L’antica chiesa vastese venne edificata nel 1536, come riportato sull’iscrizione posta sull’arcale della chiesa, ora non più presente, riferita dallo storico vastese Luigi Marchesani: Ano Dni M.° D.° XXXVI - Fo facta questa veneraye cappeya Scta Maria de la Gra dele elemosine: che ce a facto li boni Cristiani nel tēpo dela procuratione de Millio de Sctis et Mascio Capono.
La cappella venne intitolata a S. Maria delle Grazie, probabilmente per il voto espresso dai fedeli vastesi, che erano rimasti illesi dalla peste del 1529. Alla chiesa vennero aggiunti una piccola abitazione, posta su due piani, ed un orticello per l’Eremita.
Incendiata dai Turchi nel 1566, la chiesa venne prontamente restaurata, due anni più tardi, grazie all’intervento finanziario di Ferrante di Vito.
Con rogito del 29 gennaio 1636 del notaio Nicola Fantini, l’Università del Vasto, che aveva l’incarico di provvedere a farvi celebrare la Messa quotidiana, affidò la cappellania della chiesa a Iacopo Di Bernardo.
All’interno della chiesa, come riferisce lo storico
vastese Nicola Alfonso Viti, si custodivano i quadri della Visitazione, di S.
Rocco e di S. Sebastiano, opere del pittore vastese Giovan Lorenzo Caravagio.
Il massiccio portale in noce, opera dell’artigiano
vastese Domenico Memmo, venne inaugurato da Don Romeo Rucci, in occasione della
festa del 1955, alla presenza dei fedeli e dei coniugi Michele e Addolorata Del
Borrello, cittadini vastesi emigrati negli Stati Uniti, i quali donarono
l’opera.
Nel 1924 si registrò un atto sacrilego compiuto ai
danni della Madonna delle Grazie. La notte del 24 giungo, poco dopo la
mezzanotte, ignoti ladri si introdussero all’interno della chiesa per rubare
gli ori e gli ex voto donati alla Madonna. In realtà l’improvviso abbaiare del
cane della famiglia di Paolo Ciotti (per tanti anni custode della chiesa), che
abitava nella casa attigua alla chiesa, aveva allertato la famiglia.
Sospettando che qualche ladruncolo si fosse introdotto all’interno, Paolo
Ciotti si affacciò da un finestrino che guardava all’interno della cappella, ma
non vedendo nulla di anomalo tornò a letto.
Amara fu la scoperta fatta il mattino seguente. Ignoti
ladri, per mezzo di una scala a pioli, lasciata incustodita vicino la chiesa, erano
saliti sino al finestrone dell’abside e da lì, rimossa la rete di ferro e
tagliato con un diamante il vetro, si erano calati all’interno della chiesa,
spogliando degli ori e gioielli la sacra immagine della Madonna. Addirittura per
rubare un anello, non esitarono a spezzare un dito dell’antica statua. Pochi
giorni dopo vennero tratti in arresto, come presunti autori del furto, quattro
venditori ambulanti pugliesi.
Lino Spadaccini
Nessun commento:
Posta un commento