domenica 12 giugno 2022

QUANDO VASTO FU COLPITA DALLA “PICCOLA GLACIAZIONE”

PILLOLE DI STORIA
 di NICOLANGELO D'ADAMO

Dal 1550 al 1850 l’Europa fu colpita dalla cosiddetta “Piccola Glaciazione”, ovvero un consistente abbassamento della temperatura dell’ordine di circa 2°C. La conseguenza fu che si ebbero inverni lunghi e rigidi e stagioni estive brevi e piovose. Al punto che d’inverno ghiacciavano anche i fiumi e i laghi dell’Europa centrale ed i ghiacciai sulle Alpi avanzarono paurosamente. Addirittura il Calderone, sul Gran Sasso, raggiunse la sua massima espansione da 4000 anni.
Le conseguenze sull’agricoltura furono devastanti: si susseguirono rovinose carestie e pandemie a causa della debilitazione fisica dovuta alla insufficiente  alimentazione.
Tutto cominciò con le eccezionali e persistenti  nevicate del 1549. Quelle nevicate causarono danni irreparabili in montagna e fino alla media collina con la distruzione non solo degli oliveti, ma anche di meli e fichi. Sulla costa Vastese furono distrutti  immensi agrumeti e scomparvero i cedri che venivano allora coltivati nell’area di Vignola, si salvarono, almeno in parte, gli oliveti.
Anche la raccolta dei cereali
subì notevoli danneggiamenti, al punto che le popolazioni interne dovettero far ricorso all’acquisto del grano in Puglia, convertendosi progressivamente all’uso della “spelta”(frumento “povero”, originario dell’Asia Minore) visto il prezzo proibitivo raggiunto dal grano (costava il doppio della spelta).
Le carestie si susseguirono senza soste e così le pandemie che,  in aggiunta al biennio di pestilenza che si ebbe dal 1656 al 1657, ridussero la popolazione dell’ordine del 12% nell’Abruzzo Ulteriore e del 16% nell’Abruzzo Citeriore. Ed infatti molte terre rimasero incolte a causa della mancanza di manodopera.
Notevole fu pertanto  la crisi delle esportazioni verso Venezia ed il porto di Vasto, a S. Nicola, andò del tutto e irrimediabilmente in rovina.
Il benedettino padre Colucci che visitò i feudi di San Giovanni in Venere, tra cui Vasto,  nel 1684 definì il nostro paesaggio: “inculto e deserto”.
NICOLANGELO D’ADAMO

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