Occidente fa fatica a nascondere la propria coscienza sporca, non viene colta dagli ipercritici dell’Occidente, e da chi si fa tentare dall’attuale azione di reclutamento e “proselitismo armato”, la profonda differenza della situazione attuale rispetto al precedente movimento di Al Quaeda, una centrale caratterizzata dal terrorismo e dalla ricerca della purezza coranica, che quindi poteva apparire come uno strumento di vendetta nei confronti dell’Occidente ed un ritorno alla purezza e semplicità di vita disegnata dal Corano, almeno nella loro lettura strumentale.
Oggi il movimento inventato da Bin Laden non esiste più, è stato sostituito dal Califfato che dispone di un agguerrito esercito ed ampi mezzi finanziari garantiti dagli Emirati che così si garantiscono la tranquillità interna, una volta affidata al protettorato americano.
I teorici del Califfato hanno scatenato una “guerra santa”, rivolta innanzitutto alla conquista dell’Iraq e della Siria, dove impongono la “conversione” con la violenza e consumano un feroce massacro di cristiani e Sciiti. L’espansione del Califfato, nei loro disegni , dovrebbe interessare, poi, tutti i Paesi mediterranei. Il seguito è facilmente immaginabile.
La loro è sostanzialmente una guerra culturale, condotta con metodi terroristici, ora interna e poi esterna, contro le “deviazioni” occidentali dei Paesi mediorientali e, naturalmente, contro l’Occidente in generale. La loro scelta identitaria viene enfatizzata con la proposta di un impianto socioeconomico e politico del Califfato volutamente religioso, con l’oscena spettacolarizzazione delle esecuzioni, e scevro da qualsiasi elemento di laicità.
Se questa è l’ IS, la sigla del Califfato, hanno poco senso le proposte di dialogo, le dotte e stucchevoli analisi sulle responsabilità dell’Occidente e la ricerca di vendette, pur rilanciate, ma timidamente, dopo l’ 11 settembre del 2001, e acquista un significato sinistro qualsiasi discorso giustificazionista, mentre, al limite, appaiono più “giustificate” (si fa per dire), dal punto di vista culturale, le partenze dei giovani convertiti, desiderosi di combattere la “Guerra Santa” per la palingenesi del Mondo.
NICOLANGELO D’ADAMO
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